“Quello che per gli altri bambini appariva semplice da leggere, imparare e ricordare per me era come un ostacolo insormontabile. Ti sentivi diversa e ti chiedevi ‘Perché loro sì e io no? Perché non ci riesco?’”. Lo racconta al FattoQuotidiano.it la dottoressa Silvia Lanzafame, la prima dislessica adulta a ricoprire il ruolo di Presidente dell’Associazione italiana di Dislessia (AID). Un “disturbo specifico di apprendimento” (DSA) a cui è dedicata questa settimana che culminerà il 12 ottobre a Bologna con il XVIII Congresso Nazionale dell’Associazione Italiana Dislessia: “Vivere la dislessia a casa, a scuola, al lavoro. Confronti, testimonianze, punti di vista nella società di oggi”. Un evento “per mettere al centro le persone con DSA e le loro esperienze di vita. In quanto prima nella storia dell’associazione – sottolinea Lanzafame – sono convinta che l’immedesimazione sia la chiave più efficace per far comprendere come pensa e come vive chi ha questa caratteristica”. Testimonial d’eccezione dell’evento che si terrà a Bologna presso la Biblioteca San Domenico, la conduttrice televisiva e radiofonica Andrea Delogu, il ciclista su strada e pista Filippo Ganna, campione del mondo in carica e argento nella gara a cronometro su strada alle Olimpiadi di Parigi, lo street artist Marco Abrate, in arte Rebor, e il giovane attore Liam Nicolosi, uno dei protagonisti della serie TV “Di4ri”.

I dati
In Italia, si stima che siano quasi tre milioni le persone con DSA. Infatti, secondo le statistiche del Ministero dell’Istruzione e del Merito, l’incidenza di questi disturbi è pari al 5,4 per cento: gli studenti a cui è stato diagnosticato un disturbo specifico dell’apprendimento dalla scuola primaria alla secondaria di II grado sono oltre 326mila. Dunque, visto che i DSA perdurano per tutto il corso della vita, si può affermare con certezza che questa percentuale riguardi tutta la popolazione, adulti compresi. In realtà, sono tantissime le persone adulte che non hanno una certificazione, perché queste neurodivergenze sono state diagnosticate in maniera diffusa solo dal 2010, a seguito dell’approvazione della legge 170 in ambito scolastico.

Che cosa sono i DSA
Una cosa subito da chiarire: i DSA non sono una malattia, ma indicano un diverso funzionamento del cervello che rende meno fluente e agevole le capacità di lettura, scrittura, numerazione. Tutti disturbi che si manifestano con l’inizio della scolarizzazione.

Oltre alla dislessia, rientrano nei DSA la disortografia che esprime la difficoltà di scrivere in modo corretto; la disgrafia in cui scrivere risulta difficoltoso e poco veloce; e la discalculia, che riguarda per esempio una difficoltà nella manipolazione dei numeri, nel fare calcoli veloci a mente. Inoltre, dai DSA non si “guarisce”, ma le difficoltà che li accompagnano possono essere compensate con il tempo e con una buona attività di potenziamento e riabilitativa.

L’età giusta per la diagnosi
“La diagnosi è possibile in uscita dalla seconda classe della scuola primaria. La discalculia invece in uscita dalla terza classe primaria. Ma i segnali possono emergere fin dalla scuola dell’infanzia”, spiega al FattoQuotidiano.it la dottoressa Luisa Comenale Pinto, Neuropsichiatra Infantile e Pediatra dello Sviluppo, Consigliere del Direttivo AID. Segnali che nei bambini “si possono manifestare per esempio sotto forma di un ritardo o un disturbo del linguaggio o nella coordinazione motoria: per questa ragione spesso non vengono coinvolti a giocare a palla. Oppure bambini che si rifiutano di scrivere perché non hanno una sufficiente fluidità nei gesti o di colorare perché hanno difficoltà a rispettare i margini. Individuare precocemente questi soggetti a rischio consente di iniziare fin dalla scuola dell’infanzia un potenziamento delle abilità che risultano carenti”.

Quando è dislessia
Siamo di fronte a dislessia quando, attraverso dei test, si osserva che “un bambino legge lentamente, cioè a una velocità di lettura inferiore a quella che viene considerata il minimo standard per la classe frequentata; commette un numero di errori superiore a quelli che fanno i bambini della classe che frequenta; e/o pur avendo un quoziente intellettivo normale, non comprende il testo che legge, mentre lo comprende se lo ascolta” – continua Pinto.

I trattamenti
“La legge stabilisce che la diagnosi di dislessia o di un disturbo specifico dell’apprendimento (DSA) va formulata in multiequipe, in cui rientrano tre figure professionali – sottolinea la dottoressa Giovanna Gaeta, logopedista e Segretario Nazionale AID -: il neuropsichiatra infantile e lo psicologo che misura il quoziente intellettivo del paziente che deve rientrare nella norma; mentre il logopedista somministra alla persona una serie di test, valutando il tipo e velocità di lettura, scrittura e calcolo e comprensione del testo, ma anche il livello di attenzione, concentrazione e memoria”.

Il logopedista “partecipa alla diagnosi del disturbo specifico di apprendimento e segue il paziente nel processo di recupero di abilità linguistiche – continua Gaeta -. La terapia utilizzata dipende sempre dalla diagnosi, quindi dal tipo di difficoltà che presenta il paziente. Per esempio, se il bambino ha difficoltà nella velocità di lettura, si lavorerà per migliorarla con l’uso di software che aiuteranno il bambino a leggere con velocità sempre maggiori singole parole per poi passare a righe di parole intere; se invece la difficoltà riguarda la qualità della lettura, ossia come lui legge le lettere, se inverte le parole, si fanno altri tipi di esercizi che mettano in condizione la persona non solo di leggere correttamente ma anche di comprenderne il contenuto”.

Non è questione di “intelligenza”
Attenzione, però: non siamo di fronte a un problema cognitivo di comprensione. “In realtà il bambino, quando legge a voce alta, concentra le sue energie mentali sulla decifrazione delle parole che per lui è come se fossero dei geroglifici – chiarisce Gaeta -. Quindi, si concentra a pronunciare correttamente le parole del testo e in questo sforzo mette ‘da parte’ quello legato alla comprensione del testo. Le cose cambiano radicalmente quando il bambino legge in mente sua o ascolta leggere un testo: in questo caso la comprensione è molto più facile. Ecco perché la nostra Associazione punta molto sullo studio con i libri in formato digitale che grazie alla sintesi vocale lo studente può ascoltare con delle cuffie e cerchiamo di mettere a disposizione degli alunni questi strumenti compensativi”.

Gli errori da evitare
“I genitori, che spesso hanno alte aspettative sui figli, non devono fare pressioni se osservano una maggiore lentezza nell’ apprendimento, ma piuttosto supportarli adeguatamente – sottolinea Pinto -. La scuola deve mettere a proprio agio i bambini con dislessia eliminando ogni forma di discriminazione ed esclusione”.

Spada di Damocle anche per la dislessia sono “I tempi lunghissimi della sanità pubblica – continua Pinto. In alcune regioni mancano i centri per la diagnosi degli Adulti o sono insufficienti quelli per la diagnosi e il potenziamento nell’infanzia. È un problema di organizzazione politica della sanità su cui bisognerebbe intervenire urgentemente”.

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