Lo avevamo lasciato nel 2009 indagato, poi latitante, poi consegnato, poi processato per mafia e alla fin assolto nell’indagine Parco sud. Lo ritroviamo oggi narcos fatto e finito, capace di trafficare centinaia di chili di cocaina pagandola con milioni di euro nascosti dentro ai muri. E’ cresciuto e si è fatto uomo Domenico Papalia, rampollo della ‘ndrangheta di Platì, figlio di Antonio, ergastolano e già referente delle cosche per tutta la Lombardia. Papalia junior, mai condannato per mafia e sostanzialmente incensurato, dunque ha fatto strada nel crimine. E’ cresciuto ed è stato arrestato giovedì 8 ottobre a Motta Visconti. Fermato in strada, portato in casa della madre Rosa Sergi e poi condotto nel carcere di Opera. Accuse gravi per Papalia classe ‘83, associazione a delinquere finalizzata al traffico internazionale e decine di episodi di spaccio.

Il suo nome sta nella lista di 55 indagati dell’ordinanza del gip di Milano che individua quattro associazioni, due per droga e due finalizzate alla consumazione di reati fiscali. Tra gli indagati anche un ex politico calabrese, già consigliere provinciale a Reggio Calabria. Ma è certo Domenico Papalia il nome più eclatante e ritenuto nell’inchiesta coordinata dal Gico-Goa della Guardia di finanza di Milano il vero promotore di una organizzazione in grado di avere il monopolio della cocaina in tutta la Lombardia. Un nome il suo accostato più volte al gruppo degli ultras della curva Sud capeggiato da Luca Lucci e arrestato la scorsa settimana assieme ai capi della curva Nord interista. Non solo. Secondo le indagini, Papalia avrebbe a disposizione alcune auto con targa tedesca. Una di queste, una Rs6 più volte è stata messa a disposizione di uno dei factotum di Lucci, personaggio di spicco della curva Sud nonché, secondo gli inquirenti, figura di riferimento di Lucci, per i collegamenti con i clan.

Al fianco di Domenico Papalia, risulta dagli atti dell’indagine, il calabrese Giuseppe Marando. E sotto di loro due acquirenti di peso come Antonio Caruso e Giancarlo Tasca detto il professore. Tasca, imparentato con Pasquale Barbaro morto nel 2007 e ritenuto all’epoca referente delle ‘ndrine in terra padana, assieme al milanese Davide Cannone, secondo le indagini, aveva il totale controllo in pieno stile Gomorra delle piazze di spaccio nei quartieri milanesi di Baggio e San Siro. La seconda organizzazione scoperta dagli investigatori del Gico-Goa fa base a Cuggiono ed è controllata dai calabresi Pietro Garonfalo e Domenico Violi. Per loro e per altri inquirenti il gip non ha ritenuto sussistenti le esigenze cautelari e per otto indagati ha disposto gli interrogatori preventivi secondo la nuova legge Nordio.

A far da timone in questa indagine, partita da un etto di cocaina sequestrata per strada nella zona di via Padova, è stata la lettura di centinaia di messaggi criptati Sky Ecc. E’ da questi, ad esempio, che emerge la gestione militare di Tasca delle piazze di spaccio. Scrive infatti il Professore: “E ma Rozzano è una piazza buona compà, ma anche Baggio, via Fleming, Cinisello, piazza seria (…). Serve stile Gomorra” ovvero “crescere ed essere in tanti, costringere a prendere materiale ad un certo prezzo. Impostare tutto. E far stare tutti al loro posto”. Ma è Papalia, secondo il gip, il vero “promotore ed organizzatore del gruppo criminale” tanto che “vanta stretti e qualificati collegamenti con altri sodalizi criminali dislocati in territorio nazionale e sovranazionale e spesso dal Sud Italia si reca in Lombardia per portare il denaro o torna in Calabria dopo i rifornimenti che vengono materialmente effettuati da terzi soggetti”.

Il giovane rampollo delle cosche di Platì è dunque “il punto di riferimento del sodalizio nelle trattative e nelle decisioni strategiche relative al traffico illecito”. Ad esempio, scrive il gip, “partecipa (unitamente a Marando) a un incontro con i vertici del sodalizio importatore dello stupefacente per trattare l’arrivo in Lombardia di 125 chili di cocaina dal Belgio”. Scrive infatti Marando a Papalia: “Comunque appena mi chiama (…) ci dobbiamo mettere d’accordo. E vado li così parliamo tutti e quattro, dobbiamo parlare bene”. Il nome di Papalia emerge nell’indagine della Guardia di finanza a partire dal 2020. E in un traffico di 60 chili di cocaina pura quasi al 100% vengono fotografati contatti con il cartello dei narcos riconducibile al broker Bartolo Bruzzaniti.

L6e4m9. Non solo una sequenza alfanumerica ma l’identificativo di Papalia nelle chat criptate. A novembre del 2020, in piena pandemia, è a colloquio con Marando che spiega di essere in contatto con i fornitori in Belgio: “Oggi ho scritto col capoccia che è in Belgio e ha mandato le foto di tutta sta cosa bancalata”, 500 chili di coca piazzata sui bancali. “Ha chiesto se ce la facciamo tutta”. Scrive il gip: “Si vedrà, successivamente che Papalia avrebbe acquisito 60 chili”. Papalia quindi si informa: “Ma a che prezzo? Quando scarica? E quanto porta, quando pensa di arrivare?”. Al ché Marando: “Martedì ce l’abbiamo in mano. Con il camion la portano perché con le macchine è pericoloso”. Quindi il narcos calabrese si informa sui pagamenti delle varie partite date a Tasca: “La mia pila (denaro, ndr) l’hai recuperata tutta?”. Marando: “Sabato mi porta 100mila”.

Papalia che risulterà anche il gestore della cassa dell’organizzazione a dicembre per l’acquisto della cocaina deve portare quasi un milione di euro dalla Calabria a Milano. Ne parla con un suo referente: “Mi serve ora che c’è lavoro, se salgo pila se no no”. L’uomo chiede: “Non prendermi per scostumato, quanto devi salire di pila?”. Papalia risponde “800mila ma non li rischio tutti in una volta”. E di “pila” l’organizzazione ne ha molta. Marando conferma che “attualmente” su Milano “ne abbiamo 180mila”. Il rampollo della ‘ndrangheta ha però qualche dubbio sulla possibilità di venderla, al che Marando spiega: “C’è una richiesta della madonna”. Nel frattempo l’organizzazione sul territorio rappresentata dal duo Tasca-Cannone lavora pancia a terra. Tasca chiede a Cannone se può ritirare 71 chili. Per Cannone detto il pazzo non ci sono problemi. Ci andrà in macchina. Tasca si raccomanda: “Si ma però scortato”. Chiosa il gip: “Tasca sensibilizzava Cannone affinché venisse predisposto un adeguato dispositivo a tutela del prodotto”. I flussi di droga e denaro coordinati da Papalia sono continui.

In una occasione Paplia spiega di poter mandare solo 250mila euro “in quanto per recuperare gli ulteriori 500mila si rendeva necessario l’opera di un muratore in quel momento non disponibile”. Dirà: “Ho 250, 500 gli altri non rompo perché non è venuto il muratore che poi non so chiudere”. I 60 chili acquistati da soggetti vicini al cartello di Bartolo Bruzzaniti risulteranno di qualità altissima. Sui panetti è inciso il nome Barsa. Lo spiega Marando a Papalia: “Il prof (Tasca, ndr) l’ha basata (testata, ndr) esce al 98% dice che non ha mai visto una cosa del genere (…). Mi hanno ridato indietro un pacco mi ha detto che era troppo forte. Dice che ha fatto provare un quarto di grammo e non dorme da due giorni”. Insomma, il giovane rampollo della ‘ndrangheta è cresciuto. E ora, scrive il gip, “gestisce la cassa dell’organizzazione, cura le fasi di trasporto, sovraintende alle consegne, riceve riscontri sulla qualità della droga” e all’amico-acquirente Caruso dice: “Prenditene una cofanata che stai a coglioneggiare”.

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