Danieli, il colosso friulano dell’acciaio, ha vinto il primo round contro la Regione Friuli-Venezia Giulia e i quasi 22mila firmatari di una petizione per impedire la costruzione di un impianto siderurgico in riva all’Adriatico. Il Tar ha accolto il ricorso dell’azienda e ha ordinato alla Regione di mettere a disposizione l’elenco dei nominativi. È anche sulla base di quel documento che la giunta del leghista Massimiliano Fedriga aveva bloccato il progetto industriale, suscitando la reazione di Danieli che lo scorso febbraio aveva chiesto addirittura 100mila euro di danni. Nel ricorso di quest’ultima si adombrava la possibilità di procedere per danni nei confronti dei firmatari, per le accuse di rischio ambientale riferite al progetto.

I giudici sostengono che un documento, in possesso dell’amministrazione pubblica per attività di pubblico interesse, deve essere sottoposto alla disciplina dell’accesso. Inoltre hanno affermato che la pubblicità dell’elenco è coerente con la natura delle petizioni che hanno come scopo quello di influenzare il processo decisionale pubblico con richieste e proposte che nascono dai soggetti che le sostengono. In una parola, la semplice sottoscrizione di una petizione pubblica significa, implicitamente e in ragione della natura dell’atto, adesione alla pubblicazione del proprio nominativo. È stata così accolta la tesi secondo cui non ci si trovava di fronte a una legittima protezione dei dati personali, l’identità dei firmatari, da parte della Regione.

La richiesta di Danieli aveva suscitato molte polemiche, la decisione del Tar non ha fatto che rinfocolarle. Gli avvocati Roberto e Fabrizio Paviotti, legali dell’azienda, hanno sottolineato come ora essa potrà verificare la regolarità delle firme raccolte contro un investimento miliardario che vedeva impegnato anche il gruppo ucraino Metinvest a San Giorgio di Nogaro, nella laguna di Marano. L’avvocato Carlo Monai, legale dei Comitati “No acciaieria” avverte il rischio di un indebolimento dell’esercizio politico del cittadino. “Da oggi sarà più cauta l’adesione ad iniziative di sensibilizzazione della pubblica opinione, bisognerà capire quale sarà l’attitudine di Danieli avendo una lista di nomi a lei contrari”. Il riferimento è al rischio di una pioggia di cause per danni, anche se a gennaio il gruppo aveva soltanto rappresentato un intento di conoscenza rispetto alla validità della petizione, non una volontà di rivalsa nei confronti di chi aveva affermato l’esistenza di un “irreversibile danno ambientale” del progetto.

Il consigliere regionale Furio Honsell (Open Sinistra FVG): “Il presidente Fedriga deve fare ricorso al Consiglio di Stato contro la decisione, per difendere i cittadini dal rischio di ritorsioni per danni e diffamazione solamente per aver espresso la propria opinione (la stessa, tra l’altro, di quella che il Presidente stesso ha espresso)”. Difende il “diritto al dissenso che si esprime attraverso le ‘petizioni’”.

Parla di “un vero obbrobrio giuridico” l’onorevole Luana Zanella, presidente del gruppo Alleanza Verdi Sinistra alla Camera. Personalmente mi autodenunciai in solidarietà con le associazioni che protestavano e presentai un’interrogazione contro l’idea che un’impresa privata volesse interferire in una dinamica democratica. Ora siamo di fronte ad un incredibile ribaltamento della realtà: una azienda pretende di contrastare l’interesse pubblico di un’intera comunità e delle istituzioni regionali dalle quali ci aspettiamo reazioni adeguate alla gravità del caso”.

Il consigliere regionale Cinquestelle Rosaria Capozzi: “La sentenza lascia esterrefatti. La petizione non è solo lo strumento con il quale i cittadini possono rivolgersi alle istituzioni, ma soprattutto un diritto politico dei cittadini, che consente loro di manifestare il proprio dissenso. È inaccettabile che i cittadini abbiano paura di firmare una petizione perché poi possono ricevere querele o cause civili. La libertà di pensiero e di critica in una democrazia non può essere compromessa, così come i dati personali dei firmatari”.

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