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Chi era Yahya Sinwar, veterano di Hamas e mente dietro l’attacco del 7 ottobre: fu liberato da Israele dopo oltre 20 anni di carcere

Un veterano di Hamas, reclutato direttamente dal fondatore del gruppo, Sheik Ahmed Yassin, che lo aveva messo a capo del Majd, l’apparato di sicurezza. La vita di Yahya Sinwar è stata segnata dagli oltre venti anni trascorsi nelle carceri israeliane. Liberato in uno scambio di prigionieri, è tornato a Gaza e ha scalato le gerarchie di Hamas, fino a diventare il nuovo leader dopo l’uccisione di Ismail Haniyeh. Considerato la “mente” dietro l’attacco del 7 ottobre 2023, Sinwar è stato ucciso oggi “per caso” dall’esercito di Israele durante un raid su Rafah.

Sinwar, nato nel 1962 nel campo profughi di Khan Yunis, alla fine degli anni Ottanta si è unito a Hamas, ‘nato’ nel 1987, ed è stato uno dei fondatori del Majd. Arrestato più volte da Israele, nel 1988 è stato condannato per aver avuto un ruolo nell’uccisione di due soldati israeliani e di alcuni palestinesi sospettati di collaborazione con Israele. Si era conquistato il soprannome di ‘macellaio di Khan Yunis’. È stato condannato a quattro ergastoli e ha trascorso più di venti anni nelle carceri israeliane e qui, ha ricordato di recente la Cnn, ha detto di aver studiato il nemico, imparando l’ebraico e leggendo tutti i libri a disposizione sui padri di Israele, da Vladimir Jabotinsky a Menachem Begin, a Yitzhak Rabin.

In prigione, da cui più volte avrebbe cercato di fuggire, ha scritto il libro ‘La spina e il garofano‘. Secondo il giornale israeliano Haaretz, è stato curato dai medici dello Stato ebraico per un tumore al cervello. È stato scarcerato nel 2011 dalle autorità israeliane durante uno scambio di prigionieri insieme ad altri palestinesi, più di mille, in cambio del rilascio di Gilad Shalit, il soldato israeliano rapito a Gaza e trattenuto nella Striscia per più di cinque anni. Tornato a Gaza, dopo la liberazione si è sposato e ha avuto figli. Ha fatto presto carriera: nel Politburo dal 2017, quando è stato eletto capo politico di Hamas a Gaza. Un ruolo ricoperto fino allo scorso 6 agosto, quando è diventato ufficialmente l’erede di Ismail Haniyeh, il capo politico di Hamas ucciso il 31 luglio nella capitale iraniana Teheran. Considerato cruciale per le decisioni e – come ha ricordato lo European Council on Foreign Relations (Ecfr) – una delle principali figure di collegamento tra l’ala politica e il braccio armato di Hamas, da leader politico del gruppo si è concentrato sulle relazioni con l’estero.

Dalle foto tra la folla ai tunnel di Gaza, Sinwar è diventato dopo l’attacco del 7 ottobre e dopo la morte di Haniyeh il ricercato numero uno di Israele. Tra pizzini e telefonate, Sinwar coordinava le operazioni grazie a una cerchia ristretta di fedelissimi, persone per fare da tramite tra lui e il resto della leadership quando necessario. Poi a metà settembre è arrivato il terzo – e ultimo – messaggio di Sinwar dalla ‘conquista’ della guida di Hamas: “La resistenza si sta preparando per una battaglia di logoramento e spezzerà la volontà politica del nemico proprio come ha spezzato la sua volontà militare”, affermava.

A inizio mese sul New York Times, che citava funzionari statunitensi, si leggeva ancora di un Sinwar “all’opera”, pur in assenza di una prova certa della sua esistenza in vita, che prendeva decisioni cruciali per Hamas, con posizioni inasprite e più fatalista dopo quasi un anno di guerra a Gaza, determinato a vedere Israele coinvolto in un conflitto più ampio in Medio Oriente. Ancora a inizio mese la tv satellitare al-Arabiya parlava di una “ripresa di contatti” tra il leader dell’ufficio politico di Hamas e il Qatar “dopo una lunga pausa” e subito la notizia veniva smentita da fonti israeliane. Poi ancora era il Wall Street Journal, citando funzionari d’intelligence arabi, a scrivere che Sinwar aveva ordinato ai leader del gruppo terroristico in Cisgiordania di riprendere gli attacchi suicidi in Israele subito dopo aver sostituito Haniyeh a capo dell’ufficio politico di Hamas. Il 9 ottobre era stato l’inviato della Casa Bianca per il Medio Oriente, Brett McGurk, a confermare che gli Stati Uniti ritenevano che Sinwar fosse vivo e probabilmente in un tunnel di Gaza.