Economia & Lobby

La manovra di bilancio per il 2025 è sfascista: aumenta il debito e mina lo Stato sociale

Il ministro Giorgetti ha svelato le misure della prossima manovra di bilancio per il 2025. Che giudizio possiamo darne a caldo, prima di avere i documenti ufficiali con tutti i conti? A prima vista possiamo dire che si tratta di una manovra sfascista, sia sul piano economico che su quello sociale. Sul piano economico perché il debito aumenterà, e quindi nessuna prudenza fiscale, sul piano sociale perché le grandi istituzioni che reggono lo stato sociale sono ancora una volta colpite pesantemente. Se poi qualche malizioso pensa che sfascista si possa declinare come s-fascista, questa è una questione semantica che lascio a persone più preparate.

Le truppe nazional-sfasciste, con un discreto supporto popolare, stanno ormai vincendo la loro guerra contro lo stato sociale, travestita furbescamente da guerra alle tasse. Tutti i presidi fiscali, le vie di rifornimento dei servizi pubblici, sono sotto assedio o sono già caduti. La bandiera della privatizzazione, il mantra del movimento nazional-sfascista, sventola in molte parti. In particolare, dopo due anni di assedio è caduta una delle sedi più importanti, la cittadella Inps. Il governo con la manovra 2025 ha deciso di rendere definitivi gli sgravi contributivi per i lavoratori dipendenti, creando così un debito per l’istituto di previdenza di circa 7 miliardi l’anno, da qui e per sempre. Questi contributi non solo mancheranno ora ma saranno anche utili per le future pensioni, originando quindi un debito doppio, presente e futuro. Oggi le casse dell’Inps sono quasi vuote e l’istituto si regge solo sull’Irpef pagata dai pensionati, Irpef che però dovrebbe servire a finanziare i servizi pubblici di cui godono. Il ministro Giorgetti, giustamente per molti aspetti, si è indignato di fronte al bonus edilizio del 110% che ha stoppato. Invece rimane in silenzio, e anzi plaude, al suo buco di bilancio targato Inps del 200%, quindi ben peggiore. In questo modo ha superato, e di molto, la fantasia e follia fiscale grillina.

Che siamo di fronte al caso di persona che non comprende bene quello che fa o spudoratamente mente? Non saprei. Comunque i bravi cittadini che oggi plaudono ai 50-60 euro in più in busta paga, sindacati compresi, devono ricordarsi che dovranno restituire la somma ora ricevuta con pensioni forzatamente ridotte. L’economia non fa sconti. Oppure spenderli, e questa è l’ipotesi più probabile, per comprarsi la pensione integrativa privata. Credo sia questo lo scopo occulto dei leader sfascisti. Oggi la spesa per la previdenza è la principale fonte di preoccupazione per i bilanci pubblici in tutto il mondo, a causa dell’invecchiamento della popolazione, ma non nell’Italia sfascista che procede con gli occhi bendati verso un baratro ampiamente annunciato.

Se il fronte Inps è caduto facilmente perché si spendono soldi futuri, infuria invece la battaglia per conquistare da parte delle truppe nazional-sfasciste l’altra formidabile fortezza dello stato sociale, l’Irpef. Anche questa cittadella è da anni sotto assedio da parte della classe politica, ma si rifiuta strenuamente di soccombere alle truppe nazional-sfasciste dell’aliquota unica, o delle due aliquote. Vuole rimanere tenacemente progressiva per poter sostenere i servizi pubblici, anche perché ci sarebbe un vincolo costituzionale. L’Irpef nel tempo però è cambiata in qualità e in quantità. È stata per così dire sfigurata e non è più quella del 1973, ma rimane ancor un bastione fiscale fondamentale di equità sociale e di risorse per finanziare lo stato sociale.

Qui il generalissimo Leo, comandante in capo della fiscalità nazional-sfascista che guida personalmente le truppe d’assalto, non riesce ancora a spuntarla nonostante il lungo assedio. In realtà ora ha qualche speranza perché è in attesa di truppe fresche, e cioè dell’obolo degli autonomi ex-evasori. Pare infatti che dal concordato della vergogna che trasforma magicamente l’evasore in contribuente onesto possano arrivare le risorse necessarie per una revisione delle aliquote. Revisione solo annuale, per carità – e quindi nulla di definitivo – ma sufficiente per sbarcare l’annualità. Le aliquote che cambiano ogni anno è un brevetto geniale del ministro Leo, una cosa proprio made in Italy insomma, che potremmo brevettare e vendere a livello internazionale. Se qualcuno pensava che il fisco creativo appartenesse solo all’ex-ministro Tremonti si sbagliava, perché è una risorsa naturale della fiscalità sfascista.

La politica fiscale sfascista si svolge sotto la vigilanza severa del nuovo patto di stabilità. Vedremo se il giudice europeo darà il suo disco verde girandosi dall’altra parte, oppure interverrà per fermare la folle deriva fiscale italica. Questo sfascismo fiscale del ministro Giorgetti, che è tutto meno che prudente, è infatti appeso al filo sottile e incerto della crescita economica e dell’inflazione, portatrici delle necessarie risorse fresche. Ma credo che spetti soprattutto agli elettori fermare il partito nazional-sfascista che vuole fare a pezzi lo stato sociale per poi rivenderlo al capitalismo finanziario che non vede l’ora di proporci a caro prezzo polizze pensionistiche, sanitarie e scolastiche, tutto quello che prima lo stato faceva in maniera molto più economica ed equa.

La cosiddetta guerra alle tasse del partito nazional-sfascista si può e si deve fermare finché si è in tempo, per costruire una vera democrazia fiscale, ma anche economica.