Premiata in Italia dal mercato (+14% nei primi nove mesi dell’anno), bacchettata dal Tribunale di Torino, al quale si erano rivolte per un’azione inibitoria Codacons, Associazione Utenti dei Servizi Radiotelevisivi e Adusbef. Citroen è ancora alle prese con i richiami degli airbag Takata, quelli che sono costati la vita a oltre 60 persone, la bancarotta all’azienda giapponese e il ritorno in officina a oltre 100 milioni di veicoli nel corso degli anni a livello planetario.

Le organizzazioni che rappresentano i consumatori (in maggio Codacons aveva anche annunciato una class action) hanno parlato di una “grande vittoria”, che sottolinea come “la responsabilità sociale delle grandi imprese non sia solo nella qualità della produzione e nella vendita dei prodotti, ma anche e in primis nell’intervenire immediatamente nel caso di criticità che mettono in grave pericolo la sicurezza e la salute degli utenti”.

I giudici hanno imposto al costruttore – Groupe PSA Italia SpA, che fa parte della galassia Stellantis, il gruppo nato dalla fusione tra FCA e PSA – di “cessare le condotte omissive poste in essere in pregiudizio dei clienti”, disponendo una serie di misure per eliminare i problemi e prevedendo anche sanzioni pecuniarie tra 50 e 20.000 euro al giorno in caso di ulteriori ritardi. Malgrado i richiami fossero cominciati già nel 2020, la Corte ha rilevato come in Italia si sia atteso “fino alla fine del 2023 sulla base di studi scientifici che alla prova dei fatti si sono rivelati inattendibili”. I cuscinetti salvavita potenzialmente difettosi (non è detto che tutti lo siano, ma vanno comunque sostituiti) possono “esplodere” con il rischio di colpire le persone a bordo con frammenti capaci di schizzare “alla stregua di proiettili”.

Nel Belpaese circolano ancora oltre 40.000 veicoli (tra C3 fabbricate tra il 2009 e il 2017 e DS3 prodotte fra il 2009 e il 2019) con gli airbag incriminati. La filiale nazionale si era attivata negli scorsi mesi anche con una campagna “Stop Drive” (smetti di guidare), invitando i proprietari a mettersi in contatto con la propria rete. Aveva avvisato di aver mobilitato i “5.000 concessionari per effettuare la riparazione e offrire auto di cortesia in caso di necessità”, in entrambi i casi senza costi.

L’iniziativa non è bastata alle associazioni, cui il Tribunale ha dato sostanzialmente ragione, imponendo al Doppio Chevron una serie di provvedimenti. Ossia individuare i proprietari che non hanno dato segni di ricezione della raccomandata, avvisare gli utenti della possibilità di disporre di un’auto sostitutiva e metterla eventualmente a disposizione gratuitamente “entro 7 giorni” dalla richiesta (anche mediante un buono per un veicolo in condivisione: il gruppo ha una società che si occupa anche di questo), cambiare gli airbag non oltre il prossimo 31 gennaio 2025 e pubblicare annunci su quotidiani e testate on line.

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