Da anni è impegnata è impegnata a chiedere il rispetto del diritto di poter scegliere quando dire basta al dolore e alla mancanza di autonomia provocata da una patologia irreversibile. Laura Santi, giornalista perugina affetta da sclerosi multipla, ha denunciato per la seconda volta la Usl Umbria 1 come fa sapere l’Associazione Luca Coscioni. “Aspetto da cinque mesi il parere di una commissione medica che ora pare abbia colto le indicazioni della sentenza 135 della Consulta. Questa attesa è un atto di violenza – e di indifferenza – verso una persona che ogni giorno sente peggiorare le sue condizioni” dice la donna affronta una malattia “progressiva e avanzata” che come è noto non è curabile. La prima “richiesta di verifica delle condizioni per poter accedere all’aiuto medico alla morte volontaria“ era stata presentata il 20 aprile del 2022. Ora da 5 mesi si attende un’altra risposta. “Per questo – ha spiegato la donna che sul polso si è tatuata la parola “tregua”, – ho deciso di denunciare di nuovo la Asl per violenza privata e omissione di atti d’ufficio. Dopo cinque mesi scopro dai media che la commissione medica avrebbe dato parere positivo, mentre il comitato etico non decide. Che paura avete? Alla politica nazionale e alle istituzioni locali vorrei dire che non potrete più voltarvi dall’altra parte, questo tema vi si rovescerà addosso”. Lo scorso febbraio il gip di Perugia non aveva archiviato l’inchiesta sui ritardi.
La donna ad aprile 2022 aveva chiesto all’azienda sanitaria di essere sottoposta alle verifiche previste dalla sentenza costituzionale 242 del 2019 per l’accesso alla morte assistita. Sono trascorsi oltre cinque mesi da quando, a seguito di un forte peggioramento delle sue condizioni, Laura Santi si è rivolta all’azienda sanitaria Umbria 1 per chiedere una rivalutazione delle proprie condizioni. “Da quelle nuove verifiche, rese necessarie da un peggioramento importante di Laura Santi, che procede e non si arresta, l’azienda sanitaria non ha mai risposto, né dato alcun tipo di riscontro – sottolinea l’associazione – né a Laura né ai suoi legali nonostante due diffide, neppure sulle ragioni del ritardo”.
Dopo un percorso di oltre due anni, fatto di diffide, ricorsi in via d’urgenza e solleciti, il Tribunale di Perugia aveva ordinato di fornire una relazione medica completa, comprensiva del parere del comitato etico. La valutazione della commissione era stata negativa, ovvero secondo i medici, Laura Santi, pur possedendo tutti gli altri requisiti previsti dalla sentenza 242/2019 della Corte costituzionale, non era tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale. All’inizio del 2024 però ha avuto un forte peggioramento delle proprie condizioni. Per questo motivo la commissione medica, lo scorso 10 maggio, ha proceduto a una nuova verifica. Inoltre, tramite il team legale che la assiste, coordinato dall’avvocata Filomena Gallo, segretaria nazionale dell’Associazione Luca Coscioni, Laura Santi ha prodotto costantemente certificati medici aggiornati, per certificare il progressivo peggioramento.
A giugno 2024, nell’ambito del procedimento in Corte costituzionale, per l’accompagnamento in Svizzera di Massimiliano, la giornalista è stata ammessa, come interveniente, nel giudizio a seguito del quale la sentenza 135/2024 ha menzionato esplicitamente trattamenti di sostegno vitale come cateterismo e svuotamento intestinale. Alla luce della sentenza, “che interviene a togliere ogni possibile dubbio – spiega l’associazione – sulla sussistenza di un trattamento di sostegno vitale, qualificando come tale anche l’assistenza continuativa di cui Laura necessitava anche prima del peggioramento, Laura Santi diffida nuovamente l’azienda sanitaria a comunicare gli esiti delle verifiche effettuate mesi prima”. “Riteniamo – ha affermato Filomena Gallo – che cinque mesi di attesa per una comunicazione ufficiale da parte dell’azienda sanitaria, che attesti l’esito delle verifiche in particolare in relazione alla sussistenza del trattamento di sostegno vitale e delle modalità per procedere con la morte volontaria assistita, siano assolutamente inaccettabili. Questo non solo perché la legge penale punisce omissioni e ritardi non giustificabili, ma soprattutto in considerazione delle condizioni di sofferenza intollerabile già certificate dalla stessa azienda sanitaria”.