Inondazioni al nord, siccità al sud: l’intera penisola soffre per il cambiamento climatico rivelando una vulnerabilità di cui non ci siamo ancora resi conto pienamente. In passato abbiamo avuto fenomeni estremi disastrosi, ogni volta pensando che fossero eccezionali e, scaramanticamente, presumendo che non si sarebbero ripetuti. Oggi i disastri non sono più episodici: non facciamo in tempo a riprenderci dall’ultimo ed ecco che ne arriva un altro.
La Sicilia è stata amministrata malissimo, e un suo presidente è finito in galera; come i presidenti di Abruzzo, Calabria, Liguria, Lombardia e Veneto. Alcune regioni sono rimaste indenni di fronte alla legge umana, ma non di fronte alle leggi naturali. L’Emilia Romagna è un faro di buona gestione. I suoi servizi sono studiati in tutto il mondo (ad esempio le scuole per l’infanzia) e i centri storici sono liberi dalle auto. L’efficienza basata sulla cooperazione è il faro della gestione di quella regione. Eppure in Romagna ora assistiamo al ripetersi di eventi che, quando avvengono altrove, ci portano a pensare: ma chi glielo ha detto a quei geni di costruire case e industrie dove le hanno costruite? Viene in mente George Carlin quando parla di chi costruisce casa sotto a un vulcano attivo e poi si sorprende di avere il salotto invaso dalla lava.
In questo blog ho ripetuto più volte che sia la “cultura” di destra sia quella di sinistra non considerano la natura. Le due visioni discordano nel concepire i rapporti tra le varie componenti della società ma convergono nell’ignorare le conseguenze dei nostri comportamenti sulla biodiversità e sugli ecosistemi; li abbiamo introdotti nella Costituzione, ma moltissimi non ne conoscono il significato, visto che nei percorsi di formazione sono praticamente assenti.
Nelle linee guida sull’educazione ambientale al primo posto si mette la crescita economica, dicendo che deve avvenire rispettando l’ambiente. E si ripete l’aspettativa che la crescita economica possa essere infinita. E noi a spiegare che ad ogni crescita corrisponde una decrescita: se cresce il capitale economico decresce la porzione di capitale naturale da cui attingiamo le risorse per “crescere”, un principio ignorato da tutti. Compresi gli amministratori che hanno pianificato l’uso del territorio in Romagna, e tutte le amministrazioni nel resto del Paese. Chi avvertiva che questa concezione dei nostri rapporti con la natura avrebbe generato quel che ora si sta verificando veniva deriso ed era accusato di essere contro lo sviluppo e il progresso. Chi ha proposto il Green deal ora lo rinnega perché si prospetta un “bagno di sangue” se mai dovesse essere realizzato. Intanto, non averlo realizzato genera un bagno di sangue (senza virgolette) economico e sociale a cui non sappiamo far fronte, visto che le risorse per riparare i danni non ci sono. Assicuratevi!, ci dice chi amministra lo Stato. Il bagno di sangue c’è già, ed è dovuto a incompetenza nel gestire i nostri rapporti con la natura.
Il cambiamento climatico è dovuto ad un comportamento globale della nostra specie, mentre le conseguenze sono dovute a comportamenti locali che acutizzano i fenomeni globali. Per far fronte a questo disastro, dovuto all’ignoranza sugli ecosistemi in cui sviluppiamo le nostre attività, dobbiamo cambiare comportamenti globali e locali. I responsabili si incolpano a videnda di queste incoerenze, giustificando i loro errori con gli errori degli altri.
Una volta compresa la necessità di una transizione ecologica, a capo del Ministero è stato chiamato un tecnologo privo di competenze in campo ambientale, che non si è valso di esperti in ecologia: la transizione ecologica senza l’ecologia. Ora rimediamo all’errore rinnegando la transizione ecologica.
Il disaccoppiamento tra la realtà e il modo con cui la concepiamo è evidenziato dal fatto che a riparare i danni di comportamenti dissennati sono chiamati quelli che li hanno messi in atto: ricostruiremo tutto come prima!, ci dicono. Vantandosi di perseverare nei loro errori che, ovviamente, non sono percepiti come tali.
La nostra specie appartiene al genere Homo e si è definita sapiens. Siamo sapienti. Abbiamo reiterato il concetto riconoscendoci nella sottospecie Homo sapiens sapiens. Abbiamo accumulato una grandissima sapienza su come funziona il mondo e dovremmo avere tutti gli elementi per comportarci in modo responsabile. La sapienza però non basta, se non si accompagna alla saggezza. Sappiamo molte cose sulla struttura della materia, fino a rivelarne le intime componenti: le particelle elementari. Poi usiamo questa sapienza per costruire bombe atomiche. Lo so, lo so, abbiamo anche debellato malattie, sviluppato vaccini e molte altre meraviglie. La sapienza può essere usata in modo virtuoso. Ora, però, i batteri patogeni stanno sviluppando resistenza agli antibiotici, di cui abbiamo esagerato l’uso.
Ogni volta che la sapienza ci rivela qualcosa facciamo a gara per usarla in modo dissennato. Dovremmo evolvere nella sottospecie Homo sapiens sapientior in grado di adoperare la sapienza in modo saggio. Vasto programma. Visti i comportamenti, temo che ci stiamo evolvendo in Homo sapiens stupidus, un ossimoro di cui il pianeta si libererà, come prevede Carlin.