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Djokovic designa Sinner come erede: “Il suo gioco ricorda il mio. È impressionante”

“Jannik Sinner mi ricorda me”. Dopo la finale del Masters 1000 di Shanghai persa contro il tennista italiano, Novak Djokovic lo ha incoronato come suo erede. La designazione del tennista più vincente della storia è avvenuta con parole inequivocabili in riferimento al modo di stare in campo di Sinner, ritenuto in questo momento il miglior […]

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“Jannik Sinner mi ricorda me”. Dopo la finale del Masters 1000 di Shanghai persa contro il tennista italiano, Novak Djokovic lo ha incoronato come suo erede. La designazione del tennista più vincente della storia è avvenuta con parole inequivocabili in riferimento al modo di stare in campo di Sinner, ritenuto in questo momento il miglior giocatore nel rispondere di tutto il circuito e, anche grazie a questo, capace di vincere due Slam, tre Masters 1000 e altri due tornei nel corso del 2024.

“Il suo servizio è tremendamente migliorato, è diventato un’arma importante – ha detto il campione serbo – È aggressivo da fondo appena ha una palla più corta da attaccare, prende l’iniziativa. È molto solido sia con il diritto sia con il rovescio, non commette molti errori e cerca di togliere tempo all’avversario”. Chiarissimo, quindi, il paragone: È quello che ho fatto per tanti anni, giocare un tennis ad alto ritmo, cercando di togliere tempo, di soffocare in un certo senso gli avversari. È questo che vuoi, far sentire i tuoi avversari sempre sotto pressione per i tuoi colpi, la tua velocità, la tua presenza in campo. E lui lo fa, quest’anno è stato impressionante, davvero continuo”.

Infine Djokovic ha parlato dell’obiettivo del 100esimo titolo, sfuggito in Cina dove aveva già trionfato sette volte in carriera, proprio per mano di Sinner che lo ha domato in due set: “Arrivarci sarebbe un bonus, continuerò a provarci perché succeda in futuro, ma non è una questione di vita o di morte, penso di aver raggiunto tutti i miei più grandi obiettivi in carriera”, ha concluso il serbo che quest’anno ha messo in bacheca l’oro olimpico, l’ultimo alloro che gli mancava.