Giustizia & Impunità

Caso Open, il giudice di Firenze: “Nessun conflitto tra poteri”, inutilizzabili messaggi e mail degli imputati

Gli atti votati dal Parlamento relativi al processo della Fondazione Open non andranno alla Corte costituzionale. Il giudice per l’udienza preliminare di Firenze, Sara Farini, ha rigettato entrambe le richieste avanzate dai pubblici ministeri Luca Turco e Antonino Nastasi di sollevare un nuovo conflitto di attribuzione tra i poteri dello Stato e di questione di […]

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Gli atti votati dal Parlamento relativi al processo della Fondazione Open non andranno alla Corte costituzionale. Il giudice per l’udienza preliminare di Firenze, Sara Farini, ha rigettato entrambe le richieste avanzate dai pubblici ministeri Luca Turco e Antonino Nastasi di sollevare un nuovo conflitto di attribuzione tra i poteri dello Stato e di questione di legittimità costituzionale, quest’ultima “irrilevante e manifestatamente infondata”.

Nel procedimento sono indagati undici imputati, tra i quali il leader di Italia Viva Matteo Renzi, la deputata Maria Elena Boschi e l’ex parlamentare e ministro dello Sport Luca Lotti in relazione al reato di violazione alla legge sul finanziamento dei partiti. Con l’ordinanza depositata all’udienza di oggi la giudice ha dichiarato inutilizzabili i messaggi e le mail che vedono come interlocutori Renzi, Boschi e Lotti e del deputato Francesco Bonifazi (non indagato) già oggetto di sequestro probatorio da parte dei pubblici ministeri della Procura di Firenze nel corso delle indagini.

La posizione della procura – I magistrati contestavano che le Camere avessero esorbitato dai loro poteri e valutato non correttamente le prerogative parlamentari garantite dall’articolo 68 della Costituzione. Tutte le difese degli imputati si erano opposte all’istanza “rammentando che le decisioni in questa materia del Parlamento sono sovrane e intangibili“.

La Procura aveva chiesto al Parlamento l’autorizzazione successiva a utilizzare il materiale dopo che a luglio 2023 la Consulta, accogliendo un precedente conflitto di attribuzione – sollevato in quel caso dal Senato – aveva dichiarato l’illegittimità dei sequestri delle chat Whatsapp e delle mail, ricondotte alla nozione di “corrispondenza” tutelata dalla Carta (nonostante la giurisprudenza contraria della Cassazione) e quindi non acquisibili senza l’autorizzazione della Camera di appartenenza. Il gup ha ritenuto che “non vi è stata nessuna invasione di campo e non vi è spazio per sollevare l’invocato conflitto”. Messaggi e e-mail sequestrate con interlocutori parlamentari e già oggetto di sequestro, secondo il gup, “sono dunque da ritenere inutilizzabili nei confronti di tutti gli imputati”.