Società

Obiettori israeliani e attiviste palestinesi insieme in Italia: per fermare la guerra bisogna non farla

Mentre nessuna organizzazione internazionale sembra essere in grado di fermare la violenza cieca dell’esercito israeliano, che dopo oltre 42.000 vittime palestinesi tra Gaza e Cisgiordania invade il Libano, attacca le basi Unifil, colpisce la Croce Rossa, cerca la guerra con l’Iran; mentre nessun governo occidentale, anche apparentemente dissentendo in pubblico con le sue scelte belliche, si decide in verità a interrompere l’invio di armi al governo di Netanyahu; mentre da oltre un anno grandi manifestazioni in ogni parte del mondo, e nella stessa Israele, non riescono a spezzare la spirale di violenza e di odio; mentre accade tutto questo c’è chi trova il coraggio di resistere dal basso, proprio dentro il cuore di tenebra della guerra, rifiutando la logica della violenza, del nemico e dell’odio: ha il volto di giovanissimi israeliani che rifiutano il servizio militare e di altrettanto giovani palestinesi impegnati nella resistenza nonviolenta.

In Israele è attiva la rete Mesarvot, composta da giovani israeliani obiettori di coscienza al servizio militare, che fornisce sostegno a ragazze e ragazzi durante tutto il percorso dell’obiezione, che prevede lunghe detenzioni nelle prigioni militari, offrendo assistenza legale, tutoraggio da parte di ex obiettori e informazione sui media. Nella società israeliana sempre più militarizzata e violenta, che mette brutalmente a tacere le voci che contestano la narrazione bellicista dominante, i giovani di Mesarvot sono solidali con i palestinesi e si oppongono al regime di occupazione, protestando contro la guerra con manifestazioni congiunte israelo-palestinesi in tutto il Paese.

Gli obiettori di coscienza oggi chiedono un accordo sugli ostaggi, la fine del genocidio a Gaza, la fine della guerra in Medioriente e il raggiungimento di una soluzione diplomatica. Con le loro azioni gli attivisti di Mesarvot incoraggiano i giovani israeliani a mettere in discussione l’occupazione e la guerra, portando l’attenzione sui crimini commessi dall’esercito, chiamandoli ad assumersi la responsabilità personale di disobbedire al governo.

In Palestina, tra i diversi gruppi di resistenza nonviolenta, è attivo il Community Peacemaker Teams (Cpt), un’organizzazione di base presente in più Paesi, che lavora per trasformare la violenza e l’oppressione, sostenendo in Palestina la resistenza nonviolenta contro l’occupazione israeliana, in particolare nell’area H2 della Cisgiordania, nella città di Al-Khalil/Hebron e nelle colline meridionali di Hebron, fin dal 1995. Cpt è un movimento di palestinesi di diversa provenienza che lavora per la giustizia e l’uguaglianza in Palestina: attraverso decenni di ferma resistenza all’occupazione israeliana, gli attivisti svolgono un lavoro multirazziale, multietnico e multireligioso contro le diverse forme di oppressione, incentrato sulla liberazione della comunità locale.

Un aspetto del lavoro del Cpt è il monitoraggio della situazione ai posti di blocco mentre i bambini attraversano il confine per andare a scuola, documentando le continue violazioni dei diritti umani che pubblicano anche per le Nazioni Unite. Il loro impegno è raccontato nel docufilm Light, co-finanziato anche dal Movimento Nonviolento.

Ed è proprio il Movimento Nonviolento che ha organizzato, all’interno della Campagna internazionale di Obiezione alla guerra e in collaborazione con le organizzazioni Mesarvot e Cpt, un tour congiunto nel nostro paese di obiettori di coscienza israeliani e di attiviste palestinesi.

Dal 15 al 27 ottobre sono presenti in incontri pubblici e istituzionali in diverse città d’Italia gli israeliani Sofia Orr e Daniel Mizrahi – la prima obiettrice di coscienza, che nel febbraio 2024 ha rifiutato di arruolarsi per il servizio militare obbligatorio nell’Idf ed è stata ripetutamente condannata al carcere militare; il secondo figlio di coloni ebrei nei territori occupati, che ha deciso di rifiutare di arruolarsi nell’esercito israeliano in quanto pacifista e oppositore dell’apartheid, finendo a sua volta in carcere – e le palestinesi Tarteel Al-Junaidi e Aisha Omar – la prima attivista per i diritti umani e il cambiamento sociale con mezzi pacifici, si occupa di difendere i diritti dei palestinesi e di sostenere i diritti delle donne e i movimenti giovanili; la seconda, nata e cresciuta nella Territori Palestinesi Occupati, ha vissuto in prima persona l’oppressione dell’occupazione israeliana e due anni fa ha iniziato a fare volontariato con Mesarvot per sostenere gli obiettori israeliani e far conoscere ai palestinesi il loro attivismo contro la guerra e l’occupazione.

Il tour pacifista ha inizio a Milano, con la conferenza stampa del 16 ottobre, attraversa l’Italia con tappe a Verona, Bologna, Parma, Reggio Emilia, Firenze, Roma e Bari, che prepara attivamente la Giornata di mobilitazione nazionale del 26 ottobre organizzata da Rete Italiana Pace e Disarmo. Perché, come ha scritto Carlo Rovelli nella dichiarazione di adesione personale alla Campagna di Obiezione alla guerra, “per cessare il fuoco bisogna non sparare, per fermare la guerra bisogna non farla”: è esattamente l’impegno dei giovani obiettori di coscienza israeliani e delle giovani attiviste nonviolente palestinesi.