Era pienamente capace di intendere e di volere Alessandro Impagnatiello quando, il 27 maggio 2023, uccise con 37 coltellate la fidanzata incinta di sette mesi Giulia Tramontano, 29 anni, nella loro casa a Senago, nel Milanese, e il cui corpo venne trovato quattro giorni dopo in un’intercapedine vicino ad un box. È la conclusione dello psichiatra forense Pietro Ciliberti e il medico legale Gabriele Rocca nella perizia disposta e depositata nel processo a carico del 31enne ex barman. La difesa sosteneva che era affetto da un disturbo della personalità di tipo “paranoide”. L’uomo aveva confessato, lo scorso 27 maggio esattamente un anno dopo il femminicidio, come aveva aggredito la fidanzata a cui aveva dato anche il topicida perché abortisse. Impagnatiello, accusato di omicidio volontario aggravato dalla premeditazione, dalla crudeltà, dai futili motivi e dall’aver ucciso la convivente, di interruzione di gravidanza non consensuale e di occultamento di cadavere, rischia la condanna all’ergastolo, dopo che ora è stato anche accertato che non ha vizi di mente.

La perizia – L’imputato, secondo gli esperti, ha “tratti di personalità narcisistici e psicopatici”, ma non psicopatologici, ha ricostruito la dinamica dell’omicidio della fidanzata Giulia Tramontano con “piena lucidità, senza confusione” e, secondo la sua logica, non poteva “accettare lo ‘smascheramento” della sua doppia vita e ha manifestato “una dimensione ‘rabbiosa’”. I periti nella relazione depositata alla Corte d’assise di Milano evidenziano anche come nella sua “storia sociale e professionale” non c’erano problemi di “natura psichica”.

Nelle conclusioni della perizia gli esperti annotano che nemmeno dai colloqui, nel corso dell’accertamento, sono “emersi elementi che consentono di ipotizzare anomalie” psichiche. Impagnatiello è stato anche “capace” di adattarsi alla vita in carcere, salvo uno “screzio ansioso-depressivo”. Quei tratti narcisistici e psicopatici, scrivono i periti, configurano il suo “modo di essere nel mondo“, dove ha avuto “storie sentimentali stabili, adattamento lavorativo e capacità di inserirsi” pure nel “contesto detentivo”. Nemmeno in relazione all’omicidio e a quel periodo ha mostrato “angoscia persecutoria” e “convinzioni deliranti”. Periti che non concordano affatto con i consulenti della difesa che parlano di “grave paranoia”.

Per gli esperti, il 31enne ha dimostrato una “intolleranza alla perdita affettiva, intesa come ferita narcisistica per l’abbandono vissuto come un’offesa ed al contempo come una umiliazione”. E allo stesso tempo “piena consapevolezza” di ciò che ha fatto e ha giustificato le sue azioni come “sfuggite al controllo” nella relazione con Giulia, per lui “foriera di stress”. L’omicidio per lui è stato, dunque, la “rappresentazione finale di un’emotività distruttiva che ha anche ‘guidato’ le precedenti condotte delittuose”, ossia la somministrazione alla 29enne nei mesi precedenti di un topicida e “l’occultamento” del corpo. I tratti psicopatici si manifestano, si legge ancora, nel “prevaricare l’altro” e nel “manipolare gli eventi”. Non riusciva, stando alla sua logica, ad “andare avanti in modo diverso” rispetto alle “proprie attese”. I suoi aspetti di personalità, concludono i periti, “non sono stati indifferenti alla genesi e alla dinamica” del delitto, ne sono stati la “premessa”, ma non ci sono state “alterazioni psicopatologiche”.

Ero un vaso completamente saturo di bugie e di menzogne” – “Ho voluto credere di essere pazzo, ma non penso di esserlo”, aveva detto nell’interrogatorio in aula il 31enne davanti ai giudici della Corte d’assise di Milano (togati Bertoja-Fioretta), che hanno disposto la perizia nell’udienza del 10 giugno e che sarà discussa in aula il 21 ottobre. “Ero un vaso completamente saturo di bugie e di menzogne”, aveva aggiunto, difeso dalle legali Giulia Geradini e Samanta Barbaglia, l’ex barman di un hotel di lusso a Milano, che conduceva una vita parallela, portando avanti una relazione anche con un’altra giovane, che aveva incontrato Giulia qualche ora prima che fosse ammazzata.

La procuratrice aggiunta Letizia Mannella e la pm Alessia Menegazzo, con la consulente psichiatra forense Ilaria Rossetti, hanno sempre sostenuto la piena capacità di intendere e volere dell’imputato, così come i familiari di Giulia, con l’avvocato Giovanni Cacciapuoti, che ha nominato gli psichiatri Salvatore De Feo e Diana Galletta.
Lo psichiatra Raniero Rossetti, invece, che aveva firmato la consulenza difensiva, aveva sottolineato come l’ex barman si sentisse come uno “scacchista che doveva tenere sotto controllo tutti i movimenti della scacchiera”, attraverso le bugie e gli inganni alle due donne. “Lui mirava a sopprimere il feto, che rappresentava una variabile nella sua scacchiera. Ciò che non riusciva a controllare era proprio il nascituro”, aveva scritto il consulente dei difensori. La requisitoria dei pm nel processo milanese si terrà in un’udienza a novembre, dopo la discussione della perizia il 21 ottobre.

Community - Condividi gli articoli ed ottieni crediti

MANI PULITE 25 ANNI DOPO

di Gianni Barbacetto ,Marco Travaglio ,Peter Gomez 12€ Acquista
Articolo Precedente

Daphne Caruana Galizia, due riflessioni sul giornalismo a partire dalla sua tragica morte

next
Articolo Successivo

“Auto blu usata per fini privati”: chiesto il processo per Gianfranco Miccichè. Prima udienza il 6 novembre

next