Di libri che parlano di musica e canzoni ce ne sono di tanti tipi. Ci sono quelli mossi da passione per questo o quel cantante, quelli troppo o poco rigorosi e quelli accademici. La canzone come forma artistica è talmente trasversale e radicata nella società che si presta a una letteratura critica di amplissimo raggio.

La musica è un lampo di Stefano Senardi, uscita da meno di un anno per Fandango libri, è un’opera unica nel suo genere. Nel senso che a scriverla poteva essere solo il suo autore, discografico di lungo corso e raffinata storia. Si immerge nel mondo frenetico e affascinante dell’industria musicale, narrando storie di artisti, successi e fallimenti. Senardi, con la sua esperienza pluridecennale nel settore, riesce a trasmettere non solo la magia della musica, ma anche le sue sfide e le sue contraddizioni.

Il libro si presenta come un viaggio attraverso la carriera dell’autore, dal suo esordio come consulente in un negozio di dischi fino a diventare uno dei più influenti discografici italiani. Con uno stile narrativo fluido e coinvolgente, Senardi ci guida tra aneddoti personali e riflessioni profonde, creando un ponte tra la sua vita e quella dei grandi artisti che ha avuto il privilegio di gestire.

Ma il libro è anche di più. Si provino a leggere le pagine su Battiato o su Capossela: ci si renderà conto che la cosa in assoluto più importante è il rapporto personale che legava Stefano agli artisti.

Insomma: La musica è un lampo si distingue per il suo approccio umano, mettendo in luce le relazioni che si instaurano tra i vari protagonisti del settore. Senardi non si limita a raccontare gli eventi, ma esplora le emozioni e i legami che si creano, rendendo il lettore partecipe delle gioie e dei dolori di chi vive per la musica. In particolare, funziona la sua capacità di raccontare le fragilità e le aspirazioni degli artisti. Ma non perde mai il contatto con la realtà. Una delle tematiche centrali del libro è l’idea che la musica, pur essendo un’arte sublime, è anche un prodotto commerciale: e al mondo mercantile – quando è grandissima canzone – detta le regole e i tempi. Senardi esplora molto bene, senza mai volerlo fare in modo dichiarato, la tensione tra creatività e mercato.

La sua scrittura vuole essere sincera e caratterizzata da una profonda empatia verso gli artisti. I racconti sono dettagliati e catturano l’essenza delle esperienze vissute. Le descrizioni vogliono esaltare i momenti irripetibili, le registrazioni, i concerti, le interazioni con i media. Risultano perciò particolarmente evocativo, e permette al lettore di immergersi completamente nell’atmosfera di quegli eventi.

Viviamo sempre più in un mondo veloce e meccanico. I grandi eventi rischiano di fagocitare l’humus creativo che viene dal rapporto tra la discografia fatta di persone e manager in carne, ossa e cervello e gli artisti che il mondo lo trasfigurano con il codice del loro linguaggio fatto di musica e parole. Sotto questo punto di vista, il libro di Stefano è una testimonianza autentica di quale dovrebbe essere la strada da seguire da qui ai prossimi anni.

Community - Condividi gli articoli ed ottieni crediti
Articolo Precedente

“Mamma si doveva operare, le hanno diagnosticato il cancro per la terza volta. Volevo smettere con la musica”: Ghali in lacrime racconta “Niente Panico”

next
Articolo Successivo

Meglio gli Oasis o i Coldplay? E il fan va in crisi. Concerti tanti e (forse) troppi: l’aumento del costo dei biglietti e dell’offerta mette lo spettatore all’angolo

next