Salute

Vedo un corto circuito in sanità: un esempio arriva dalla Commissione Covid

Ormai siamo ad un corto circuito anche in sanità.

Il debito pubblico è arrivato a cinquantamila euro pro capite, compreso i neonati. Nell’imminente bilancio statale di fine anno e negli investimenti futuri compare un non meglio specificato contributo sulla sanità di 3,5 miliardi di euro “da banche e assicurazioni”. Un corto circuito appunto che conosceremo meglio quando la legge dell’ultimo Consiglio dei Ministri verrà pubblicata in Gazzetta Ufficiale.

Ma una cosa è certa. Questo fantomatico nuovo balzello sposta solo la verità vera. La gestione del nostro Paese è sempre più difficile. Nello stesso bilancio si parla di riduzione delle aliquote contributive, invece di porre delle basi reali per recuperare l’evasione fiscale (anch’essa in parte dettata dai contributi alti dei pochi che pagano le tasse!) e si sposta il problema di dove trovare quei soldi sempre sulla testa dei cittadini con un nuovo investimento che chiedono ad enti come banche e assicurazioni che proprio caritatevoli non sono.

Sicuramente le banche lo faranno ricadere sui cittadini con aumenti di decimali ad esempio sulle operazioni e le assicurazioni su aumenti decimali sui premi. Un corto circuito che prima o poi fermerà ogni cosa.

Negli stessi giorni si è riunita per la seconda seduta la Commissione bicamerale del Covid. L’ex Presidente del Consiglio, proprio durante il Covid, ha detto: “Ritengo mio dovere fornire un contributo diretto alla conoscenza dei fatti… è questa la ragione che mi ha indotto a rendermi disponibile a far parte di questa commissione… a cui non intendo rinunciare … non intendo assolutamente rassegnare le mie dimissioni”. Contro ogni più semplice idea, dico io, di conflitto di interesse fra primo gestore, o primo ministro del periodo buio italiano, e commissario della commissione d’inchiesta dell’operato dell’epoca del primo ministro e dei suoi collaboratori stretti a cominciare dal ministro della Salute Roberto Speranza. Vorrà forse fare l’avvocato di se stesso e dei suoi sottoposti?

Per alleggerire la polpetta avvelenata rimarca: “Voglio continuità della mia presenza in questa commissione, a dispetto del fatto che posso essere audito informalmente in una singola sessione come contributore ai lavori”. Insomma “l’avvocato del popolo” “Giuseppi” non vuole essere come tutti i cittadini che lui avrebbe dovuto difendere non nelle aule di tribunale ma dei campi minati dal virus! Ma che problemi ha? Comincia a pensare che “andrà tutto bene” fosse una frase a caso? Comincia a pensare che “tachipirina e vigile attesa” di “speranziana” memoria fosse una terapia obsoleta e clinicamente inutile? Ma erano frasi del suo governo gestito. Così facendo continuano a cantarsela e suonarsela da soli. Fino al corto circuito.

Nella stessa riunione ha partecipato anche il Presidente della Società Italiana di medicina generale e delle cure primarie (Simg), Claudio Cricelli. Ora, fermo restando che io non conosco assolutamente la persona, visto che ho sempre fatto lo specialista oculista, sarei indignato ad essere rappresentato in una commissione d’inchiesta da una persona che sostiene che i medici di famiglia “non hanno chiuso gli studi durante la pandemia, c’erano il telefono e WhatsApp”. Si avete letto bene.

La medicina a distanza alla faccia di quei medici veri che hanno rischiato la propria vita sul campo insieme a tutti quelli che la rischiavano negli ospedali al collasso per pazienti che arrivavano ormai disperatamente terminali perché spesso avevano seguito le indicazioni dei politici di tachipirina e vigile attesa, e dei medici a distanza che non auscultavano i polmoni ormai saturi dei loro assistiti! Questo sì un corto circuito distruttivo in particolare nella Regione Lombardia dove l’Assessore Giulio Gallera ed il Direttore Generale del Welfare sono stati archiviati per il loro operato locale: “Non può ritenersi indebita la mancata adozione di provvedimenti attuativi del piano pandemico nazionale e regionale che sarebbero comunque risultati inidonei a fronteggiare un’epidemia di livello mondiale”, si legge nel provvedimento del gip.

Chissà come finisce ma credo che tutti dobbiamo andare al supermercato a comperare i tarallucci ed il vino. Così, a sensazione. Personalmente continuo ad urlare la mia indignazione e chiedo a gran voce ai pochi politici onesti, che spero ancora ci siano, di mettersi una mano sulla coscienza e, visto il loro ruolo attuale, fare qualcosa di serio per il cambiamento quanto mai opportuno in questo momento storico.

Proponete di ricostruire dal basso la medicina. La medicina del territorio sono è la base e non può essere empatica e curativa con il telefono, con i messaggi o con le isolate e vuote Case di comunità. Occorre svoltare come dico da tempo con due mosse:

1. Facoltà autonoma di Medicina del Territorio. Cinque anni per poter poi lavorare in strutture pubbliche o private accreditate a stretto contatto con gli specialisti e con tutte le apparecchiature utili ad una diagnosi.

2. Medici del territorio non più privati accreditati ma pubblici. Medici non di serie B ma fondamento di quel reale primo intervento per lasciare il Pronto Soccorso libero dagli interventi urgenti. Un medico empatico sempre disponibile e non barricato dietro a segreterie o segreterie telefoniche o, peggio, messaggi che nessuno leggerà o leggerà troppo tardi.

Ai posteri l’ardua sentenza.