Nel post-Covid è riesplosa – per fortuna – la voglia di musica live. Sono fioccati con la potenza e la velocità di un fulmine concerti e festival. Gli artisti sono tornati a esibirsi con grandi eventi e i fan a fare a gara per ascoltarli, con l’esigenza di socialità e di condividere le loro esperienze. L’ingranaggio è ripartito a gonfie vele. Forse, anche più veloce del previsto.
Due anni di stop hanno avuto forti ripercussioni sul mercato del lavoro nell’industria musicale. Ma la storia non fa sconti. Le guerre, l’inflazione e i rincari delle materie prime hanno rovesciato le carte in tavola. Oggi, fare paragoni con il passato è impensabile per via dell’inflazione e dei costi maggiorati dai trasporti alla logistica. Andare ai concerti è diventato un lusso. O almeno, la gente è stata costretta a scegliere chi ascoltare e quando e quale spettacolo preferire.
Il punto rimane sempre quello: troppi concerti, troppi biglietti, troppa scelta, ma il portafoglio rimane immutato. Gli stipendi sostanzialmente sono rimasti fermo rispetto al pre-pandemia, nonostante il costo della vita sia aumentato e, di conseguenza, i costi di gestione degli spettacoli sono lievitati, cavalcando l’inflazione.