Via libera definitivo dagli Stati membri Ue alla direttiva sui diritti dei lavoratori delle piattaforme digitali, come i rider. Il Consiglio Ue Ambiente ha confermato l’accordo raggiunto con gli Stati membri a marzo. Le nuove norme si propongono di migliorare le condizioni delle persone che lavorano per le piattaforme online regolando per la prima volta l’uso dei sistemi di algoritmi sul posto di lavoro.
Solo la Germania si è astenuta. In una nota il Consiglio ricorda che la direttiva sarà ora firmata dal Consiglio e dal Parlamento europeo ed entrerà in vigore dopo la pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Ue. Gli Stati membri avranno quindi due anni di tempo per adeguare il diritto interno alle nuove norme comunitarie.
La stragrande maggioranza di questi lavoratori non ha diritti, le multinazionali proprietarie delle app considerano questi addetti come autonomi a partita iva. Quindi paghe a cottimo, niente stipendi orari, nessuno diritto alle ferie, alla malattia, alla maternità, zero tutele in caso di ingiusto licenziamento. La proposta di direttiva è stata presentata dalla Commissione europea a dicembre del 2021.
La versione che entrerà in vigore è meno severa rispetto alla proposta inziale. Nel corso dell’iter sono stati annacquati i criteri per l’individuazione della subordinazione nel rapporto. Il testo conferma invece le nuove norme sull’uso degli algoritmi: nessun lavoratore potrà essere licenziato o disconnesso da un sistema automatico e deve essere garantito il controllo di un essere umano sulle decisioni importanti che hanno riflessi sui lavoratori. In Italia, finora, diversi tribunali, e anche la Cassazione, hanno stabilito che ai rider va applicata la normativa sul lavoro dipendente.
“Finalmente si stabilisce una presunzione che si tratti di lavoro subordinato. Serve piena trasparenza sugli algoritmi, accessibile anche ai lavoratori”, commenta la segretaria del Pd Elly Schlein. “È doppiamente riprovevole il fatto che tra le prime norme ridimensionate e rese sostanzialmente inapplicabili dalla destra e dal governo Meloni ci fosse proprio quella che era stata introdotta dal ministro Andrea Orlando, in attesa della normativa europea, per garantire il diritto all’accesso dell’algoritmo da parte dei lavoratori e dei loro rappresentanti. Con questa direttiva anche il governo Meloni sarà finalmente costretto a tornare sui propri passi. Ci aspettiamo quindi che al più presto vengano convocate le parti sociali per recepire la direttiva e fare dell’Italia la capofila dei Paesi che la adottano per evitare il proliferare di altre forme di caporalato digitale”.