Il sogno collettivo era Pep Guardiola, ma la nomina di Thomas Tuchel alla guida dei Tre Leoni, con un contratto di 18 mesi da 10,75 mln complessivi, sta scatenando una serie di reazioni negative da parte dell’opinione pubblica conservatrice inglese, calcistica e non. Premesso che Guardiola è il numero uno dei coach mondiali, Pep è catalano fino al midollo e possiede il passaporto spagnolo, ma nessuno, neppure i Brexiter più incalliti, avrebbe fiatato se avesse accettato l’offerta della Football Association. Tuchel è un buon tecnico, ha guidato il Chelsea a una insperata conquista della Champions League nel 2021 superando in finale proprio il Manchester City di Guardiola, ma una buona fetta di Inghilterra sta mostrando invece il suo dissenso. Con un’aggravante, che solo chi conosce profondamente la vecchia Albione può capire: Tuchel è tedesco. E per gli inglesi duri e puri, è il peggiore degli affronti.

Il titolo di controcopertina del Daily Mail, giornale portabandiera della Brexit, è illuminante: “A dark day for England”. Tradotto: “Un giorno nero per l’Inghilterra”. L’ex coach Harry Redknapp, 77 anni, coinvolto in passato in alcuni casi di sospetta corruzione dai quali è stato prosciolto, fino all’inchiesta su una presunta frode fiscale nella quale i suoi avvocati trovarono la linea difensiva vincente definendolo “dislessico e discalculico”, non ha avuto problemi nell’esprimere il suo pensiero di fronte alle telecamere di SKY UK: “Volevo un inglese a guidare l’Inghilterra. Io sono molto patriottico. È molto triste che non sia stato scelto un allenatore inglese per la nostra nazionale”.

Redknapp è stato l’ultimo coach made in England a conquistare un trofeo importante: la FA Cup 2008, in cui il suo Portsmouth superò 1-0 in finale il Cardiff. Sedici anni fa, per dire. Ma se guardiamo al campionato, gli allenatori inglesi stanno messi decisamente peggio: sono a secco dal 1992, quando il Leeds di Howard Wilkinson trionfò in First Division. La stagione seguente fu varata la Premier League e nei 32 anni di quella che è diventata la lega più ricca e più seguita al mondo, non si è mai imposto un tecnico “indigeno”. La Premier è diventata la NBA del calcio grazie a giocatori e coach stranieri. In panchina hanno trionfato francesi, italiani, spagnoli, portoghesi, tedeschi, cileni e scozzesi: mai un inglese. Bisognerebbe porsi una domanda al riguardo, ma nel clima che si respira nel paese dal 2016, anno del successo del Leave nel referendum sulla Brexit, si fa finta di niente. Quando nel 2001 l’Inghilterra fu consegnata allo svedese Sven Goran Eriksson, in Gran Bretagna il blairismo che aveva aperto il Regno Unito al mondo stava vivendo il suo splendore. Quando nel dicembre 2007 fu nominato Fabio Capello – che con il 66,47% vanta la miglior percentuale di successi tra i ct dei Tre Leoni -, l’Inghilterra era fresca di bocciatura nelle eliminatorie del campionato europeo.

Oggi, dopo otto anni nel segno di Gareth Southgate, che ha condotto i Tre Leoni alla semifinale mondiale 2018 e alle due finali continentali perse con Italia e Spagna, l’onda patriottica si sta facendo sentire. Persino la vecchia BBC, nell’articolo online del capo del calcio Phil McNulty, si pone il problema: “La scelta di Tuchel potrebbe essere considerata da molti un insulto nei confronti dei manager di maggior talento di casa”. Verrebbe da chiedersi chi siano questi fenomeni incompresi: l’eterno giovane Eddie Howe, dal 2021 al Newcastle milionario tra luci e ombre? Il “mago” Graham Potter, scottato dal fallimento al Chelsea? Spiega McNulty: “L’arrivo di Tuchel è una brusca inversione di rotta di una strada intrapresa dieci anni fa, quando si decise di stabilire una linea comune nelle nazionali inglesi, fondata sulla nostra cultura”.

Sam Wallace, giornalista sportivo tra i più quotati in Gran Bretagna, scrive sul Daily Telegraph: “È indicativo che dopo 1066 partite nell’arco di 152 anni sia stato deciso di puntare su un tecnico straniero per la guida della nazionale. La Germania non avrebbe mai affidato la sua squadra a un inglese ed è giusto così. La nazionalità è il punto centrale del calcio internazionale”. Wallace ha ragione su un punto. In Germania avrebbero consegnato la nazionale a un connazionale e non a un inglese, per una ragione molto semplice: i tecnici tedeschi sono tra i migliori al mondo, mentre quelli inglesi sono mediocri. Elementare, Watson. Lo stesso Telegraph svela poi un particolare: la FA avrebbe pensato anche ad Ancelotti per la guida dei Tre Leoni. Le reazioni a una sua nomina sarebbero state decisamente meno negative perché Carlo, stimatissimo dai giornalisti inglesi, è il numero uno degli allenatori attuali, insieme a Guardiola. Lo strano patriottismo degli inglesi: muti di fronte ai giganti, indignati con i comuni mortali.

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