Splendeva il sole d’autunno, quel 20 ottobre 1944, ottant’anni fa. Il cielo di Milano fu attraversato dalla pattuglia aerea della 15esima Air force degli Stati Uniti: aveva il compito di distruggere gli impianti produttivi meccanico-siderurgici che ancora operavano nella periferia della città, con l’obiettivo specifico di annientare gli stabilimenti della Breda di Sesto San Giovanni, territorio che faceva ancora parte della Repubblica sociale italiana, lo Stato fantoccio fascista collaborazionista dei nazisti. I bombardieri alleati, prima di rientrare alla base, si liberarono del carico esplosivo residuo scaricandolo, dopo una serie di errori di calcolo, sui popolosi quartieri di Gorla e Precotto, nel Nord-Est della città, vicino a Sesto San Giovanni. Giù, alla scuola elementare Francesco Crispi a Gorla, era suonata la sirena e bisognava scendere, composti, guidati dalle maestre. Tutti giù, nel rifugio, ad aspettare che il peggio passasse, che finissero i fischi interminabili e i boati a volte più vicini, a volte più lontani. Ma quella volta il tempo non fu abbastanza: la bomba degli americani si infilò nel vano scale della scuola, maledizione dentro la maledizione di una guerra che alla fine era arrivata a casa, dentro casa. Nella scuola elementare morirono in più di duecento: 184 di loro erano bambini e avevano tra i 6 e i 10 anni. Quindici erano i loro insegnanti con la loro direttrice Isabella Tagliabue, 4 i bidelli. Con tutti loro morì anche un’assistente sanitaria.

“Una tragedia insensata, inimmaginabile, immane. Indimenticabile per chiunque, non solo per voi, perché il dolore non si dimentica” la fotografa il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che oggi ha partecipato alla cerimonia dell’80esimo anniversario di quella strage. Il capo dello Stato ha incontrato alcuni dei sopravvissuti dell’evento che gli hanno raccontato i momenti del bombardamento. “Oggi è stato molto importante avere il presidente qui – ha detto una di loro, Giuditta Trentarossi, 87 anni -. È un fatto così grande, è giusto che anche nelle altre regioni si sappia cosa è successo. È un ricordo che non si dimentica più. Il presidente mi ha detto che siamo stati bravi”. “Avevamo 7 anni, facevamo la seconda”, ha ricordato Trentarossi. “Siamo state dentro un bel po’. Quando sono uscita, ho visto mia papà che cercava di controllare un mucchio di macerie. Chiamavo ma non si sentiva. Poi per me è sempre stato un ricordo ogni volta che passo qui”.

In tutta Milano, in quel 20 ottobre, furono 614 i morti estratti a fatica dalle macerie. La pattuglia aerea americana aveva anche altre due missioni, il cui scopo era colpire i siti della Isotta Fraschini e della Alfa Romeo. Operazioni che andarono in porto causando un numero limitato di vittime civili, mentre gli aerei diretti verso gli stabilimenti Breda, per una serie di calcoli sbagliati e di errori, non potendo ritornare e atterrare con le bombe ancora a bordo, sganciarono 80 tonnellate di esplosivo su Gorla e Precotto e non – come previsto – sulla campagna cremonese o nel Mar Adriatico. Piazza Redipuglia, dove aveva sede la scuola, cambiò nome in Piazza dei Piccoli Martiri, per omaggiare i piccoli innocenti deceduti. Nella cripta del monumento che ricorda la strage vennero in seguito trasferite le ossa esumate dei bambini e dei loro insegnanti e anche la nuova scuola fu dedicata ai “martiri di Gorla”. Quella stessa cripta che è stata visitata da Mattarella, che ha incontrato le cinque donne sopravvissute alla strage e alcuni familiari di altri superstiti scomparsi negli scorsi anni.

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“Così siamo riusciti a salvarci”: i sopravvissuti al bombardamento americano di Gorla incontrano il presidente Mattarella

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