“Non sono incinta, ho l’endometriosi. “Così la tiktoker americana Nikki Lou risponde, piangendo, a chi le chiede se è in dolce attesa e ironizza sul suo pancione. La giovane cerca di sensibilizzare gli hater su questa malattia poco nota ma invalidante, raccontata anche in un nuovissimo docufilm: Below the Belt. Il video che mostra il suo pancione si è guadagnato oltre 12 milioni di view, ma a che prezzo? Lo si vede in un altro visualizzatissimo video in cui la ragazza, piegata in due dal dolore, afferma di non riuscire nemmeno a descriverlo. Ma cos’è questa malattia che colpisce una donna su 10 in età fertile, e davvero fa dilatare l’addome a dismisura come si vede nel video di TikTok?

Capire l’endometriosi
Molto sinteticamente, l’endometriosi è una complessa malattia cronica infiammatoria che interessa circa il 10% delle donne in età fertile – numero probabilmente sottostimato – e può attenuarsi, dal punto di vista sintomatologico, con la menopausa. L’endometrio, il tessuto che riveste l’interno della cavità uterina, comincia a svilupparsi al di fuori creando un complesso quadro infiammatorio che può sfociare in tessuto fibrotico. “I sintomi possono essere da lievi a invalidanti. Nei casi più gravi ci possono essere danni agli organi, stati occlusivi o subocclusivi dell’intestino o stenosi ureterali, fino a giungere talvolta a compressione dei nervi somatici che attraversano la pelvi”, spiega il dr. Manuel Maria Ianieri, direttore del reparto di ginecologia e senologia del Mater Olbia Hospital di Olbia. “La distensione dell’addome è un sintomo comune anche ad altre malattie, essendo una risposta del nostro corpo a qualunque infiammazione a livello del peritoneo addominale. L’endometriosi può esacerbare dei sintomi intestinali, per esempio quelli del colon irritabile, o accentuare il gonfiore in alcune fasi del ciclo mestruale – di per sé un evento infiammatorio”. Un mix esplosivo di questo tipo spiegherebbe dunque il pancione della nostra tiktoker, ma qualsiasi donna sofferente di endometriosi può mostrare un gonfiore più o meno accentuato.

Caratterizzano la malattia anche altri sintomi quali irregolarità intestinale, pesantezza al basso ventre, infertilità. “Ma il sintomo decisivo è il dolore: durante il ciclo, nel corso del rapporto sessuale o nell’evacuazione delle feci”. È dunque questo il segnale che deve spingere a fare una visita ginecologica. “Ma questa potrebbe non bastare: meglio ancora è rivolgersi ai centri diagnostici specializzati”, raccomanda il medico. Perché ci possono volere anni per una diagnosi, ma prima si riesce meglio è: non ci sono cure risolutive. “Non esiste ancora una terapia target, ma solo benefici per il controllo dei sintomi e la progressione della malattia”. È un po’ come l’insulina per il diabete: controlla la malattia ma non la elimina. “A seconda dell’età della paziente e del quadro della malattia, in prima linea ci sono pillole progestiniche od estroprogestiniche, spirali medicate al progesterone o cerotti cutanei od anelli vaginali a rilascio ormonale; vi sono poi altri farmaci di seconda linea come gli agonisti o gli antagonisti del GnRH. L’operazione si effettua solo nei casi più gravi o quando i farmaci non riescono a controllare la sintomatologia delle pazienti e potrebbe non risolvere completamente i sintomi.”, conclude il dr. Ianieri.

Diffondere la conoscenza
Perché la diagnosi avvenga tempestivamente è importante anche che l’opinione pubblica sia sensibilizzata, come cerca di fare presso i giovani la tiktoker americana mettendo coraggiosamente in mostra la propria sofferenza. Va in questa direzione, ma in modo certo più strutturato e rigoroso, anche il toccante docufilm Below the Belt (Sotto la cintura), presentato il 12 ottobre a Verona in anteprima nazionale. Realizzato dalla regista americana Shannon Cohn e coprodotto da Hillary Clinton, presentato dalla ISSA (International School of Surgical Anatomy, diretta dal dr. Marcello Ceccaroni), racconta con tanto di testimonianze la realtà quotidiana di chi è in cerca di una diagnosi e deve poi convivere con l’endometriosi, “malattia che colpisce il corpo e l’anima di una donna, ma anche malattia sociale”, come scrive nella presentazione del docufilm l’A.P.E., Associazione Progetto Endometriosi, “nata 18 anni fa per parlare alle donne con endometriosi, ma anche a tutti coloro che non la conoscono e a chi ancora non sa di esserne affetta,” spiega la presidente Annalisa Frassineti. “L’associazione si occupa inoltre di formazione medica e di divulgazione corretta e qualificata attraverso i social. È indispensabile creare consapevolezza per ridurre il ritardo diagnostico, che oggi va dai 5 agli 8 anni e supera i 9, quando si tratta di adolescenti”.

Le diagnosi tardive non sono l’unico problema. Il dolore femminile è spesso sminuito e incompreso, e la donna si sente sola davanti alla propria sofferenza. La malattia ha poi inevitabili ripercussioni sociali; da una parte nell’ambito relazionale, scolastico e lavorativo, dall’altra per quanto riguarda i costi sanitari, in parte a carico delle pazienti. Ed è ancora molto incompresa, a partire dalle cause, che sono ancora ignote. “L’endometriosi è ancora un tabù, così come lo sono parlare di ciclo mestruale e di patologie che possono compromettere la fertilità della donna. È importante far capire alle ragazze che qualora si riconoscano dei sintomi, non devono sentirsi sole”, conclude la presidente Frassineti.

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