Politica

L’ira di Meloni con Netanyahu e la frustrazione dei militari chiusi nei bunker per i raid: “Non decide lui se si va via dal Libano, ma l’Onu”

Non fossero bastati gli attacchi degli ultimi tre giorni contro i caschi blu, ripetuti e sempre più aggressivi, domenica mattina è arrivata la minaccia esplicita di Israele: “È giunto il momento di rimuovere l’Unifil dalle roccaforti e dalle aree di combattimento di Hezbollah”. A quel punto il nervosismo che da giorni corre sull’asse Roma-Tel Aviv è diventato vera e propria irritazione, veicolata direttamente da Palazzo Chigi a Benjamin Netanyahu ed esplicitata, in maniera neanche troppo felpata, dai massimi vertici militari in diretta televisiva. L’assedio che stanno vivendo da giorni i militari italiani che fanno parte del contingente Unifil in Libano, sotto tiro dell’Idf nelle proprie basi e costretto a trascorrere diverse ore chiusi nei bunker, si è trasformato in una telefonata dura di Giorgia Meloni nei confronti del premier israeliano.

Durante il colloquio la presidente del Consiglio ha definito “inaccettabile” che Unifil sia stata attaccata dalle forze armate israeliane, ricordando come la missione agisca su “mandato del Consiglio di Sicurezza per contribuire alla stabilità regionale”. Non solo, a Netanyahu è stata anche sottolineata “l’assoluta necessità che la sicurezza del personale di Unifil sia sempre garantita”. La presidente del Consiglio ha scelto l’intervento diretto dopo giorni in cui è stato il ministro della Difesa Guido Crosetto a esternare il disappunto per quanto sta avvenendo nella zona sud del Libano.

In ambienti militari l’escalation dell’Idf è stata vissuta in maniera parecchia agitata. A chiarirlo in tv è stato il generale Luciano Portolano, capo di stato maggiore della Difesa. Dicendosi ”sorpreso” e “perplesso” per le parole del premier israeliano sul ritiro delle forze della missione Unifil, ospite di In mezz’ora su Raitre, Portolano ha ricordato che la risoluzione Onu 1701 è “stata accettata da entrambi i Paesi” e che la missione “rimane fino a disposizione contraria dell’organismo” che l’ha istituita, cioè il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, e “nessuna decisione unilaterale può essere presa”. Tradotto: “Gli italiani rimarranno nelle posizioni”.

Nonostante la situazione sia diventata critica in settimana costringendo i nostri soldati “a rimanere fino a 5-6 ore al giorno nei bunker predisposti nelle basi”. Gli uomini e le donne dell’Esercito in missione in Libano “sono a conoscenza dei rischi e delle regole d’ingaggio e vivono con una certa frustrazione il fatto che le loro attività operative sono limitate dalla presenza degli israeliani in un’area sotto la responsabilità dell’Onu”, ha sottolineato Portolano. Il capo di stato maggiore della Difesa ha quindi detto che Unifil “opera sulla base di un mandato che io ritengo adeguato, ciò che non è adeguato e che molto spesso mi ha creato frustrazione anche nei confronti della popolazione locale sono le regole di ingaggio che non sono proporzionali ai compiti assegnati alla forza, tra cui la capacità e la necessità del disarmo tutti i gruppi armati in Libano”.