“Abbiamo dimostrato, attraverso una ricerca iniziata quattro anni fa, che le scomparse di Emanuela Orlandi e Mirella Gregori siano due casi separati”: ne è pienamente convinta la criminologa investigativa Roberta Bruzzone che ha analizzato la vicenda della 15enne scomparsa in via Nomentana a Roma il 7 maggio del 1983. Nel libro firmato insieme a Roberta Catania, Margherita Di Biagio e Laura Genovesi dal titolo “Viaggio in un’indagine imperfetta. Studio e analisi degli atti” – in uscita oggi per Mursia editore – la nota psicologa forense parta dall’analisi dei diari di Mirella e di tutti gli atti di indagine.
Perché Mirella Gregori è stata indicata come “l’altra Emanuela”?
“Qualcuno ha tentato di riunire i destini di Mirella ed Emanuela per creare un velo oscuro su entrambe. Nel volume affrontiamo tutto e dimostriamo che non c’è minimo collegamento tra i due casi di scomparsa e che averli accomunati è stata solo un’opera di suggestione per far credere ci fosse una mano comune. Nessuno gestisce un sequestro senza fare subito delle richieste, è fuori da ogni logica. Hanno ricostruito uno scenario arzigogolato che si è solidificato quando poi è arrivato l’avvocato Gennaro Egidio (legale delle famiglie Orlandi e Gregori, ndr). Ci sono dei passaggi dell’inchiesta che ci hanno fatto saltare dalla sedia. Per esempio, non si capisce come finiscano in Vaticano e poi nelle mani di Egidio delle foto di Mirella private. Foto normali, di una gita scolastica ma come siano arrivate a loro nessuno lo sa. Foto che neanche le famiglie avevano e che sono state usate per solidificare la pista del Vaticano. Poi, il primo collegamento tra le due ragazze viene rivendicato ad agosto: tre mesi dopo la sparizione di Mirella salta il telefonista che fa credere che fosse lo stesso rapitore di Emanuela”.
Però quando telefonarono al bar dei genitori in via Volturno, i presunti rapitori elencarono gli indumenti che indossava Mirella quel giorno, secondo quanto dice la sorella di Mirella…
“Peccato che però, come risulta dagli atti che insieme al mio team ho studiato e che non sono mai stati analizzati prima, questi indumenti non corrispondano a quelli inizialmente descritti agli inquirenti dalla madre di Mirella, la signora Maria Vittoria Arzenton. Su Mirella, più che dare informazioni i “rapitori” cercavano di ottenerle e la storia dei vestiti è stata un grande equivoco. Lì per lì, la sorella Maria Antonietta confermò la lista degli indumenti elencati ma non erano gli stessi indicati da sua madre nell’immediatezza della scomparsa. Ma Maria Antonietta la sorella non l’ha neanche vista quel giorno. Questo è il solo elemento che unisce i due casi in questa storia ed è una suggestione”.
Lei crede che Mirella sia stata rapita?
“No. Per me si tratta senza dubbio di un omicidio con soppressione di cadavere. Dai diari della ragazza è emerso un profilo vittimologico preciso. Quel giorno, qualcosa è andato oltre le intenzioni del soggetto che ha incontrato che non era di certo uno sconosciuto. Qualcosa di non prevedibile a cui Mirella si è sottratta. Sarà stata poi aggredita in seguito a questo suo rifiuto, è stata uccisa e il suo corpo è stato occultato. Questa è la nostra teoria che però viene fuori da una ricerca lunga e faticosa. Purtroppo non è che sia stata fatta questa gran ricerca di Mirella all’epoca, nessuno l’ha cercata in maniera puntuale nelle prime settimane e pochissime persone furono sentite dagli inquirenti. Per questo ho dedicato il libro a quei pochi che l’hanno cercata”.
Quale è il ruolo di Sonia De Vito, la migliore amica di Mirella e l’ultima persona ad averla vista in vita?
“Ci siamo concentrati molto su Sonia (ascoltata anche dalla commissione di inchiesta che indaga su Mirella, ndr), la sua è una figura controversa in questa storia. Quel giorno, Mirella prima di andare all’appuntamento andò al bar sotto casa di proprietà della famiglia di Sonia e le due ragazze parlarono fitto tra loro per 15 minuti. Improbabile che questa chiacchierata intima non riguardasse la persona che Mirella doveva incontrare. Credo che Sonia le abbia retto il gioco, potrebbe aver citofonato lei quel giorno per darle una scusa per uscire di casa, non lo escludiamo. Mirella disse a sua madre che al citofono era il suo compagno delle medie Alessandro (De Luca, ndr) ma lui era altrove con altri tre ragazzi. Ma purtroppo riscontri sugli alibi dei quattro non ce ne sono, e dalle loro testimonianze dell’epoca emergono delle discrasie. Parlo di riscontri oggettivi. Le versioni dei quattro non sono identiche e coincidenti. De Luca ha un alibi per quel giorno ma è confermato solo dagli altri tre, era il caso di approfondire”.
Crede che la commissione parlamentare di inchiesta che indaga su Mirella possa arrivare alla verità?
“Sono passati tanti anni, è un’indagine in salita e pensare di risolverla non è facile. Si tratta di sentire le persone di cui Mirella parla nei suoi diari e che abbiamo indicato su fatti di 41 anni fa. Non possiamo non creder loro se dicono di non ricordare tutto. Il tempo è un limite difficilmente superabile in questi casi a pista fredda. Ci sono aspetti che andavano raccontati subito e che se affrontati avrebbero aiutato a risolvere il caso”.
Al di là del suo profilo di vittima, che ragazza era Mirella?
“Da quanto emerge da un’analisi dettagliata dei suoi diari, Mirella era una ragazza diffidente. Abbiamo imparato a conoscerla: si fidava poco e se un’amicizia perdeva quota ci restava malissimo. Ma una volta che si fidava di qualcuno costruiva una relazione autentica. Era molto focalizzata su fiducia e confidenza nei rapporti con gli altri. Era una ragazza degli anni ‘80 nel pieno della sua fase trasognante. Pulita, innamorata dell’amore e senza grilli per la testa. Aveva un approccio verso le persone timoroso e riservato. Era una brava ragazza ma attratta da amori travolgenti e per questo era a rischio se incontrava la persona sbagliata. Quel giorno ha incontrato qualcuno che conosceva, non un soggetto sconosciuto soggetto. Questo c’è alla base della sua triste vicenda e ci sono dei nomi nei suoi diari da approfondire e che potrebbero racchiudere la verità su Mirella”.
Se per assurdo Mirella Gregori non fosse scomparsa negli anni ’80 ma nel 2024?
“Oggi, l’avremmo ritrovata anche se presumibilmente non in vita”.
L’ESTRATTO IN ESCLUSIVA
All’alba dell’8 maggio la città di Roma è in fermento. Nel pomeriggio deve disputarsi Genoa-Roma, la penultima partita del campionato 1982/83 che vede la Roma di Nils Liedholm capolista e un gran numero di tifosi che, già alle pri- me ore del mattino, si mette in marcia per recarsi a Genova. La partita si conclude con un pareggio che non impedisce alla squadra giallorossa di essere proclamata campione d’Italia. Alle 17.45, dopo il fischio finale, sull’erba del Marassi si riversano centinaia di tifosi in festa. Nel medesimo istante, a circa quattrocento chilometri, nella Capitale, dal centro alla periferia fin dentro i vicoli, un fiume di gente inonda strade. Colonne di macchine che scaricano i clacson e paralizzano la circolazione, mentre i tifosi a piedi, in un tripudio di striscioni e bandiere, inneggiano alla Roma improvvisando cori, canti e balli. È il caos più totale che tinge la città eterna dei colori della squadra più amata. In questo contesto di euforia e di gioia, le forze dell’ordine sono impegnate nel presidio delle strade e nel contenimento della folla. Mirella è scomparsa da appena ventiquattro ore. Il clima euforico nei giorni seguenti non accenna a diminuire. Il 15 maggio, giornata dell’ultima partita di campionato, quel fiume di gente si dà appuntamento al Circo Massimo per i festeggiamenti si conteranno circa trecentomila persone. Sono trascorsi otto giorni dalla scomparsa. Una goccia di disperazione in quel mare di festeggiamenti. È ipotizzabile che un tale subbuglio abbia influito negativamente sulle prime indagini? Noi riteniamo di sì.