In otto mesi 680 morti, +3,5% rispetto allo stesso periodo del 2023. La strage di lavoratori continua e, nella 74esima Giornata nazionale per le vittime degli incidenti sul lavoro, il capo dello Stato Sergio Mattarella in un messaggio inviato all’Associazione Nazionale fra Lavoratori Mutilati e Invalidi del Lavoro ribadisce che la sicurezza “è una priorità permanente per la Repubblica” e “oltre che una prescrizione costituzionale è anzitutto una questione di dignità umana“. Di conseguenza “ogni vita persa, ogni vita compromessa chiama un impegno corale per prevenire ulteriori perdite della salute e della dignità di chi lavora”. E rinnova “la vicinanza della Repubblica alle famiglie di quanti hanno perso un proprio caro a causa di incidenti sul lavoro”. Il presidente nazionale dell’Anmil, Emidio Deandri, concorda sulla necessità di fare di questo tema una priorità ma fa notare che al momento “non riceve la giusta considerazione”. Nonostante “tre morti al giorno sul lavoro, ai quali però ci si dimentica di aggiungere i circa cinque decessi quotidiani per malattie professionali” e gli appartenenti alle forze dell’ordine, le partite Iva e tutti i soggetti non assicurati dall’Inail, la tutela delle vittime “è ferma al 1965”.
Il magistrato Bruno Giordano, ex numero uno dell’Ispettorato del lavoro, attacca: “Ad Altavilla vicentina muore un operaio di 25 anni, a Brescia rimangono feriti due operai, tra cui gravemente un ragazzo di 19 anni che non muove braccia e gambe dopo essere caduto da un ponteggio all’interno del termovalorizzatore dell’A2A. Ancora appalti, ancora cantieri che uccidono e feriscono chi lavora. Solo in Lombardia fino al 31 agosto i morti sul lavoro sono stati 121, uno ogni due giorni, a Milano 30, a Brescia 24, a Bergamo 15, a Pavia 13 (quasi triplicati rispetto allo stesso periodo del 2023), a Lecco sono triplicati, a Monza più che raddoppiati (da 4 a 9). In aumento anche le denunce di infortunio: 71.534 in Lombardia nei primi 8 mesi dell’anno contro le 71.314 del 2023. Oltre a Milano (23.798 denunce nel 2024), spicca Brescia con ben 10.049, circa 42 al giorno. Mi chiedo se la risposta a questo bollettino di crimini di pace sia la patente a punti in cui la vita di un operaio vale venti punti e si continua a morire”. Intervistato a Radio1 Rai, Giordano ha detto che “non basta parlare di numeri di ispezioni, ci vuole qualità ed efficienza dei controlli e delle indagini, con l’istituzione di una procura distrettuale e nazionale sul lavoro“.
La ministra del Lavoro Marina Calderone, che la “patente” con quelle regole l’ha voluta, ha rivendicato che “già 400mila aziende l’hanno richiesta” e “è finito il tempo dei furbetti”. Ma, ha ammesso, “oggi abbiamo ancora moltissimo da fare per mettere in sicurezza i luoghi di lavoro e per fare capire quanto è importante la prevenzione, la formazione ed essere consapevoli che da ogni nostro gesto può discendere una conseguenza che coinvolge non solo noi stessi, ma anche coloro i quali lavorano intorno a noi”. Poi ha detto che “c’è la necessità di continuare a lavorare e non rapportarci al tema e all’importanza di intervenire sulla salute e sulla sicurezza sul lavoro facendo solo la conta giornaliera dei morti. Ritengo che anche solo una vita umana persa sul lavoro sia una grande sconfitta della nostra società. Anche solo una vita umana persa sul lavoro rappresenta un punto di attenzione massima sul fatto che ancora non abbiamo fatto abbastanza”.
L’Anmil la conta la fa comunque, rilanciando gli ultimi dati diffusi dall’Inail: nel periodo gennaio-agosto 2024 sono stati denunciati all’Istituto circa 387mila infortuni sul lavoro con un incremento dello 0,9% rispetto ai 383mila dello stesso periodo del 2023; i morti denunciati sono stati 680 in crescita del 3,5% rispetto agli otto mesi dell’anno scorso, quando ne erano stati registrati 657. Quanto alle malattie professionali, il numero delle denunce (circa 59mila) è aumentato del 21,3% (più di 10mila casi) rispetto ai primi otto mesi del 2023. Il presidente dell’Associazione ricorda la sua storia: “L’insicurezza sul lavoro ha segnato la mia vita, da quando a soli 5 anni ho perso mio padre a causa di un incidente sul lavoro. Io stesso ho rischiato la vita, rimanendo gravemente invalido a causa di un incidente all’Ilva“. Per Deandri “è tempo di concentrare l’attenzione sulla tutela delle vittime del lavoro che viene regolata da una normativa che risale al 1965 e che per questo deve essere assolutamente rivista, per evitare che rimangano indietro intere famiglie che si ritrovano ad affrontare disabilità, dolore e difficoltà economiche all’indomani di un infortunio o per una malattia professionale”. Dietro gli incidenti non ci sono “casualità o eventi ineluttabili”, aggiunge Deandri, “ma piuttosto una mancanza di rispetto delle normative e della sottovalutazione del rischio in un ambito in cui è la crisi economica ad incidere e a spingere a non investire in prevenzione o a trascurare la formazione”.