Intercettato, un narcos spiega chiaramente: “Traffico fino a che respiro” e aggiunge: “Se posso scappo o li metto sotto”. Le parole traducono due cose: il rischio di reiterazione del reato e il pericolo di fuga. Due elementi che bastano per l’arresto. Eppure niente. Il gip di Milano per lui e altri cinque trafficanti dispone l’interrogatorio preventivo in linea con la nuova legge Nordio. Emergeranno poi legami chiarissimi con la ‘ndrangheta. Ma nulla. I narcos saranno sentiti da liberi. E’ la prima volta in Italia. Ma andiamo con ordine.
Cinquantacinque indagati, quattro associazioni criminali individuate, due finalizzate al traffico internazionale di droga, due per reati fiscali. E’ una fotografia impressionate della capacità attuale di gestione del traffico di droga della ‘ndrangheta in Lombardia, quella scattata dalla maxi- inchiesta della Procura di Milano e del Gico-Goa della Guardia di Finanza. E però, a fronte di tutto questo, solo cinque sono stati gli arresti in carcere. Decine i rigetti del gip che invece per sei narcos collegati con i clan e tre colletti bianchi indagati per riciclaggio ha disposto incredibilmente l’interrogatorio preventivo. Scrive il giudice: “Riserva la decisione sulla richiesta della misura cautelare all’esito dell’interrogatorio preventivo nei confronti dei rimanenti indagati”. Tutti collegati alla presunta associazione di trafficanti, anche gli indagati per reati fiscali, capeggiata dai calabresi Pietro Garonfalo e Domenico Violi, la cui basa operativa si trova nel comune di Cuggiono (Milano). Il gip rigetta e dispone l’interrogatorio preventivo a carico di nove soggetti, tra cui il sanlucota Giuseppe Giampaolo, già coinvolto nell’indagine Eureka legata al cartello calabrese Bruzzaniti-Palamara per un traffico di droga di una tonnellata e attualmente latitante.
Interrogatorio preventivo anche per Giuseppe Pelle, fratello di Antonio ritenuto affiliato alla cosca Pelle-Vottari di San Luca. Lo stesso Giuseppe Pelle sarà intercettato a trafficare droga con Domenico Papalia, figlio dell’ergastolano Antonio, già ritenuto referente della ‘ndrangheta in Lombardia. Domenico Papalia è tra i cinque arrestati. Pelle attualmente vive in Germania. Niente arresto, ma interrogatorio anche per Garonfalo. E’ proprio lui che intercettato dice: “Ma io fino a che ho respiro traffico sempre”. Mentre sul pericolo di fuga, elemento principale oltre alla reiterazione (il “traffico sempre” perché non lo è?) e all’inquinamento per disporre la custodia in carcere, lo stesso Garonfalo dice: “Si a me non mi fregano di giorno mi devono arrestare. Se c’è la fanno se posso scappo, e se sono con la macchina li metto sotto sul nostro onore”.
E del resto pur seguendo le nuove disposizioni del governo Meloni in fatto di contraddittorio anticipato in ambito cautelare, il gip è costretto ad ammettere: “Non si può escludere e anzi è altamente probabile che gli indagati, per i quantitativi movimentati, la frequenza degli scambi e l’entità delle somme acquisite, agissero nell’ambito di un’organizzazione criminale che operava tra la Calabria e la Lombardia. Infatti i viaggi di Garonfalo e Violi in Calabria sono frequenti e sono anche emersi i contatti con persone inserite in altri ambienti malavitosi e certamente l’attività illecita in Lombardia ha portato risorse e potenziamento ad altre consorterie”.
L’indagine della Guardia di finanza, dunque, non solo ha registrato decine di cessioni di droga nell’ordine di diversi chili, ma ha anche raccontato, intercettazioni alla mano, il calibro criminale degli indagati e i loro chiarissimi legami con la ‘ndrangheta. Eppure nonostante questo saranno interrogati da persone libere. E pensare che intercettato con un importante esponente delle ‘ndrine, Garonfolo dice: “Auguri salutiamo la Mastranza, a disposizione della ‘ndrangheta compare”. Mentre, sempre Garonfalo, parlando con un altro trafficante spiega: “Noi siamo sopra del padrino, e adesso ti facciamo pure a te mafioso che già ho parlato”. Mafia, ma anche armi. E niente arresto. Dice ancora Garonfalo, solito ascoltare in auto i giuramenti di affiliazione: “Siamo brilli qua compare le 9 x 21 cantano (…). La senti come canta la nove, era arrugginita ora si è allenata la ragazza, si devono scarrellare se no si arrugginiscono compare”.
Dal canto suo Vincenzo Romano, indagato per spaccio, in auto con le figlie ascolta il file audio relativo a un suo vecchio arresto assieme allo zio Angelo Romeo “affiliato alla cosca Alvaro di Sinopoli e ai Pesce di Rosarno”: “Sentitevi la canzone dello zio Angelo quando ci hanno arrestato eccola qua, guarda mettila Grazia”. Dopodiché Romano e Garonfalo sono in auto e discutono di alcuni arresti eseguiti dalla Procura di Catanzaro all’epoca diretta da Nicola Gratteri. Sul magistrato i commenti lasciano esterrefatti. Dice Romano: “Gratteri ci rimette le penne li”. Garonfalo: “Ma speriamo che ci rimette le penne”. E come nelle più classiche associazioni mafiose, reato qui non contestato, i vari indagati che andranno all’interrogatorio preventivo minacciano da un lato e dall’altro si prodigano per sostenere i carcerati.
In una conversazione Samuele Bonanno, indagato per il solo reato di spaccio, fa riferimento a una persona che starebbe trafficando nella sua zona e ipotizza addirittura di sequestrarlo e portarlo in Aspromonte alle pendici del monolite chiamato Pietra Cappa: “Compa si dice la migliore difesa è l’attacco. Fine settimana abbiamo qui suo figlio se vuoi lo portiamo a pietra Cappa (…) gli spacco i denti e li mandiamo in Spagna a suo padre”. Non è finita. Il giovane Domenico Violi, presunto associato secondo la Procura con Garonfalo, è poi figlio di Rocco Violi “con precedenti di polizia per i reati di associazione mafiosa e associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti in quanto inserito nella cosca ‘ndranghetista Alvaro-Violi-Macri”.
Anche Rocco sarà interrogato, pur confermando intercettato con l’ex politico calabrese Rocco Scaiarrone di essere un affiliato. Mentre un altro parente, Giorgio Violi, zio di Domenico, risulta in carcere e coinvolto in una indagine di mafia. Garonfalo spiega chiaramente il suo aiuto economico: “Mica gli sto dicendo a Giorgio che stiamo mettendo l’avvocato e quando esce vado a bussargli alla porta e gli dico Giorgio ti ho pagato l’avvocato dammi i soldi indietro, questa è una cosa che lo fai di cuore, è un cristiano che merita e dove mette i piedi escono rose”. Lo stesso Domenico Violi è personaggio a disposizione delle cosche. Nel febbraio 2020 riceve una telefonata da Nicola Alvaro, figlio di Giuseppe Alvaro membro di spicco dell’omonima cosca. In quelle ore il genitore sta per essere liberato dal carcere di Tolmezzo. Dice Alvaro jr: “Ascoltami, sai perché ti ho chiamato? Verso le cinque gli esce la sentenza a mio padre. Tu di la ci metti 4 ore! Vai lo prendi lo metti su qualcosa e lo mandi giù eventualmente. E poi te la vedi tu a mandarlo in qualche posto, metterlo su qualche treno qualche camion che scende”. Violi è a disposizione. “Si non c’è problema, non ti preoccupare”.
Oltre ai narcos legati ai clan saranno interrogati dal gip di Milano anche alcuni colletti bianchi. Tra questi il calabrese Santo Trimboli accusato di associazione a delinquere finalizzata all’emissione di fatture false e riciclaggio. Intercettato letteralmente dice: “Su questo tavolo ho contato un milione di euro, tutte mazzette tutte piene con mio fratello, però voglio dire i tempi son cambiati, oggi li gestiamo diversi”. Il tutto, naturalmente, con buona pace del ministro della Giustizia Carlo Nordio.