Mentre l’Italia e l’Europa seguono quanto accade in Albania dove sono appena arrivati i 16 migranti destinati ai nuovi centri costruiti dal governo, il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ha fornito alcuni dati sul flusso che percorre le rotte balcaniche e che in parte entra in Italia attraverso la Slovenia. “Nonostante il nostro obiettivo sia quello di ridare piena operatività al sistema Schengen, è innegabile che il temporaneo ripristino dei controlli alle nostre frontiere abbia prodotto un effetto deterrente degli ingressi irregolari. Per quanto riguarda l’Italia, dal 21 ottobre scorso sono stati rintracciati in ingresso al confine con la Slovenia circa 4.900 migranti irregolari (-50% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno)”, ha detto lunedì a Zapresió, in Croazia, per la quinta riunione trilaterale con l’omologo croato Davor Bozinovié e lo sloveno Bostjan Poklukar. Il senso è che gli ingressi dalla Slovenia si sarebbero dimezzati rispetto ai 12 mesi precedenti. Ma Piantedosi non è l’unico a fare i conti. A Trieste è stato appena presentato il rapporto “Silos vuoto, strade piene“, pubblicato dalle associazioni che in città si occupano di accoglienza ai migranti, ai richiedenti asilo come ai tanti che dopo una sosta proseguono il viaggio, per lo più verso altri Paesi europei. Dati alla mano, il rapporto denuncia come, dopo lo sgombero del famigerato Silos, rudere asburgico che per anni ha ospitato centinaia di migranti, le istituzioni, da quelle locali al Viminale, non sono state in grado di evitare che le persone finissero nuovamente all’addiaccio, famiglie con bambini e richiedenti asilo compresi.

Ma torniamo ai dati di Piantedosi e al confronto con quelli raccolti da International Rescue Committee Italia e Diaconia Valdese in collaborazione con le associazioni che curano il report. I numeri sono quelli delle persone incontrate dai volontari nei pressi della stazione centrale, in quella piazza della Libertà ribattezzata “piazza del mondo” grazie al quotidiano lavoro dei volontari che accolgono, sfamano, curano chi arriva. Quasi una tappa obbligata, soprattutto alla sera, quando chiude il Centro Diurno nei paraggi. Questo termometro a cielo aperto della rotta che passa da Trieste ha registrato, nei primi 8 mesi del 2024, 8.686 persone, contro le 9.973 dello stesso periodo del 2023. Una flessione di appena il 13%, dunque, che “non modifica il quadro complessivo e i relativi bisogni di migliaia di persone che giungono in città”, si legge nel rapporto. Che precisa: “I dati raccolti a Trieste inoltre sono in linea con i dati sulle persone in ingresso pubblicati dalla vicina Slovenia, dove nei primi otto mesi del 2024 è stato registrato un calo solamente dell’11% rispetto al 2023″. Una bella differenza rispetto al dimezzamento rivendicato dal Viminale, che del resto si basa sul numero di migranti irregolari rintracciati ai confini e nulla dice quante siano le persone effettivamente entrate. Più che fare da deterrente, dicono i dati raccolti a Trieste come quelli della Slovenia, i controlli hanno semplicemente costretto a moltiplicare i tentativi di ingresso o a modificare la modalità di attraversamento del confine italo-sloveno. Non a caso, annotano le associazioni, sono decisamente aumentate le persone che arrivano di notte, comprese famiglie (il 21% degli arrivi) e minori non accompagnati (il 19%).

Un altro dato che conferma una situazione pressoché immutata, quello a cui si riferisce il titolo del rapporto, riguarda il numero di persone che passa la notte all’addiaccio. Sgomberato a giugno l’ex magazzino ferroviario (Silos) in vista dell’imminente visita in città del Papa e del Presidente Mattarella, e spostati i richiedenti in altre regioni con la promessa di intensificare i trasferimenti, nell’assenza di una soluzione operativa i problemi in città si sono puntualmente ripresentati, in tempo per la stagione fredda. Negli ultimi tre mesi, ogni giorno una media di “100-120 persone hanno dormito all’addiaccio nella zona del parco della stazione, con punte di 150 persone e minimi di 30″, si legge. “Questi numeri sono comprensivi di persone richiedenti asilo in attesa di entrare nel sistema d’accoglienza, di aspiranti richiedenti asilo in attesa di riuscire ad accedere alla Questura per manifestare la propria intenzione di chiedere protezione, e infine di persone di passaggio, in arrivo ogni giorno”. I principali paesi d’origine delle persone incontrate nel trimestre sono Afghanistan, Siria, e Kurdistan turco, tutte con un alto tasso di riconoscimento della protezione internazionale, sia in Italia che in Ue. In media le persone incontrate sono 55 al giorno, di cui 45 dichiarano di voler proseguire verso altri Paesi europei e non si fermano che una notte, due al massimo, ricevendo dai volontari delle realtà attive nella piazza cure sanitarie, pasti, vestiti ma anche occasioni di socializzazione, informazioni, conforto. Molte sono le famiglie con bambini piccoli o neonati che il sottodimensionato sistema locale di accoglienza costringe alla strada, senza nemmeno servizi igienici perché il Comune ha rimosso anche i pochi installati. “Spesso i bambini incontrati erano già ammalati o molto infreddoliti e il rimanere per strada, totalmente in balia delle condizioni metereologiche, causa loro ulteriori problemi di salute”, scrive nel rapporto l’associazione Linea d’Ombra.

I tempi d’ingresso nel sistema di accoglienza sono lunghi, a volte superano il mese. Un’accoglienza di bassa soglia per un settantina di posti al massimo permetterebbe di risolvere il problema dei transitanti che in molti casi salgono sul primo treno per Milano, alle prime luci dell’alba. Ma anche quello dei richiedenti che hanno già formalizzato la domanda d’asilo come dei tanti che, ha denunciato il Consorzio Italiano di Solidarietà ICS, faticano ad accedere agli uffici preposti per una registrazione che la legge prevede debba avvenire entro tre giorni. Così i posti posti nel dormitorio della Caritas Diocesana finiscono per ospitare chi già avrebbe diritto al sistema di accoglienza, mentre tanti altri rimangono esposti alle intemperie mentre la giunta comunale firma ordinanze “anti-degrado”. Quando fischiano le raffiche di Bora che a ottobre fanno la fortuna della regata velica d’autunno, la Barcolana, l’unico riparo è Piazza Libertà o il porticato della stazione. “Da questi luoghi, individui e famiglie vengono però allontanati intorno alle 4:00-5:00 del mattino dalle forze dell’ordine, da steward e addetti alle pulizie che li svegliano e li invitano a spostarsi poiché è “ora di pulire”, raccontano i volontari nel rapporto che si conclude con una serie di “raccomandazioni” alle istituzioni, compreso il Viminale: “Sempre le stesse”. Al rapporto, oltre alle realtà già citate, hanno collaborato anche la Comunità di San Martino al Campo, DONK Humanitarian medicine e No Name Kitchen.

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