“È stato vietato l’ingresso di qualsiasi dispositivo di comunicazione elettronica, ad eccezione dei telefoni cellulari, nelle cabine di volo o nel carico non accompagnato. I passeggeri dovrebbero evitare di portare tali dispositivi, inclusi cercapersone, dispositivi wireless e walkie-talkie, per garantire la sicurezza dei voli”. Con queste parole, Jafar Yazerlo – portavoce dell’Organizzazione dell’aviazione civile iraniana – ha annunciato il divieto, voluto da Teheran, di portare cercapersone e walkie-talkie su tutti i voli aerei.
La scelta dopo l’attacco in Libano
Una scelta presa a poche settimane dai sabotaggi dei dispositivi che hanno portato alla morte in Libano e in Siria di almeno 39 persone legate ad Hezbollah. Nelle ultime settimane, compagnie aeree come Emirates e altre nella regione hanno implementato restrizioni simili proprio per questo motivo, al fine di garantire una maggiore sicurezza. Lo scorso 17 settembre, un’esplosione simultanea di cercapersone dei miliziani di Hezbollah, in Libano e Siria, aveva provocato moltissimi feriti e diversi morti. Un attacco mai visto: tra le persone colpite anche l’ambasciatore iraniano in Libano Mojtaba Amani, rimasto coinvolto nell’esplosione del pager di una sua guardia del corpo. A distanza 24 ore dal devastante attacco, il Paese dei cedri era poi rimasto ancora sotto scacco con raid impartiti a distanza sui dispositivi elettrici: dopo i cercapersone, a saltare in aria erano state radio e walkie-talkie (oltre ad auto e scooter in fiamme). La seconda operazione su larga scala contro l’organizzazione sciita sarebbe scattata durante i funerali di alcuni miliziani deceduti qualche giorno prima.
Le batterie trappola
Secondo fonti, i walkie talkie Icom-V82 facevano parte del sistema di comunicazioni di emergenza da utilizzare in caso di guerra con Israele. Le esplosioni dei walkie talkie sarebbero state causate da “batterie trappola”, importate da Hezbollah due settimane fa e che sarebbero state dotate di esplosivo. Una tecnica quindi assimilabile a quanto avvenuto con i cercapersone, anche loro “dotati di trappole esplosive e pre-programmate per esplodere”. Secondo un’inchiesta del Washington Post, il Mossad avrebbe impiegato quasi dieci anni a mettere in atto il piano che ha portato all’enorme operazione d’intelligence: l’obiettivo era quello di uccidere o mutilare più combattenti possibile, così da decimare le milizie sciite del partito-milizia libanese.