Diritti

“Mio figlio autistico senza sostegno alla scuola materna. E se fa del male a se stesso o agli altri bambini?” – Le denunce dei genitori

Ore scoperte, solitudine e timori per la sicurezza in classe. Più di un mese dopo l’inizio dell’anno scolastico, le testimonianze delle famiglie di alunni e alunne con disabilità raccontano le difficoltà e gli ostacoli che sono costretti ad affrontare ogni giorno. Elisa, 10 anni, è senza assistenza durante le ore della mensa. Matias, 11, si presenta sempre in ritardo perché gli educatori sono troppo pochi e non possono andarlo a prendere prima. Antonio, studente di seconda elementare, “passa la maggior parte delle mattine in solutidine”. La prof di sostegno di Maria Teresa è in maternità e per ora non è stata assegnata una supplente. Diego ha 5 anni e disturbi dello spettro autistico: non ha ancora un insegnante che lo segua personalmente e i genitori temono per la sicurezza, la sua e quella degli altri bambini.

“A mia figlia Elisa non viene data l’assistenza educativa durante l’orario della mensa” – Rebecca, madre di due figli, vive l’inizio di quest’anno scolastico con “angoscia” e non per mancanza di sostegno in classe, ma per l’assenza di assistenza in mensa. Vuole sensibilizzare l’opinione pubblica anche su questo aspetto particolare dell’inclusione scolastica per gli alunni non autosufficienti. Abita in Valsassina (provincia di Lecco) da sola con due figli, di cui una che si chiama Elisa, 10 anni, e che ha una grave disabilità cognitiva comportamentale con impulsività forte e una malattia rara. Elisa frequenta la quinta elementare e finora ha sempre avuto l’assistenza con una copertura completa, anche per la mensa. Quest’anno ha cambiato scuola e le è stata negata l’assistenza educativa durante i pasti, invece il sostegno assegnatole dal Pei è il massimo previsto per il suo caso con 22 ore settimanali. “La mensa è un momento assai critico per la bambina che non riesce a controllarsi. L’assistenza sarebbe una tutela non solo per mia figlia, ma per tutti gli altri bambini. Si parla solo di 2 ore e 40 minuti a settimana”, racconta Rebecca, “oltretutto i momenti destrutturati sono quelli più a rischio per le diagnosi come quelle di Elisa. Vivo con forte preoccupazione questa situazione”. E nel frattempo Elisa resta scoperta. “C’è già stato un incidente in mensa passato inosservato”.

“Mancano gli insegnanti sul sostegno e gli educatori e il trasporto ci arriva sempre con un’ora di ritardo” – Matias ha 11 anni, è un bambino autistico di livello tre (il massimo di gravità) non verbale ed è anche epilettico. A Milano frequenta un istituto che nella sua mission prevede un’attenzione “particolare” per gli alunni con disabilità. Vive a Corsico insieme alla mamma Mirela. “Matias continua a fare solo mezza giornata in classe perché non ci sono insegnanti specializzati sul sostegno ed educatori specializzati dedicati alla sua assistenza in un rapporto di 1 a 1”, racconta a ilfattoquotidiano.it la madre caregiver. “La situazione non si sa ancora per quanto andrà avanti, ci dicono che potrebbe sbloccarsi entro fine ottobre, ma non è sicuro. Mio figlio intanto frequenta solo tre ore al giorno e siamo costretti a vivere nell’incertezza”. Mirela, inoltre, sottolinea il disagio che ogni giorno sono costretti a subire. “Il trasporto scolastico, di competenza del Comune, per noi fondamentale perché abitiamo distanti dalla scuola, ci arriva con un’ora di ritardo perché non hanno operatori disponibili prima delle ore 9, costringendo oltretutto a far perdere anche un’ora di terapia essenziale per la qualità di vita di Matias. E’ davvero pesante dover subire tutto questo”, afferma Mirela, “bambini in situazione di fragilità dovrebbero essere maggiormente tutelati e invece ci sentiamo abbandonati”.

“Il Pei prevede 22 ore di sostegno in classe, ce ne danno solo la metà” – “Le istituzioni si riempiono la bocca di inclusione e pari diritti per tutti ma poi nella pratica la realtà è molto diversa. Basta continuare a colpire i bambini con grave disabilità”. A dirlo è Sofia, mamma di Antonio, bambino con gravissima disabilità (art.3 comma 3) di sette anni che frequenta la seconda elementare nella provincia di Reggio Emilia. Si è visto drasticamente ridurre le ore di sostegno, per lui fondamentali sia per una mediazione didattica sia a livello relazionale con i compagni. “Antonio è un bambino che nonostante le sue fragilità ha grandi competenze che possono essere rafforzate e implementate”, spiega Sofia. “Giorno dopo giorno però con la mancanza dell’insegnante di sostegno Antonio è costretto a passare la maggior parte della sua mattinata in solitudine e senza un mediatore, vedendosi così negare il diritto allo studio e all’inclusione”.

“Ci hanno assegnato una docente sul sostegno in maternità e mia figlia è scoperta” – Laura abita a Cercola, in provincia di Napoli e ha una figlia, Maria Teresa, con disabilità intellettiva di 12 anni che frequenta la seconda superiore. “Mia figlia ha la necessità di utilizzare il tablet perché ha serie difficoltà a scrivere e ho dovuto ricordare alla Dirigente scolastica che esiste un regolamento che obbliga per legge ad autorizzarne l’uso in classe, in particolare per determinati alunni in situazione di fragilità”, dice a ilfattoquotidiano.it Laura. Oltre a questo, c’è anche un’ulteriore criticità che va a ledere il diritto allo studio della minore. “A mia figlia”, denuncia Laura, “è stata assegnata come prevede il suo PEI una docente specializzata di sostegno ma che al momento risulta essere in maternità di sette mesi e siamo rimasti scoperti senza un’adeguata soluzione alternativa”. Per insegnare alla figlia a leggere, scrivere e fare i conti, Laura ha dovuto fare corsi di formazione privati, studiare e creare personalmente del materiale adatto alle sue esigenze e infine portarla da un luminare in materia di didattica inclusiva che segue ancora oggi Maria Teresa. “Non credo che sia fattibile per tutti i genitori seguire i passi da me fatti sia in termini di tempo, conoscenze e dal punto di vista economico”, afferma. “Mi domando”, conclude Laura, “come organizzano le assegnazioni dei posti sul sostegno? Dovrebbero avere un’attenzione particolare visto il tipo di bisogni certificati. Ogni anno sempre gli stessi problemi annunciati. Ad oggi siamo ancora in attesa di una docente specializzata sul sostegno in sostituzione, cosi ci costringono a vivere in un limbo inaccettabile”.

“Mio figlio autistico di 5 anni lasciato senza sostegno alla scuola materna. Siamo estremamente preoccupati” – Non solo diritti negati nella scuola primaria e secondaria, ma l’assenza di inclusione scolastica succede anche nella scuola dell’infanzia. E’ il caso di Diego, bambino di 5 anni con disturbi dello spettro autistico certificati dalla Asl all’età di due anni e mezzo, che frequenta l’ultimo anno della scuola materna da quasi un mese senza nessun docente specializzato sul sostegno. “Diego ha una certificazione di massima gravità articolo 3 comma 3 e va in una scuola municipale dell’infanzia in centro a Napoli ma senza nessun tipo di assistenza e sostegno. Ho scritto a tutti gli organi competenti ma non ho ricevuto alcuna risposta”. A denunciarlo è il padre Angelo Spulsi. “La maestra di ruolo finora sta dando il massimo, ma senza le competenze idonee e un bagaglio di professionalità specifiche per gestire un bambino con la forma più grave di autismo c’è poco da stare tranquilli. Che succede se il bambino si fa male o fa male ad altri bimbi in maniera grave?”, domanda Spulsi. Ogni giorno i genitori di Diego vivono una fortissima apprensione, sperando nell’arrivo il prima possibile del docente specializzato sul sostegno. “Dalla scuola ci hanno fatto capire, senza nessun documento ufficiale, che probabilmente l’insegnante specializzato arriverà non prima di novembre e al momento Diego è senza assistenza quasi abbandonato a se stesso. Le istituzioni”, conclude il papà, “si riempiono spesso la bocca di tante belle parole e celebrazioni il 2 aprile in occasione della Giornata mondiale sull’autismo, ma poi si ripetono spesso vicende come questa di Diego e nessuno fa nulla per risolverle. Noi non ci stiamo e vogliamo dire chiaramente che questa è una discriminazione sulla pelle di un bambino di soli 5 anni e in situazione di estrema fragilità”.