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Canada, Giubbe rosse contro Indiani. Come l’omicidio di un dissidente Sikh ha scatenato la guerra diplomatica tra Ottawa e Nuova Delhi

L’omicidio di un attivista Sikh. Le indagini delle Giubbe Rosse. Una crisi diplomatica mai vista tra Canada e India, nonostante i rapporti non siano mai stati idilliaci. Le notizie di agenzia raccontano che le autorità di Ottawa hanno chiesto all’ambasciatore indiano, Sanjay Kumar Verma, di lasciare il Paese assieme ad altri cinque diplomatici; per gli investigatori, Verma è “persona di interesse” coinvolto in un complotto che ha previsto un assassinio. Il governo di Modi ha risposto con la stessa moneta.

Ma il quadro dietro queste decisioni è complesso, e trova la prima scintilla nell’agguato mortale a Hardeep Singh Nijjar, 45 anni, avvenuto il 18 giugno dello scorso anno. Nijjar è stato ucciso a colpi di arma da fuoco; era appena uscito da un centro culturale Sikh a Surrey, nella Columbia Britannica. Nijjar aveva una azienda specializzata in idraulica ed era integrato nella società canadese; ma era anche uno dei promotori di iniziative per chiedere la formazione di una patria Sikh indipendente. Attività non gradita da Nuova Delhi tanto che, nel 2016, il giornale Vancouver Sun aveva cercato il piccolo imprenditore per chiedergli conto delle accuse dell’India, di guidare un movimento terrorista.

Nijjar aveva rimandato la questione al mittente: “Questa è spazzatura. Vivo qui da 20 anni, giusto? Guarda il mio curriculum. Non c’è niente. Sono un gran lavoratore. Ho la mia attività nel settore idraulico” ed aveva detto di essere troppo impegnato per partecipare alle questioni politiche. Dopo la sua morte, però, l’Organizzazione Mondiale Sikh del Canada definì Nijjar un sostenitore dichiarato del Khalistan che “spesso ha guidato proteste pacifiche contro la violazione dei diritti umani che si verifica attivamente in India”. Saltò fuori che per l’India, Nijjar era ricercato, accusato di aver addestrato “terroristi” nella zona di Vancouver e di aver ideato un attentato nello stato del Punjab.

La questione del separatismo Sikh è molto delicata: il movimento risale agli anni ’40, tra il ’70 e ’80 ha avuto una svolta armata. Nel 1984, Indira Gandhi, che ricopriva il ruolo di primo ministro, ordinò un raid per catturare i separatisti armati che si erano rifugiati nel loro santuario più sacro; ci furono centinaia di vittime. Il 31 ottobre di quell’anno Indira Gandhi fu ammazzata da due delle sue guardie del corpo: erano Sikh. Si torna all’attualità. Il governo nazionalista di Narendra Modi ha messo in atto una politica senza compromessi contro i movimenti dissidenti: tutto ciò che non è Indù viene attenzionato. La diaspora Sikh ha trovato una sorta di seconda patria in Canada. Ed è per questo che le tensioni tra i due Paesi non si sono mai sopite.

Stavolta Ottawa e Nuova Delhi sono arrivate ai ferri corti. L’omicidio di Nijjar ha attirato l’attenzione della Royal Canadian Mounted Police (che conosciamo come Giubbe Rosse), anche perchè era il secondo delitto di rilievo contro un esponente della comunità. Già un anno fa, il primo ministro Trudeau aveva dichiarato che erano credibili le prove raccolte sul coinvolgimento nel delitto del governo indiano, tanto da espellere un diplomatico. Nuova Delhi aveva risposto nello stesso modo.

Ma nelle ultime 48 ore il Canada ha alzato il tiro, puntando il dito contro sei diplomatici, accusati di aver raccolto informazioni sui separatisti Sikh residenti nel paese nordamericano, e che lo stesso omicidio di Nijjar rientrava in una campagna degli 007 indiani per eliminare attivisti e dissidenti politici. A sua volta, il governo di Modi ha intimato di fare le valigie entro il 19 ottobre a Stuart Ross Wheeler, ambasciatore ad interim, e ad altri sei funzionari canadesi. Di certo, con due guerre in corso, le tensioni tra Canada e India passano in secondo piano; ma restano indicative, a loro modo, di due mondi che attualmente si contrappongono, scegliendo di volta in volta forme di attrito diverse.