C’era una donna, dipendente di Aiag, il 7 agosto del 1990, nell’appartamento in via Poma a Roma dove fu brutalmente assassinata Simonetta Cesaroni. Era con lei negli uffici dell’ente morale che gestisce gli Ostelli per la gioventù dove Simonetta fu uccisa nel suo ultimo giorno di lavoro che però fu anche l’ultimo per lei in assoluto. Il suo nome è sui fogli presenza con cui i dipendenti registravano ingresso e uscita dagli uffici. Quei fogli, lo ricordiamo, scomparvero dagli atti ma un’impiegata di Aiag li fotocopiò per consegnarli al papà di Simonetta, Claudio Cesaroni. Sono stati da poco ritrovati da Paola Cesaroni, la sorella della vittima, e consegnati in Procura dove intanto si attende che i giudici decidano se archiviare o meno anche quest’ultima inchiesta sul delitto irrisolto di via Poma, dopo 34 anni di indagini che ancora non hanno dato un volto e un nome a chi compì quell’atto di truce violenza.
Il suo nome sui fogli firma
Questa collega che era con Simonetta in via Poma nel giorno in cui fu ammazzata entrò ma non uscì da quegli uffici. Lo scrisse nel 2003 il magistrato Roberto Cavallone che dal 2001 al 2009 indagò sul delitto di Simonetta. “Risulta accertato che quel giorno la signora Faustini Giuseppa, detta Giusy, non firmò il registro di uscita al termine dell’orario. Tale circostanza fa ritenere che la stessa, benché abbia negato, possa essere rimasta per un recupero pomeridiano e abbia visto la persona che poi uccise Simonetta Cesaroni. Ciò spiegherebbe perché, nella concitazione determinata dalla necessità di abbandonare l’appartamento, abbia dimenticato di firmare” (fonte: il settimanale “Giallo”). Quindi la Faustini, responsabile delle prenotazioni in ufficio, entrò ma non firmò l’uscita quel giorno, perché? Scappò via forse, come scrisse il magistrato?
I punti oscuri dell’Aiag
I fogli firma con le presenze in ufficio nel periodo in cui lavorò Simonetta in via Poma furono fatti sparire. Furono sottratti quelli in particolare dal luglio al novembre del 1990. Da questo registro, oggi recuperato, viene fuori che i colleghi di Simonetta, i dipendenti dell’Aiag, non furono sinceri all’epoca delle indagini. La stessa Giusy Faustini, interrogata il 7 settembre del 1990 dai magistrati disse loro: “Il 7 agosto sono stata in ufficio fino alle 14,15. Dopo, sono andata a casa e ho passato il resto del pomeriggio e la sera con i miei genitori”, si legge dall’inchiesta di Giallo. La donna affermò anche di non aver mai conosciuto la Cesaroni e lo ribadì nel 2003. Dai fogli firma con le sue presenze, risulta tutt’altro ovvero che le due donne erano nello stesso ufficio, nello stesso orario di lavoro.
“La Luigina”
La dipendente di Aiag Luigia Berrettini, lo ricordiamo, è l’ultima persona ad aver sentito Simonetta Cesaroni al telefono, come lei stessa ammise, poco prima che la ragazza venisse ammazzata, intorno alle 17,30. Nel novembre del 2004, due marescialli verbalizzarono una lite verbale tra la Faustini e la Berrettini. “Mentre uscivamo dall’ostello in compagnia della signora Berrettini Luigina, incontravamo la signora Faustini Giuseppina”, scrissero i due marescialli. E aggiunsero che la Berrettini ebbe una reazione inaspettata e del tutto fuori luogo verso la Faustini a cui proferì testualmente: “Tu non ti ricordi mai niente, non ti ricordi nemmeno di aver conosciuto Simonetta, eppure lo sappiamo che l’hai conosciuta”. Tuttavia, la Faustini e la stessa Berrettini, non sono le uniche ad aver negato di aver conosciuto la loro collega Simonetta Cesaroni, in questi 34 anni. Lo negarono anche l’addetta alla programmazione Maria Luisa Sibilia, suo fratello Salvatore scomparso da qualche anno e all’epoca tra i dirigenti, sua moglie Anita Baldi (scomparsa anche lei da poche settimane) all’epoca direttrice amministrativa. Persino il Presidente di Aiag, Francesco Caracciolo di Sarno, negò di aver mai incontrato la sua dipendente Simonetta Cesaroni a cui affidò la contabilità dell’ente che presiedeva. Tutti presero le distanze dalla ragazza e negarono di averla mai vista neanche la sua presenza fosse spettrale. Si spera ancora di scoprire l’oscuro mistero intrappolato tra le pareti di quel palazzotto elegante del Quartiere della Vittoria. Chi strappò alla vita una ragazza di periferia, ignara dei pericoli che si insinuavano tra i palazzi romani del potere?