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Kamala Harris intervistata da Fox: attacchi Trump sull’immigrazione e presa di distanze da Biden

“Non sarà una continuazione della presidenza di Joe Biden”. È stata l’affermazione politicamente più importante che Kamala Harris ha fatto durante una tesa intervista con Fox News, la Tv di riferimento per repubblicani e conservatori Usa. L’intervista è durata 25 minuti ed è stata condotta da Bret Baier, l’anchorman responsabile delle news politiche, considerato un moderato rispetto ad altri conduttori di Fox come Sean Hannity e Jesse Watter, ma che comunque ha incalzato Harris su immigrazione, transizione di genere pagate con i soldi dei contribuenti, autonomia da Biden. L’apparizione di Harris davanti alle telecamere di Fox è stata comunque mirata al pubblico più anziano e tendenzialmente conservatore dell’emittente. In difficoltà con segmenti tradizionali dell’elettorato democratico – in particolare neri, ispanici, giovani – Harris cerca di allargare il suo bacino elettorale tra i conservatori.

La registrazione con Baier era fissata per le 17 e doveva essere trasmessa alle 18. L’accordo era che sarebbe dovuta durare 25-30 minuti. Il team democratico è arrivato negli studi in ritardo di 15 minuti, e ha subito chiarito che l’intervista sarebbe dovuta durare molto meno, “forse 20 minuti”. Il nervosismo di quest’esordio ha probabilmente influenzato l’atteggiamento di Baier, che è apparso da subito particolarmente teso, aggressivo, poco disponibile a lasciar parlare Harris, che ha continuato a interrompere per tutta la durata dell’intervista. “Posso finire di rispondere?” ha chiesto a un certo punto lei. “Sto rispondendo al punto che hai sollevato e vorrei concludere”. Per giustificare il tono di conduzione, Baier ha spiegato che durante la registrazione “c’erano almeno quattro persone – membri del team democratico – che agitavano le mani”, chiedendogli di concludere con le domande. Baier, che conduce “Special Report”, una tra le trasmissioni meno schierate a destra di Fox, è stato comunque particolarmente lodato dai colleghi di rete. Martha MacCallum ha definito “mediocri” le risposte di Harris e ha detto a Baier: “Hai davvero fatto le domande cui molti americani vogliono delle risposte”.

Oltre che a ragioni di schieramento politico, il tono dell’intervista è stato appunto probabilmente influenzato dalla volontà di ottenere da Harris risposte chiare. In molte sue apparizioni davanti ai media, la candidata democratica riesce spesso a svicolare e a non offrire soluzioni e strategie definite. La cosa riguarda anzitutto la questione del suo rapporto con Biden. A Fox, Harris è stata messa di fronte a una clip in cui, alla domanda “avrebbe fatto qualcosa di diverso da Biden?”, rispondeva “Non mi viene in mente nulla”. Harris sa che l’essere considerata corresponsabile delle politiche di un’amministrazione non particolarmente popolare è ora uno dei suoi punti di maggior debolezza. Quindi, interrogata da Baier, ha risposto: “Vorrei essere molto chiara. La mia presidenza non sarà una continuazione della presidenza di Joe Biden e, come ogni nuovo presidente che entra in carica, porterò le mie esperienze di vita, le mie esperienze professionali e nuove idee fresche. Rappresento una nuova generazione di leadership”. Si è trattata della presa di distanza più marcata di Harris da Biden dall’inizio di questa campagna elettorale.

L’intervista ha poi toccato altri temi. Anzitutto l’immigrazione. Baier ha chiesto a Harris se le famiglie delle donne uccise dagli immigrati illegali meritano delle scuse da parte dell’amministrazione Biden-Harris. Per rafforzare il concetto, e l’accusa, l’anchorman di Fox ha letto i nomi delle donne uccise e mostrato una clip in cui la madre di una vittima critica l’amministrazione per le sue politiche al confine. Harris ha risposto attaccando. “Parliamo di chi si è rifiutato di partecipare alle soluzioni”, ha detto, con ovvio riferimento a Trump, che ha fatto fallire un accordo per rafforzare la sicurezza e i controlli alla frontiera meridionale. In questo segmento di intervista, la candidata ha cercato di rivolgersi alle donne repubblicane, sottolineando ancora una volta la minaccia che l’ex presidente pone ai diritti riproduttivi: “La realtà è che le sue azioni sono state molto dannose per le donne e per le famiglie americane”, ha detto. Harris è stata martellata anche sulla questione delle persone transgender. Baier ha mostrato uno spot della campagna di Trump, in cui si spiega che Harris è a favore del cambio di sesso per detenuti e immigrati illegali “a spese del contribuente americano”. Harris ha risposto facendo notare che terapie ormonali sono state messe a disposizione di gruppi di detenuti durante la stessa amministrazione Trump, e che quindi è curioso che ora la si accusi di qualcosa che gli stessi repubblicani hanno rispettato.

Difficile dire quanto l’intervista servirà ai democratici. Da un lato, sicuramente, la candidata è riuscita a esprimere critiche pesanti alla capacità di governo di Trump davanti a un pubblico che difficilmente ascolta una messa in discussione così radicale del proprio leader. D’altra parte, è improbabile che Harris sia riuscita a convincere settori significativi di elettorato repubblicano moderato nel corso di un’apparizione così fugace e segnata da un’atmosfera tesa e conflittuale. Esiste piuttosto il rischio opposto, e cioè che il suo corteggiamento dei moderati allontani ancora di più segmenti di voto giovane e progressista, già delusi per le politiche dell’amministrazione in tema di economia e guerra a Gaza. Mentre Harris si rivolgeva ai repubblicani, Trump faceva campagna davanti a gruppi elettorali tradizionalmente vicini ai democratici. In un town hall organizzato da Univision, network in lingua spagnola che si rivolge soprattutto al pubblico degli ispanici negli Stati Uniti, l’ex presidente ha minimizzato l’attacco del 6 gennaio ed eluso le domande sulla sua promessa di attuare la più grande operazione di deportazione nella storia americana – ai danni proprio degli ispanici. Poco prima in Georgia, davanti a un pubblico di elettrici, Trump si era definito il “padre della fecondazione in vitro”, soprannome che si è dato per controbattere alle accuse dei democratici in tema di diritti delle donne.