Velocità massima di 300 km/h, raggio d’azione di 120 chilometri e la possibilità di trasportare fino a 40 chili di esplosivo: sono queste le caratteristiche del drone ‘invisibile’ di Hezbollah, lo stesso che nella serata di domenica ha colpito una base israeliana uccidendo quattro soldati. Per le sue caratteristiche, il velivolo in possesso del Partito di Dio rischia di diventare difficilmente intercettabile anche per le avanzate difese dello Stato ebraico. E ciò che più preoccupa Tel Aviv sono le stime secondo le quali la formazione sciita possiede un arsenale da circa 2mila pezzi.

Il drone invisibile non è una novità nel panorama bellico mediorientale e anche europeo. Lo stesso tipo viene usato anche in Ucraina e ha dimostrato che anche le difese più impenetrabili possono essere colpite con queste armi di nuova generazione, capaci di eludere i radar e quindi rendersi invisibili mietendo numerose vittime. Il drone in questione, allo stesso tempo, è tra i più antichi nell’arsenale del movimento sciita libanese: il suo debutto risale a 20 anni fa e dopo le prime missioni venne sventolato dall’allora leader Hassan Nasrallah, ucciso lo scorso settembre, come un’arma che dava a Hezbollah “non solo la capacità di ricognizione, ma anche quella di rappresaglia per ogni aggressione”.

A colpire ieri sarebbe stato il Mirsad 1. La seconda versione è più grande e più facilmente inquadrabile dalle difese. Nonostante le smentite arrivate negli anni da Beirut, gli esperti concordano si tratti di versioni modificate dei droni iraniani Ababil-T e Mheger, tanto che l’addestramento degli Hezbollah sarebbe avvenuto direttamente in Iran, in una base dei Guardiani della Rivoluzione nell’area di Isfahan.

Oltre ai Mirsad, secondo gli esperti israeliani e occidentali l’unità 127 di Hezbollah incaricata del settore droni dispone dei Dr3 di origine russa, tanto imponenti – hanno una lunghezza di oltre 14 metri – quanto inutilizzabili in un contesto come quello attuale, e dei Karrar iraniani a propulsione jet e quindi altamente tracciabili. Tra gli oltre 2mila droni dell’arsenale ci sono però anche i micidiali Shahed, fiore all’occhiello di Teheran: i droni kamikaze per eccellenza che mietono vittime in Ucraina sono a propulsione elettrica, hanno un raggio d’azione di centinaia di chilometri e un carico da 50 chili di esplosivo.

In Israele però si valutano da tempo delle contromisure: in particolare si parla dell’M61 Vulcan, un cannone mitragliatore da oltre 6mila colpi al minuto. Montato sui blindati o piazzato nelle aree strategiche potrebbe eliminare la minaccia dei droni, assicurano gli esperti. C’è poi il ‘Magen Or‘, lo ‘Scudo di luce‘: è il sistema laser di difesa che Israele sta mettendo a punto da diversi anni. Nel 2022 i militari di Tel Aviv avevano annunciato “passi avanti significativi” di un “sistema che funziona”. Il grande vantaggio di un’arma simile, così come per i droni, è quello di essere molto economica: l’intercettazione con il laser ha un costo stimato di poco più di tre euro, contro i 49mila euro a colpo dell’Iron Dome.

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