Si complica ulteriormente il cammino del concordato preventivo biennale tra fisco e partite Iva, su cui il governo conta per racimolare coperture per la manovra ma che finora raccoglie scarsissimo interesse da parte dei contribuenti. Quattro associazioni nazionali di commercialisti – Anc, Andoc, Fiddoc e Unico – hanno dichiarato sciopero dalla mezzanotte del 30 ottobre a quella del 7 novembre contro il rifiuto di concedere una proroga del termine del 31 ottobre 2024 per l’adesione. Non invieranno entro la scadenza prevista i Modelli di dichiarazione dei redditi 2024 e il modulo per l’eventuale adesione alla proposta dell’Agenzia delle Entrate sulle tasse da pagare per il 2024 e 2025. Intanto i tributaristi chiedono a loro volta di avere più tempo e le software house fanno sapere che sarà impossibile integrare nei gestionali tutte le modifiche normative approvate nel disperato tentativo di rendere appetibile la misura. È una grana non da poco per il Tesoro: il viceministro con delega al fisco Maurizio Leo solo pochi giorni fa ha escluso il rinvio perché visto il collegamento con la legge di Bilancio – attesa in cdm questa sera – “occorre avere dati certi e chiari” entro fine mese.

I commercialisti fanno presente che le regole sul concordato sono state cambiate in corsa molte volte. L‘ultima a inizio ottobre, quando è approdato in Gazzetta ufficiale il decreto Omnibus con il condono riservato a chi aderisce. Non solo: sul sito delle Entrate in questi giorni si susseguono i disservizi. “Stamattina, dopo numerose segnalazioni di nostri associati, ho fatto qualche tentativo: non riuscivo nemmeno ad entrare nel mio stesso cassetto fiscale, il sistema non caricava la pagina”, racconta il presidente dell’Anc Marco Cuchel. Quindi, spiega, non ci sono i tempi tecnici per valutare la proposta del fisco e la parallela offerta di sanatoria a prezzi di saldo sulle cifre non dichiarate tra 2018 e 2022 e informare adeguatamente i clienti. Tanto più che il conto delle cifre da pagare per il “ravvedimento” avrebbe dovuto arrivare ieri mattina, come annunciato da Sogei la settimana scorsa, ma fino al pomeriggio i dati non sono comparsi e il sistema informatico è stato a tratti inaccessibile.

In questo quadro, tra l’altro, il flop dell’operazione è dietro l’angolo: “Da quanto mi dicono i colleghi al momento siamo ampiamente sotto il 10% di adesioni. Del resto occorre avere il tempo di analizzare la convenienza caso per caso”. Di qui lo sciopero – già ufficializzato sul sito della commissione di garanzia – che comunque non farà rischiare nulla ai contribuenti, assicura Cuchel: “Al cliente viene consegnato un modulo con il nostro impegno alla trasmissione della dichiarazione, che poi viene allegato alla documentazione inviata alle Entrate. E lì compare una data antecedente alla scadenza. Quindi non c’è il rischio di contestazioni”.

Intanto la pressione sul Mef sale: anche il presidente dell’Istituto nazionale tributaristi (Int), Riccardo Alemanno, ha chiesto ufficialmente a Leo e al direttore dell’Agenzia delle Entrate Ernesto Maria Ruffini la proroga della scadenza per l’adesione al concordato “alla luce delle recenti modifiche normative, delle nuove valutazioni da fare in merito al collegamento con il ravvedimento speciale e soprattutto per l’oggettiva difficoltà di scaricare i dati di supporto inseriti dall’Agenzia delle entrate nel cassetto fiscale dei contribuenti ISA”. E lunedì pure l’Associazione italiana produttori software ha avvertito che in due settimane non c’è il tempo per integrare nei software “su cui da alcuni decenni gli studi professionali fanno affidamento” le nuove funzioni richieste per il calcolo delle cifre del ravvedimento speciale. Conclusione: “Affrontare gli adempimenti senza tempi adeguati e con informazioni parziali non permette di dare un servizio di qualità ai nostri clienti e allo stesso tempo compromette seriamente il raggiungimento degli obiettivi di politica fiscale”. Per ora da via XX Settembre nessuna risposta.

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