In un’intervista a “Vanity Fair” l’attrice, tra aneddoti e confessioni, ha tracciato un bilancio del periodo che sta vivendo: “Se c’è una cosa che questo cancro mi ha insegnato è che la vita è una cosa magica che non va sprecata”
“Chi scopre di essere malato vive innanzitutto un’incredibile solitudine. Parlarne per me è stato liberatorio (…), un modo per mettere più a fuoco il valore del tempo che resta”. Gli anni l’hanno resa saggia, sa ciò che dice, il messaggio che vuole trasmettere. Forse, oggi, Eleonora Giorgi ha poche energie, ma un gran desiderio di condividere. E aiutare chi vive la sua stessa condizione. Dopo esser stata operata per un adenocarcinoma al pancreas, l’attrice sta combattendo una battaglia con nuove metastasi e cicli di chemioterapia. Ma il sorriso non vuole perderlo. “Ciò che conta è quello che voglio ora: stare con i miei figli, con la mia famiglia e gli affetti. Mi sono riparata in questo bozzolo d’amore. Un bozzolo che è più vita di quella che avevo prima”, racconta in un’intervista a Vanity Fair.
Una consapevolezza, la malattia, che è stata per lei “un colpo frontale, preso proprio tutto di fronte, ha fatto cadere la polvere, la ruggine dalla mia vita. È rimasta solo la densità, le cose inutili sono sparite”, confessa. E infatti, di restare sotto le luci della ribalta, pare proprio non ne voglia sapere: “Se sopravviverò, non posso dire se guarirò ma se comunque le cose si metteranno un po’ meglio, io alla vita di prima non voglio tornare. Voglio passare tutto il tempo che mi resta così, con l’amore che ho finalmente riscoperto. Mi sono stufata di fare la Giorgi. Preferisco fare la babysitter al mio nipotino”.
“I MIEI NON AVEVANO SENSO DI RESPONSABILITÀ”– Niente più riflettori, dunque. Soprattutto adesso che ha ritrovato l’affetto per la famiglia. Ciò che, in passato, le era mancato: “I miei genitori erano viziati. Colti e viziati. Avrei voluto il Telefono Azzurro in quell’epoca. Ci hanno cresciuti come gattini e poi ci hanno buttato in mare. Mia madre era una mistica, la sua famiglia erano Dio e la sua comunità. Mio padre ha avuto una vita parallela con la sorella di Miriam Mafai. Ha avuto due figlie che io adoro. I miei genitori non avevano alcun senso di responsabilità. Mi sono emancipata da loro molto presto. Non c’era altro da fare”, rivela. Da lì, il via a un percorso di sfide e opportunità sempre diverse. Prima il lavoro come modella, poi come attrice. Il resto, dagli anni Settanta in poi, è storia.
“POZZETTO ERA IL MIO MITO, ORIANA FALLACI MI DELUSE” – Durante l’intervista, c’è spazio anche per ricordare attori, registi e vip che la conduttrice ha conosciuto durante la sua carriera. “Fellini mi incontrò che non ero ancora attrice e facevo un servizio fotografico in spiaggia. Lui mi guardò e mi disse: ‘Tu farai l’attrice. E io: no no. E lui: la farai vedrai che la farai”. Su Pozzetto, invece: “Era il mio mito. Il meccanismo tra noi era sempre lo stesso: lui lento, riflessivo, stralunato. Io arrivavo e lo travolgevo di parole, di energia. Con tutti i comici è sempre stato così”. E ancora, la regista spende parole al miele per Cristiano Malgioglio e Adriano Celentano (“Uno degli uomini più sexy mai incontrati. Surreale, lento, meraviglioso. Mi innamorai di lui”).
Dolorosa, invece, la parentesi su Angelo Rizzoli: “Mi ricordo che in un viaggio in India, quando eravamo sposati, un astrologo gli fece il tema natale: scrisse rovina, malattia, carcere, disgrazia. È una storia troppo complicata di cui non voglio più parlare. Però se esiste un aldilà, se c’è qualcosa dopo la morte, ecco, se potessi incontrare di nuovo qualcuno, vorrei parlare con lui. Per chiedergli: perché? Perché bandirmi dal mondo del cinema? Mi hai fatto soffrire così tanto. Perché?”, ricorda. Tra gli altri racconti, anche quello della rottura dell’amicizia con Oriana Fallaci: “Una volta la incontrai a cena con Angelo (Rizzoli). Fu affettuosa e ci piacemmo. Anni dopo il divorzio, stavo facendo un servizio fotografico nella Trump Tower, per la rivista Interview. Ero sulle scale mobili, di giorno ma in abito da sera, tutta vamp, con fotografo e ombrelli per le luci. Vidi lei dall’altra parte, fermai tutto, mi buttai a salutarla. Lei mi guardò, girò la faccia dall’altra parte e se ne andò. Che colpo. Che delusione”.
LA NOSTALGIA DEL CINEMA E LA DIPENDENZA DALL’EROINA – È una chiacchierata in cui Giorgi non si risparmia. Riapre le proprie ferite, le lascia anche sanguinare: “Dopo il divorzio da Rizzoli, mi ritirai in campagna. Funzionò per un po’ ma poi quella vita non faceva per me. Mi mancava il lavoro. Perché lavorare è la maniera più sana di stare con gli altri. Il cinema per me non è mai stato vanità ma artigianato – le sue parole –. Lo amavo per quello, per il lavoro artigianale che c’è dietro. Quello che mi mancava. A quello dovevo tornare. Che grande ingiustizia, che grande dolore ho subito. Sono convinta che molto della mia malattia sia nato in quegli anni di grande sofferenza”.
Con il dolore e l’angoscia, l’attrice ha convissuto fin da giovane. E per affrontarli, si è riparata nella droga: “Ero sola, senza genitori, mi ero appena lasciata e avevo avuto i primi successi. Comprai una moto, la mitologica Honda 750, dal mio ex e la prestai ad Alessandro Momo, il ragazzo con cui stavo. Aveva diciassette anni, a me diceva di averne venti. Un giorno mi telefonò e mi disse: ti porto io la moto. Cadde al Foro Italico e morì. Ero da un’amica, mi chiamò mio padre e mi raccontò dell’incidente. Io mi precipitai all’ospedale, una pazza, corsi. E poi tornai a casa, sola. Mi citofonarono e pensai che fossero i miei genitori – rivela – Invece no, erano i paparazzi. Come fa una ragazzina a sopportare tutto questo? Mi buttai nell’eroina e poi per fortuna riuscii a uscirne”.
“VOGLIO USCIRE DI SCENA CON BONTÀ” – “Se c’è una cosa che questo tumore mi ha insegnato è che la vita è una cosa magica che non va sprecata”. Per questo, afferma Giorgi (che ribadisce l’importanza di avere molti amici che la supportano nella sua lotta al cancro), “fare prevenzione è tutto. Ho fatto una tac e hanno scoperto un’ombra, mi sono salvata così”. L’attrice elogia anche la sanità italiana, ma avverte: “Ci vogliono fondi, donazioni per ospedali e centri di ricerca. Ho incontrato malati giovani, centinaia di trentenni. E questo fa male. Io ho settant’anni, ho avuto la mia vita, e che vita! Di cosa posso lamentarmi? Ma se avessi trent’anni, sarei incavolatissima”. Infine, una raccomandazione, “anche se non mi piace dare consigli. Non importa mai quanto tempo hai a disposizione ma come scegli di viverlo. La bontà riguarda la capacità di essere felici di quello che si ha. Non serve provare invidia. Oggi apri i social, X, Instagram, Facebook, la televisione e trovi odio, frustrazione, narcisismo. Provate a vivere il tempo che resta con bontà. Solo così il tempo che resta diventerà vita. Vita vera”.