“La salute mentale è un diritto e deve essere garantito in un sistema sanitario pubblico. L’ospedale Laura Bonaparte a Buenos Aires è un centro di eccellenza ed è il punto di riferimento nazionale per la cura della salute mentale e per il trattamento delle dipendenze. Assistiamo i più deboli della società, chi vive in strada, chi non ha un’assicurazione sanitaria o non può permettersi di sostenere in modo autonomo un percorso di terapia”, spiega Ilfattoquotidiano.it Silvia Giaccaglia, pediatra del Bonaparte che nell’ultima settimana è stato al centro di proteste e manifestazioni organizzate contro la sua chiusura. Nella tarda serata di martedì 8 ottobre, il governo ha invece parlato di una “ristrutturazione” ma non ha fornito ulteriori dettagli. “Senza uno spazio come questo, le persone vulnerabili sarebbero abbandonate a loro stesse. Difendere la salute mentale significa tutelare la salute pubblica”.

Venerdì 4 ottobre, la direzione dell’ospedale aveva comunicato improvvisamente la chiusura immediata del servizio dedicato a gestire le emergenze legate alle crisi da astinenza, overdose e altre problematiche urgenti associate alle dipendenze. Era stato anche ordinato di non accettare nuovi ricoveri nei due reparti di cui dispone la struttura. Di fronte alla notizia che l’ospedale avrebbe chiuso, seguendo il destino di decine di altre istituzioni statali che con il presidente Milei sono state smantellate da un giorno all’altro, lo staff sanitario si è organizzato in modo autonomo per continuare a offrire prestazioni e curare i pazienti ricoverati. “Le porte sono rimaste sempre aperte. Abbiamo ricevuto molta solidarietà, forse chi vuole intervenire sul nostro ospedale non se lo aspettava”, aggiunge Giaccaglia.

Per quattro giorni, l’edificio è stato occupato dai suoi lavoratori. Psicologi, psichiatri, medici hanno organizzato assemblee pubbliche e incontri in strada per difendere il loro lavoro e il sistema sanitario pubblico colpito dall’ajuste del governo di Milei. Sono intervenuti anche i pazienti, come Jenny: “Ho tentato due volte il suicidio e sono vivo solo grazie ai medici che mi hanno curato e al loro approccio multidisciplinare. L’intervento di psichiatri e psicologici è accompagnato dagli assistenti sociali, dalla musicoterapia, dall’arteterapia e dalla ginnastica. È un luogo dove la nostra voce è ascoltata e non siamo giudicati”. L’ospedale Bonaparte propone differenti percorsi di cura perché nelle sue attività viene adottata una procedura trasversale alla salute mentale. Oltre al pronto soccorso, al day hospital e al ricovero, ai pazienti sono offerti laboratori di musica, arte, radio e scrittura. Sono organizzati programmi dedicati a bambini e adolescenti, come corsi di educazione sessuale, attività di sostegno per chi sta attraversando una transizione di genere e accompagnamento per chi vuole eseguire una interruzione volontaria di gravidanza. Nella struttura inoltre ci sono ambulatori di medicina generale e specialistica e un centro di ricerca specializzato nello studio della salute comunitaria. L’ospedale prende il nome da Laura Bonaparte, membro delle Madri di Plaza de Mayo, psicologa e psicoanalista.

Dopo una mobilitazione che ha visto centinaia di persone venute a portare supporto, martedì 8 il governo ha aperto un tavolo di discussione con i sindacati parlando di una “ristrutturazione” e non più di una chiusura definitiva. Anche se è stato assicurato che i 612 dipendenti manterranno il loro posto di lavoro, non sono ancora stati forniti dettagli sul piano di intervento del ministero della Salute guidato da Mario Lugones, cardiologo con una vasta esperienza nell’amministrazione dei sistemi sanitari privati. Per il governo ultraliberista, la produttività del Bonaparte non è sufficiente e le prestazioni sono esigue, motivo per cui sarebbe necessario riorganizzarla. Al contrario, secondo i dati forniti dal Bonaparte, solo nel 2024 sono state supportate almeno 98mila persone. Lo staff sanitario dell’ospedale inoltre denuncia le condizioni di lavoro estremamente precarie cui è sottoposto. Dall’inizio dell’anno i contratti sono rinnovati ogni tre mesi, mentre fino al dicembre 2023 avevano una durata annuale. Nel 2024 sono stati licenziati più di 35 lavoratori e oltre 25 persone si sono dimesse a causa dei salari considerati non più sufficienti a mettersi al riparo dall’indigenza.

La sensazione di incertezza colpisce anche i dipendenti di altre strutture ospedaliere. I medici del Garrahan, l’ospedale pediatrico più importante dell’Argentina e punto di riferimento in America Latina, hanno scioperato martedì 8 e mercoledì 9 per chiedere un aumento salariale. Nelle sue sale operatorie si esegue il 50% dei trapianti su bambini e adolescenti e si curano minori affetti da patologie gravi e rare. Ogni anno sono offerte almeno 700mila prestazioni sanitarie e sono eseguiti più di 10mila interventi chirurgici. I dipendenti denunciano di stare scivolando sotto la soglia di povertà e che i loro salari non sono stati adeguati all’inflazione che è stata pari al 236,7% negli ultimi dodici mesi.

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