Economia

Le promesse del governo alla Ue: detrazioni giù di 7 miliardi e taglio “drastico” degli aiuti alle imprese. Ma nella prossima legislatura

Per ottenere dalla Ue di poter spalmare su sette anni le riduzioni di spesa imposte dal nuovo Patto di stabilità il governo Meloni deve impegnarsi a realizzare una serie di riforme ulteriori rispetto quelle già previste dal Pnrr. Nel farlo, mette per la prima volta nero su bianco una cifra pesante. Quella dei tagli alle […]

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Per ottenere dalla Ue di poter spalmare su sette anni le riduzioni di spesa imposte dal nuovo Patto di stabilità il governo Meloni deve impegnarsi a realizzare una serie di riforme ulteriori rispetto quelle già previste dal Pnrr. Nel farlo, mette per la prima volta nero su bianco una cifra pesante. Quella dei tagli alle detrazioni fiscali che dovranno esser fatti digerire ai cittadini nei prossimi anni. Si parla di agevolazioni fiscali come quelle godute da chi ha un mutuo, sostiene spese mediche o fa lavori di ristrutturazione in casa. Ma anche di aliquote Iva ridotte, esenzioni, sussidi dannosi per l’ambiente come l’accisa agevolata sul gasolio il cui ritocco (per ora solo ipotetico) è costato alla maggioranza giorni di attacchi da parte delle opposizioni. L’obiettivo, spiega l’appendice del Piano strutturale di bilancio inviato il 15 ottobre a Bruxelles, è ridurre del 15% la perdita di gettito causata da quegli “sconti” rispetto al livello base del 2019, quantificato in 49 miliardi. Tradotto: una sforbiciata da oltre 7 miliardi.

L’annuncio è coraggioso, perché come è noto della necessità di “disboscare” le cosiddette tax expenditure si parla da anni ma nessuno ha avuto il coraggio di metterci mano pesantemente visto che dietro ogni agevolazione ci sono gli interessi di piccole o grandi platee di contribuenti. Che votano. Ma il termine entro cui realizzare la missione è il quarto trimestre del 2028: nella prossima legislatura, oltre un anno dopo le elezioni politiche, a meno di sorprese nel frattempo. Scadenza identica anche per un’altra azione raccomandata più volte dalla Ue e poco appetibile per l’elettorato di centrodestra: la razionalizzazione degli incentivi alle imprese, che andranno ridotti “drasticamente” sulla base dei risultati di una valutazione di impatto condotta nel 2025. Spetterà dunque a chi verrà dopo a Palazzo Chigi – anche se ovviamente potrebbe trattarsi ancora di Giorgia Meloni – tradurre in pratica quelle promesse indigeste. Le nuove regole europee prevedono comunque la possibilità di presentare un nuovo Piano in caso di cambio di governo.

Tempistiche simili per un’altra delle riforme dettagliate nell’appendice del piano. Cioè un ulteriore promozione dell'”adempimento fiscale”, leggi riduzione dell’evasione fiscale. In questo caso si punta a un aumento del 5% entro il quarto trimestre 2027 e del 10% entro fine 2029 delle entrate “derivanti da attività di prevenzione ed esecuzione incluse le entrate favorite dall’invio di lettere di conformità, “inviti al contraddittorio” e “atti istruttori ravvedibili”” rispetto a un dato 2024 stimato in 14 miliardi di euro. Un passo ulteriore dopo la riduzione del 15% della propensione a evadere rispetto ai valori del 2019 già prevista nel Recovery plan. Notevole e meritorio il fatto che il Mef specifichi che l’ulteriore risultato andrà raggiunto senza la scorciatoia dei condoni e delle rateazioni agevolate a cui la maggioranza di centrodestra ha abituato i contribuenti, offrendo da ultimo una sanatoria sul pregresso alle partite Iva che aderiranno al concordato preventivo biennale. Andranno escluse infatti, spiega la tabella del Psb, “misure quali “ruoli”, “concordato preventivo”, nonché qualsiasi misura volta a regolare i debiti fiscali passati a condizioni vantaggiose quali “rottamazione cartelle esattoriali”, “saldo e stralcio” e ravvedimento speciale”.

Per arrivarci, la strategia indicata è – accanto alle “lettere amichevoli” che già vengono inviate al ritmo di 3 milioni all’anno come previsto dal Pnrr – quella delle “azioni di contrasto selettive”. Basate cioè su analisi del rischio evasione condotte utilizzando tutti i dati a disposizione dell’Agenzie delle Entrate e “più efficaci anche grazie all’utilizzo di tecniche di intelligenza artificiale e allo sviluppo dell’interoperabilità delle banche dati“. È la strategia scelta con decisione dai governi Conte e Draghi e confermata in tutti i documenti ufficiali da Meloni, nonostante la dichiarata avversione a quello che la premier ama definire “Grande fratello fiscale. A marzo scorso, Entrate e Guardia di Finanza hanno firmato un protocollo d’intesa per creare un’Unità integrata permanente di analisi del rischio con l’obiettivo di collaborare nella prevenzione e contrasto all’evasione fiscale. I risultati al momento non sono noti perché l’Agenzia non diffonde alcuna informazione sull’esito di quelle analisi.

Scatterà invece prima delle urne, già a fine 2026, un pacchetto di azioni di rafforzamento della lotta all’evasione da omessa dichiarazione: l’eliminazione dei vantaggi fiscali “e, ove rilevanti, la sospensione dell’esercizio delle concessioni pubbliche” in caso di accertata evasione fiscale; l’introduzione del nuovo codice nazionale delle locazioni brevi nelle banche dati per le analisi del rischio fiscale; l’introduzione dell’obbligo di collegamento tra casse automatiche e pagamenti elettronici per tutti gli esercizi commerciali e l’obbligo di usare mezzi di pagamento tracciabili per poter dedurre spese di trasporto, vitto e alloggio.

Stanno sotto la voce “miglioramento dell’efficienza del sistema fiscale” anche altri tre interventi definiti “chiave” da realizzare rispettivamente entro la fine del 2026, del 2027 e del 2028. Solo il primo, si noterà, va mandato in porto nel corso della legislatura. Non dovrebbe essere complicato visto che si tratta della riduzione permanente del valore medio del cuneo fiscale di chi ha redditi medio-bassi rispetto ai livelli registrati nel 2023: un obiettivo già raggiunto, stando alle dichiarazioni del ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti che ha anticipato come con la manovra per il 2025 gli effetti della decontribuzione diventino “strutturali”. Le altre due misure riguardano il discusso tema del catasto: si assicura il “completamento delle attività di mappatura, controllo e aggiornamento del registro catastale delle proprietà precedentemente non incluse”, le famose case fantasma che in Italia sarebbero circa 4 milioni. E si ribadisce che dovranno essere aggiornati i valori catastali per le imposte sugli immobili per gli edifici ristrutturati con i bonus “dal 2019”. Come è noto era già previsto nella legge di Bilancio per il 2024. Giorgetti lo ha ricordato in audizione scatenando le polemiche politiche. Ora il governo se lo rivende come obiettivo con scadenza 2028.