Ho già scritto varie volte su questo blog a proposito delle ragioni del test di ingresso per il Corso di Laurea in Medicina e Chirurgia, un problema che viene di volta in volta portato all’attenzione del pubblico da proposte di abolizione che si rivelano poi false promesse e di solito scompaiono prima di essere tradotte in leggi. Molto recentemente è stata presentata in Senato l’ennesima proposta di legge in questo senso, un’altra falsa promessa.
Secondo questa proposta, tutti i candidati dovrebbero essere ammessi all’immatricolazione al primo anno di corso per frequentare il primo semestre e sostenere i relativi esami; potrebbero proseguire nella carriera soltanto gli studenti che completano tutti gli esami del primo semestre coi voti più alti, nei limiti di un numero programmato stabilito su base nazionale. Gli altri, non ammessi, potrebbero iscriversi ad altri corsi di Laurea avendo però la convalida degli esami sostenuti. L’imbroglio è evidente: il numero chiuso rimane, ma la selezione viene spostata in avanti di un semestre.
Perché i politici si danno tanta pena per presentare proposte di legge così inutili? La risposta a questa domanda è duplice: occorre spiegare perché le proposte di abolizione sono inattuabili e perché sono politicamente paganti. Le proposte di abolizione sono inattuabili perché il numero programmato riflette i requisiti formativi indicati nella normativa europea sulla libera circolazione dei laureati (direttive 78/687/CEE e 93/16/CEE), recepita in Italia con la Legge 264/99. Il numero di studenti ammessi di anno in anno è determinato dai Ministeri competenti su indicazione della Conferenza Stato-Regioni e sulla base del fabbisogno di laureati e della capacità formativa delle strutture.
Abolire davvero il numero chiuso avrebbe una serie di gravi ripercussioni, prima tra tutte l’impossibilità per un laureato italiano di ottenere il riconoscimento automatico della sua laurea in tutti i paesi della Comunità Europea: la CE non “impone” il numero chiuso, ma offre un grande beneficio ai paesi che lo adottano. Le proposte di abolizione del numero chiuso sono paganti perché attualmente in Italia si bandiscono circa 20.000 posti all’anno nei corsi di Laurea in Medicina e Chirurgia, mentre i candidati sono circa 80.000.
Consegue che 60.000 persone ogni anno falliscono l’ammissione ai corsi; contando i loro genitori e parenti più stretti si può facilmente stimare che l’abolizione del numero chiuso a Medicina e Chirurgia, da sola, possa interessare almeno 300.000 cittadini in età di voto: il partito che riesce ad imbrogliare questi cittadini con una promessa che non sarà mantenuta può ottenere un cospicuo bottino elettorale. Gli altri corsi di Laurea a numero chiuso sono meno remunerativi per il politico, ma portano pur sempre altri voti.
E’ facile immaginare quali sarebbero le conseguenze di questa riforma se venisse tradotta in legge: in primo luogo il numero chiuso resterebbe in vigore, mentre la selezione degli ammessi sarebbe rimandata di sei mesi; in secondo luogo i ricorsi degli studenti non ammessi si sposterebbero dalla prova di ammissione ai singoli esami del primo semestre, che sono molto meno solidi dal punto di vista giuridico: la prova di ammissione attuale protegge l’anonimato, è uguale per tutti i concorrenti, è basata su quiz la cui valutazione è oggettiva e impersonale.
I docenti dovrebbero trasformare le modalità di esame in modo tale da renderle difendibili in tribunale, ma questo comporterebbe un calo drastico nella loro qualità; inoltre le prove sarebbero comunque diverse tra le varie sedi che, occorre ricordarlo, non condividono neppure gli stessi ordinamenti e gli stessi esami. In terzo luogo nel primo semestre si iscriverebbe circa il quadruplo degli studenti attuali, con gravi problemi di capienza delle strutture e di disponibilità di personale docente.
In quarto luogo gli studenti ai quali venisse impedito il proseguimento degli studi si dovrebbero trasferire ad altri corsi di Laurea con il riconoscimento di esami la cui validità formativa nel nuovo corso di studi è nella migliore delle ipotesi parziale, perché i programmi dei corsi sono studiati in funzione della loro utilità nel programma formativo globale, che è diverso nei diversi corsi di Laurea. In pratica: un disastro per tutti.