Giustizia & Impunità

Senigallia, i genitori consegnano messaggi whatsapp ai carabinieri: si cercano prove del bullismo in telefono e pc

I genitori di Leonardo, il 15enne che si è tolto la vita a Senigallia (Ancona) lunedì 14 ottobre, hanno consegnato ai carabinieri messaggi whastapp che integrano la denuncia già presentata dalla madre per bullismo. Si tratta di testi che il ragazzo aveva mandato alla mamma, dicendo di aver parlato con un docente di sostegno (non della sua classe) al quale aveva raccontato il disagio e la volontà di cambiare classe o anche istituto. Il colloquio con l’insegnante sarebbe avvenuto il 9 ottobre, ha riferito la legale della famiglia. Dai primi accertamenti inoltre, è emerso che aveva preso una insufficienza. Le indagini intanto procedono, senza escludere nulla, con l’ascolto di docenti, compagni e amici dello studente. Saranno analizzati tutti i dispositivi informatici come cellulare, playstation e pc portatile del giovane. Messaggi e social network sono passati al setaccio per trovare risposte.

Secondo le prime ricostruzioni, il ragazzo potrebbe aver pianificato da tempo il gesto. Prima di rubare la pistola di ordinanza del padre vigile urbano, ha infatti staccato il wifi al quale erano collegate le telecamere della casa. L’arma, inoltre, era scarica e Leonardo avrebbe imparato da solo nei giorni precedenti come caricarla. Oggi il padre, tramite l’avvocata Pia Perricci, ha fatto un appello a la Stampa: “Il dolore per la morte di mio figlio mi toglie il respiro, ma se ne deve parlare perché non capiti ad altri. I giovani oggi sono sempre più disumani e noi dobbiamo fare da scudo alle fragilità dei più sensibili”.

In queste ore, ha chiesto cautela il presidente del Tribunale dei minori di Ancona, Sergio Cutrona. Seppur non entrando nel merito della vicenda ha avvertito: “Chi arriva a compiere gesti estremi ha altri traumi all’origine del disagio e va ricercato anche in famiglia”. Prudenti anche le parole usate dal dirigente della scuola di Leonardo, Alessandro Impoco. In una lunga lettera indirizzata a studenti e studentesse, ma anche al personale della scola, ha scritto: “Facciamo uscire i demoni che ci tormentano, quelli che chiudiamo dentro di noi fino al momento che escono incontrollati, prepotenti, per prendere il sopravvento. Ma allo stesso tempo spieghiamo ai ragazzi l’importanza di non parlare (o peggio “sparlare”) di fatti di cui non si ha effettiva conoscenza o non si siano prima e con certezza verificate le fonti”. Nella lettera il preside prosegue: “Ci tengo a riportare solo un pessimo esempio che ha reso questa tragica giornata ancora più difficile. Stamattina (ieri 15 ottobre, ndr) qualcuno ha dapprima diffuso la circostanza che un ragazzo armato era chiuso dentro la scuola, creando panico nell’intera città, tra studenti e famiglie, anche nelle scuole di primo grado e gettando cosi ombre su un ragazzo d’oro come Leonardo. Subito dopo la tragica notizia della sua morte – prosegue – è poi cominciata la caccia al bullo incolpando prima uno poi l’altro tra i ragazzi di questa e di altre scuole, senza che ci fossero effettivi indizi o verità che, del resto, non spetta a noi cercare, ma, semmai, alle autorità competenti. Questo è il dramma che si cela dietro alle comunicazioni sbagliate, alle mistificazioni e all’”aprire bocca senza pensare”. Ed è anche il dramma delle generazioni iper connesse che in un attimo possono bruciare l’anima e la vita di chiunque ne sia vittima. Vi prego tutti – l’appello del preside -, riflettete su questo. Dobbiamo comunicare di più e meglio. Le parole sono preziose, quelle giuste, dette con spirito costruttivo possono curare. Quelle sbagliate, mosse da sentimenti negativi, possono creare ferite profonde che sanguinano senza fine”.


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