Moda e Stile

Giorgio Armani si racconta e commuove: “Non conosco più il sonno sereno di un tempo. Ora di notte sogno e nel sogno costruisco il mio futuro”. Dal grande amore per Sergio Galeotti al futuro dell’azienda

È un ritratto intimo, profondo, delicato e al tempo stesso potente quello che emerge della lunghissima intervista rilasciata oggi da Giorgio Armani al Corriere della Sera

Quando morì Sergio, morì una parte di me. Era il momento in cui prendevo fiducia in me stesso; e mi è arrivata questa tegola sulla testa”. È un ritratto intimo, profondo, delicato e al tempo stesso potente quello che emerge della lunghissima intervista rilasciata oggi da Giorgio Armani al Corriere della Sera. Una conversazione così densa e totalizzante, in cui c’è spazio per tutto: il giovane Armani e i suoi primi affetti (per una ragazzina prima e per un uomo poi), per lo stilista esordiente a cui il successo esplode tra le mani proprio mentre perde il suo grande amore, per l’icona dello stile italiano nel mondo corteggiato dai grandi gruppi del lusso.

Giorgio Armani racconta il dolore per la morte di Sergio Galeotti
Era il 1985 e aveva solo 40 anni quando Sergio Galeotti morì. Non era solo il grande amore di Giorgio Armani ma fu la persona che lo spinge al grande salto: “Mi disse: tu hai un potenziale importante. Sergio aveva visto i miei vestiti, si era reso conto che potevo arrivare più lontano”. Nasce una coppia di successo che sbaraglia il mondo della moda, ma proprio quando Armani sta per fare il grande salto, Galeotti si ammala: “Un anno tra un ospedale e l’altro, io per non ferirlo ho continuato a lavorare, gli portavo le foto delle sfilate, negli ultimi tempi vedevo le lacrime ai suoi occhi”. Per Armani fu un momento difficilissimo che, spiega, “ho dovuto superare anche contro l’opinione pubblica. Sentivo dire: Armani non è più lui, sarà sopraffatto dal dolore, non ce la farà da solo… Anche per questo, a chi mi chiedeva una partecipazione nella Giorgio Armani, rispondevo: no, grazie, ce la faccio da solo”. Così, dice oggi a distanza di quarant’anni, “quando morì Sergio, morì una parte di me. Devo dire che mi complimento un po’ con me stesso, perché ho retto a un dolore fortissimo”. Tutto accadde in “un tempo meraviglioso, quando stavamo cominciando a essere qualcuno, a dare una struttura all’azienda, a essere conosciuti nel mondo. Era il momento in cui prendevo fiducia in me stesso; e mi è arrivata questa tegola sulla testa”. Come ha vinto quel dolore che definisce crudele? “Con una forza di volontà incredibile”.

Il rapporto con Leo Dell’Orco
Per la prima volta Armani parla anche del rapporto con il suo compagno e collaboratore più stretto, Leo Dell’Orco. L’assist arriva da un aneddoto: durante un incendio a Pantelleria, dove lo stilista ha una casa, lo stilista scomparve e tutti erano preoccupati per lui, che aveva sfidato quel momento pur di recuperare un anello: “È un anello meraviglioso, con un diamante. Me l’ha regalato Leo, e lo dovevo salvare”, svela al Corriere. Che spazio occupa l’amore nella sua vita? “Sono un po’ indifferente a quello, perché faccio i conti e dico: è inutile essere innamorato e dare poco spazio al tuo amore, perché lo spazio non ce l’ho. Salvo l’affetto profondo per Leo Dell’Orco, che vive da anni insieme a me, e rappresenta la persona a me più vicina”.

Che cosa pensa Armani di Prada e D&G
Non mancano poi una serie di domande sui colleghi stilisti, del passato e del presente, sui quali Armani non lesina giudizi. A cominciare da Gianni Versace, con il quale dice di aver avuto un rapporto distaccato, nonostante ci fosse “una specie di intesa sottintesa”. Stili diversi, mondi separati, un’idea diversa della vita. “Gianni credo avesse deciso di divertirsi. Oltre ovviamente a fare cose degne nella moda della donna: non tutto, ma ha fatto qualcosa di estremamente buono”, spiega Armani. Poi definisce piacevole il rapporto con Valentino: “Ogni anno non manca mai di mandarmi un piccolo messaggio sulle mie collezioni, dice: ‘Giorgio, bellissima, oltre a farle belle, le cose, le fate bene’”. I giudizi si fanno più tranchant quando parla di Dolce e Gabbana, che etichetta come “due furbacchioni”: “Li ammiro. Nel bene e nel male, se ne parla. Hanno una clientela diversa, però guardo le loro cose e mi chiedo: ma quale donna le metterebbe? Vedo che ora stanno cambiando”. Più duro invece il giudizio su Miuccia Prada: “Vive nel mondo di Miuccia Prada più che nel mondo vero. Non pensa che quel vestito deve essere portato. Quel vestito le piace, lei se lo metterebbe, esce salutando, ma non ha la percezione di quello che succede dopo”. Infine, una battuta su Calvin Klein, che annovera tra quelli che lo hanno copiato: “Troppo. Per anni, da Calvin Klein, e non solo. Pure quelli di adesso non scherzano. Tanto che mi sento quasi in obbligo di reinventarmi un po’”.

Il corteggiamento dei grandi gruppi e il possibile addio
Nella lunga intervista ammette che da decenni è corteggiato dai grandi gruppi internazionali che cercano di entrare nel suo marchio. Tra i primi a provarci, Bernard Arnault, ceo di LVMH, che lo stilista definisce “un grande personaggio, fu il primo a propormi di collaborare: Armani&Arnault insieme”. Anche all’epoca della morte di Galeotti in molti gli chiesero una partecipazione nella Giorgio Armani, ma lui rispondeva “no, grazie, ce la faccio da solo”. Il pressing non è mai finito e in questo periodo ci sono nuovamente delle richieste, anche insistenti, dall’esterno: “Ma per il momento non vedo aperture”, precisa Armani. Che ha già delineato il dopo-Giorgio con “una specie di struttura, di progetto, di protocollo che dovrebbe essere seguito da chi verrà dopo di me in questa avventura”. Poi Re Giorgio detta i tempi del suo addio: “Due o tre anni come responsabile dell’azienda me li posso ancora concedere; di più no, sarebbe negativo”. Non di più, spiega, perché “non ci dormo la notte. Non conosco più il sonno profondo e sereno di un tempo. Ora di notte sogno, e nel sogno costruisco il mio futuro”.