Nel pomeriggio di Hiroshima stava seguendo la diretta da Oslo senza troppa attenzione, assorto nei suoi pensieri e senza particolari aspettative, quando ha sentito pronunciare il nome Nihon Hidankyo, quale premio Nobel per la Pace per il 2024. In quel momento il viso dell’ultra ottantenne co-presidente dell’organizzazione giapponese che rappresenta i sopravvissuti/e delle due bombe atomiche sganciate su Hiroshima e Nagasaki il 6 e il 9 agosto del 1945, signor Mimaki Toshiyuki, si è illuminato di gioia. L’emozione ha stravolto il suo sguardo virando presto l’espressione in qualcosa di simile al pianto. Con gli occhi chiusi e mentre si pizzicava il viso per accertarsi di aver capito bene, Mimaki che non credeva ancora alle sue orecchie, ha cominciato a dire: “Ehee, uso mitai, uso mitai !” (Non ci credo, non ci credo!).

Invece è successo davvero, ed è proprio a questo gruppo di uomini e donne Hibakusha, a chi è deceduto, ai discendenti dei sopravvissuti, amici e sostenitori, che è stato assegnato il Premio Nobel per la Pace, con la motivazione che Nihon Hidankyo ha dimostrato con il lavoro e testimonianze, che le armi nucleari non devono mai più essere utilizzate. In un momento di assoluta crisi della parola “pace” a causa dei molti conflitti aperti nel mondo, mai così pericolosamente in azione come in questi giorni, la decisione del Comitato del Premio Nobel di onorare il Giappone pacifista con questa onorificenza porge un chiaro messaggio, e sottintende una strada che si vorrebbe prediligere.

Ma l’attuale maggioranza di Governo sta davvero osservando i principi dell’articolo 9 della propria Costituzione pacifista? E sollecita davvero l’abolizione delle armi nucleari come dalla fine della seconda guerra mondiale sembrava volesse, o ha cambiato idea? Giovedì 10 ottobre, il nuovo primo ministro Ishiba Shigeru ha partecipato al Summit ASEAN a Vientiane, in cui ha affermato che il Giappone “sta rafforzando la sicurezza marittima, provvedendo navi da pattugliamento e addestramento sull’applicazione del diritto marino, inoltre lavora al rafforzamento della sicurezza informatica e su molto altro, sempre in collaborazione con i paesi dell’ASEAN al fine di tutelare il futuro comune”. La Cina e la Russia, tuttavia, sono le due vicine e potenti nazioni con le quali l’amministrazione giapponese fatica a mantenere relazioni diplomatiche prive di tensioni, sia per l’invadente presenza dell’aeronautica e delle esercitazioni militari cinesi intorno all’arcipelago nipponico, sia per le sanzioni che il Giappone insieme ai paesi del G7 impone tuttora alla Russia a seguito dell’invasione dell’Ucraina.

Ed è proprio la Russia, dalla capitale del Laos, che ha avanzato dei dubbi sulle intenzioni pacifiche del paese del Sol Levante, con le parole del ministro degli esteri Serghei Lavrov preoccupato del processo di “rimilitarizzazione giapponese ispirato dagli Usa, che potrebbe demolire l’intero sistema attuale dell’ordine mondiale”. Fino a pochi anni fa la possibilità di un Giappone riarmato e pronto a combattere fuori dai propri confini sembrava non essere assolutamente contemplata dai cittadini e poco sostenuta anche dalle forze politiche, se non dai più conservatori e nazionalisti e loro sostenitori, ma pian piano l’opinione pubblica sta abbandonando tale convinzione e gli ultimi sondaggi mostrano una maggioranza di persone convinte che la miglior difesa sia riarmarsi.

Dopo l’omicidio del premier Abe Shinzo (luglio 2022) e grazie alle sue idee al proposito, il Giappone di Kishida Fumio e ora di Ishiba Shigeru, si mostra favorevole ad assumere un ruolo centrale per mantenere la sicurezza nella regione del’Indo-Pacifico, il che significa investire apertamente in armi e difesa. Lo scorso anno è stato così messo a punto un Nuovo Piano di Sicurezza Nazionale, per il quale nel giro di cinque anni s’intende duplicare la spesa per la difesa (320 miliardi di dollari, il terzo al mondo dopo USA e Cina), comprare missili Tomahawk e sviluppare armi ipersoniche, senza dimenticare il trattato internazionale siglato con Gran Bretagna e Italia, per sviluppare il programma aereo da combattimento volto allo sviluppo di caccia di sesta generazione, chiamato “Global Combat Air Programme”, destinato a sostituire i circa novanta caccia F-2 giapponesi e gli oltre duecento Eurofighter britannici e italiani.

Alcuni accolgono positivamente la spinta giapponese a divenire più indipendente sulla difesa, altri invece sono preoccupati per un Paese famoso e amato nel mondo specialmente per il suo potentissimo soft-power. Quel potere pop-culturale che ha invaso il mondo regalando eroi nati dal terrore di nuove bombe atomiche come Godzilla, e mangaka come Go Nagai (papà di Mazinga Z) che diceva: “È vero, racconto di guerre, ma lo faccio soltanto per affermare quanto sia importante per l’umanità la conquista della pace, un traguardo costantemente a rischio.” Di certo gli uomini e donne del premio Nobel per la Pace 2024, Nihon Hidankyo, ai nuovi jet da combattimento preferiscono quelli dei film di animazione del grande disegnatore di sogni Miyazaki Hayao.

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