Si è abbattuto sulla sala mensa affollata dalle reclute, all’ora di pranzo. Ne ha uccise 4 ferendone un’altra settantina. Il drone che domenica ha colpito la base di addestramento della Brigata Golani a Binyamina ha sconvolto Israele non solo perché quello attaccato è tra i reparti simbolo delle Israel Defense Forces, oltre a essere il corpo che ha subito le maggiori perdite il 7 ottobre. Lo ha fatto soprattutto perché ha messo a nudo la vulnerabilità del Paese di fronte agli attacchi con velivoli senza pilota.

A colpire la base sarebbe stato uno Shahed-107, con un raggio di volo di 100 km e un’apertura alare di 1,5-2 metri: era teleguidato, ma era dotato di un Gps che gli ha consentito di centrare con precisione l’obiettivo. Un modello, dicono gli analisti, che è riuscito a bucare le difese decine di volte nell’ultimo anno. Il motivo: Israele ha un sistema capace di individuare e intercettare missili in grado di viaggiare a una velocità superiore a 1.600 km l’ora, ma i suoi radar hanno riscontrato difficoltà nell’individuare velivoli senza pilota che a volte si spostano a meno di 160 km/h. Questo perché spesso contengono meno metallo e sviluppano meno calore rispetto ai missili o ai razzi. A volte, poi, anche se rilevati, i droni vengono scambiati per aerei israeliani, compresi piccoli velivoli privati, che si muovono a quote e velocità simili.

Hezbollah ha intuito la debolezza e la sfrutta. Lo ha fatto a maggio centrando il pallone da ricognizione Tal Shamayim nella Bassa Galilea, un edificio a Herzliya alla vigilia dello Yom Kippur e la città drusa di Hurfeish nel nord di Israele a giugno. E non se n’è accorto solo il Partito di Dio: a luglio, gli Houthi dallo Yemen hanno colpito un palazzo a Tel Aviv, uccidendo un civile. In questo caso, poi, il partito sciita sembra aver adottato una nuova tattica: secondo l’Idf, i miliziani hanno lanciato un’offensiva combinata di droni, razzi e tre missili di precisione contro Haifa nello stesso momento in cui hanno lanciato lo Shahed-107 che ha colpito a Binyamina. La Marina e Iron Dome hanno intercettato due droni vicino a Nahariya e Acri ma hanno perso le tracce dello Shahed, finito poco dopo contro la base.

Da domenica le chat militari sono in subbuglio: “Dopo il colpo inflitto alla Brigata Golani – si legge in un canale frequentato da soldati su Telegram – il ministero della Difesa sta conducendo un esperimento con tutte le industrie di sicurezza del Paese per trovare soluzioni tecnologiche per intercettare i droni. Le soluzioni che soddisfano le condizioni di soglia nella fase di dimostrazione passeranno allo sviluppo accelerato e alla prova operativa. In questa competizione, le aziende hanno presentato prototipi di sistemi di intercettazione e illustrato le loro capacità”. Dopo averne analizzato i risultati, il Ministero “selezionerà una serie di tecnologie che entreranno nello sviluppo e nella produzione accelerata. Obiettivo: introdurre nuove capacità operative per intercettare i droni entro qualche mese“.

Un vulnus importante per uno Stato impegnato in due guerre – nella Striscia di Gaza e in Libano – e in quello che ha tutta l’aria di essere un incipiente conflitto diretto con l’Iran. Per rafforzare le sue difese, dagli Stati Uniti in queste ore è arrivata a Tel Aviv una batteria di Terminal High-Altitude Area Defense, in gergo Thaad, insieme a una squadra di ingegneri per installarla e farla funzionare. Si tratta di uno dei sistemi di difesa più avanzati e costosi al mondo, basato su intercettori in grado di distruggere i missili balistici: ogni missile costa decine di milioni di dollari e una batteria ne contiene 48. Ma la questione è più complessa, perché alla vigilia dell’attacco a Teheran e in previsione di una sua risposta i tre sistemi che finora hanno tenuto in relativa sicurezza il Paese – Iron Dome che intercetta razzi e droni lanciati da Gaza, David Sling che blocca i missili più pesanti in arrivo dal Libano e Arrow che ferma i balistici dall’Iran – potrebbero non bastare. Israele, riporta il Financial Times, sta affrontando una “carenza critica” di missili intercettori.

“Il problema è serio – ha spiegato una fonte al Ft – se l’Iran risponde all’attacco e Hezbollah si unisce, le difese aeree di Israele saranno messe a dura prova”. Senza contare che gli Stati Uniti non possono continuare a rifornire Ucraina e Israele allo stesso ritmo: Washington non ha dato cifre, ma secondo il progetto Costs of War della Brown University dopo il 7 ottobre ha speso in Medio Oriente 4,86 ​​miliardi di dollari solo in operazioni militari dirette, escluse quindi le forniture di armamenti a Tel Aviv. Uno dei problemi principali, poi, sono i tempi di produzione: “Alcune delle nostre linee lavorano 24 ore su 24, sette giorni su sette”, ha spiegato al quotidiano Boaz Levy, amministratore delegato dell’azienda che produce gli intercettori Hatz. Ma produrli “non è questione di giorni”.

Intanto i sistemi si sono dimostrati già in affanno. Mentre secondo dati Idf nell’attacco iraniano del 14 aprile è stato raggiunto un tasso di intercettazione del 99% dei 170 droni, 30 missili da crociera e 120 missili balistici scagliati da Teheran, Arrow avrebbe avuto meno successo nel respingere l’offensiva del 1° ottobre sferrata con oltre 180 balistici e che ha danneggiato diverse strutture militari.

Community - Condividi gli articoli ed ottieni crediti
Articolo Precedente

Canada, Giubbe rosse contro Indiani. Come l’omicidio di un dissidente Sikh ha scatenato la guerra diplomatica tra Ottawa e Nuova Delhi

next
Articolo Successivo

Nati fuori dal matrimonio, allontanati dalle madri e dati in adozione negli Stati Uniti: così il Vaticano rese “orfani” migliaia di bambini

next