Che cosa sta accadendo alla Curia di Napoli? Lettere anonime, dossier e un’inchiesta calabrese che è giunta a sfiorare il capoluogo campano. Non era mai accaduto che il Palazzo vescovile restasse chiuso per due ore su ordine della Segreteria Generale e il personale inclusi collaboratori e consulenti venissero chiamati a rapporto da don Mimmo Battaglia, l’arcivescovo metropolita di Napoli, insediatosi il 2 febbraio 2021, succeduto al cardinale Crescenzio Sepe, dimissionario per raggiunti limiti di età. Un faccia a faccia per confrontarsi su “questioni urgenti e importanti riguardanti la vita della Chiesa diocesana”.

C’è un ‘Corvo’ che ha spifferato ‘segreti d’ufficio’ che dovevano restare tali. E pensare che l’arrivo di Don Mimmo Battaglia all’ombra del Vesuvio aveva suscitato tante aspettative e speranze. La sfida era rinnovare la Chiesa di Napoli. Una missione particolarmente a cuore a Papa Francesco che ha sempre diffidato e tenuto a distanza l’esuberanza e il lato per così dire imprenditoriale del cardinale Sepe. Il porporato fu spedito o meglio esiliato a Napoli da Papa Ratzinger dopo i fasti e i lazzi del trentennio di segretario e tuttofare di Papa Wojtyla. Gli effetti collaterali della gestione Sepe nella città di San Gennaro si sentono e si continuano a vedere, purtroppo. Dopo le proroghe accordate a Sepe, una volta pensionato dalle parti di Largo Donnaregina si nutriva la speranza o meglio l’illusione che l’avvento di monsignor Battaglia (radici calabresi perché nato a Satriano, un piccolo comune del Catanzarese) potesse portare aria nuova nelle stanze del palazzo della Curia partenopea.

Così non è stato. A quasi tre anni dalla nomina ad Arcivescovo di Napoli, si può tracciare un primo bilancio del magistero di don Battaglia: i risultati non sono, usando un eufemismo, entusiasmanti. Don Battaglia non è riuscito o meglio neppure ha provato ad incidere nel modus operandi, nell’organizzazione e negli affari della chiesa partenopea voluti e creati dal suo predecessore. I vizi e le poche virtù ereditate da Sepe, infatti, restano colpevolmente intatte – anzi l’insopportabile ‘laissez faire’ di Battaglia ha visibilmente fatto sprofondare alcune situazioni delicate e per nulla trasparenti.

Sono sette le lettere anonime inviate alla Diocesi. L’autore delle missive possiede informazioni riservate e dimostra di essere addentro e a conoscenza di fatti specifici, segreti dei piani alti dell’Arcidiocesi. Con dovizia di particolari, sarebbero stati indicati nomi, cognomi e circostanze di vicende grigie che nulla avrebbero a che vedere con lo ‘spirito’ e le ‘preghiere’. Un clima che ha indotto lo stesso Battaglia a convocare, appunto, una riunione a porte chiuse, sospendendo tutte le attività, fatto mai accaduto, per capire cosa stia avvenendo e più che altro scovare il ‘Corvo’ o, per essere in tema religioso, il ‘Giuda’. Un clima che diventa ancora più pesante se si considerano le indagini della Dda calabrese sfociate nell’inchiesta ‘Ducale’ che, a inizio estate, ha svelato gli intrecci tra politica e ‘ndrangheta a Reggio Calabria e vede coinvolto monsignor Antonio Foderaro, nominato a settembre del 2023, Decano della Pontificia facoltà teologica dell’Italia meridionale di Capodimonte dall’arcivescovo di Napoli Domenico Battaglia.

Nell’intricata vicenda spicca anche Daniel Barillà, genero del presunto boss della ‘ndrangheta Domenico Araniti, finito prima ai domiciliari e poi sottoposto all’obbligo di firma, collegato a monsignor Foderaro, e casualmente assunto anche lui a gennaio scorso alla Pontificia facoltà teologica dell’Italia meridionale come responsabile delle risorse umane e addetto alla ‘raccolta fondi’. Insomma, all’ombra del Duomo di Napoli e di San Gennaro c’è il caos totale. E dalla Basilica vaticana dell’Incoronata Madre del Buon Consiglio lo sguardo lungo del pensionato Sepe è sempre vigile e attento.

Le domande sono tante: perché fanno così paura le lettere anonime giunte in Curia? Chi teme il loro contenuto? Perché si è scatenata la caccia al ‘traditore’? Don Battaglia è ostaggio di qualcuno o di un sistema di potere? Perché la Chiesa di Napoli non fa un’operazione di trasparenza e spiega cosa sta accadendo? Cosa è davvero cambiato dalle parti della Curia dopo le quattro puntate di Report ‘La messa è finita’, ‘Abbiate Cur(i)a di noi’, ‘Questi fantasmi’, ‘Andate in pace’, a cura di Danilo Procaccianti e andate in onda su Raitre? Siamo ai sospetti, alle mezze parole, alle cose non dette e alle notizie artatamente fatte trapelare per lanciare forse messaggi a chi deve intendere? A questo punto c’è da chiedersi: Papa Francesco è contento del magistero di Don Battaglia a Napoli?

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