Politica

Caso Albania, Meloni: “Parte dei magistrati fa opposizione”. E convoca un cdm per “superare l’ostacolo” con nuove norme

“È molto difficile lavorare e cercare di dare risposte a questa nazione quando si ha anche l’opposizione di parte delle istituzioni che dovrebbero aiutare a dare risposte”. La missione albanese del governo riporta indietro la lancette della storia politica italiana. Riecco lo scontro frontale tra potere esecutivo e potere giudiziario. O per dirla meglio: Palazzo Chigi contro i magistrati. A oltre dieci anni dall’ultimo governo Berlusconi, riprende questa strada anche la premier Giorgia Meloni: se la decisione di un arbitro non piace significa che l’arbitro è venduto. Il tribunale di Roma ha deciso che i migranti portati nei centri di trattenimento costruiti in Albania devono tornare in Italia? Il motivo è che le toghe sono “all’opposizione“, i giudici di Roma hanno preso una decisione “pregiudiziale“. Così se da un lato la premier accusa la sinistra di voler “punire” l’Italia, in un infinito un botta e risposta con Elly Schlein, dall’altro accusa i magistrati di fare a loro volta opposizione.

Le carte però cantano, in realtà il tribunale ha scritto nero su bianco che ha applicato una sentenza di due settimane fa della Corte di giustizia europea per una questione nata in Repubblica Ceca. Eppure la marcia della presidente del Consiglio ha la strada segnata. Allo strumento del potere giudiziario – le sentenze, le ordinanze – risponde già con lo strumento del potere esecutivo, un decreto legge. Meloni comunica che ha già convocato per lunedì, il primo giorno utile, un consiglio dei ministri per approvare norme “che servono a superare questo ostacolo” perché, continua, “non credo sia competenza della magistratura definire quali sono Paesi sicuri e quali no. È competenza del governo, quindi credo che il governo debba chiarire meglio cosa si intende per Paese sicuro”. Uno dei problemi che si potrebbero affacciare, però, lungo questa strada, è che il potere di distinguere Paesi sicuri e non sicuri viene assegnato agli Stati membri dalla normativa dell’Unione europea che – come noto – è preminente rispetto alle leggi nazionali ed è vincolata alle pronunce della Corte ue.

L’irritazione della capa del governo, mentre risponde alle domande dei giornalisti durante la sua visita a Beirut, è evidente: “La questione non è l’Albania, la questione è molto più ampia. In buona sostanza i giudici dicono che non esistono Paesi sicuri. Quindi comunico ufficialmente che il problema non è in Albania, il problema è che nessuno potrà essere rimpatriato, non puoi respingere la gente, non puoi fare nessuna politica di difesa dei confini”. “Spero mi si dica anche come si risolve, come si gestisce ordine pubblico, chi pagherà per i miliardi accoglienza che ci dovremo caricare – ha aggiunto -. Spero mi si trovino anche le soluzioni. Spero mi si trovino anche le soluzioni, perché io sono quella che deve trovare soluzioni. E infatti troverò una soluzione anche a questo problema”. Il nervosismo è anche comprensibile per una leader che nella campagna elettorale che l’ha portata a guidare il governo prometteva i blocchi navali. “Troverò una soluzione anche a questo problema – promette Meloni -. Ho già convocato un Consiglio dei ministri per lunedì, intendo andare avanti. Gli italiani mi hanno chiesto di fermare l’immigrazione illegale, farò del mio meglio per limitare l’immigrazione illegale di massa. Dispiace che in un momento in cui tutta Europa guarda con interesse a qualcosa che sta facendo l’Italia, noi tentiamo come sempre di metterci da soli i bastoni tra le ruote. Ma è un tema che risolveremo presto”.

La linea di Meloni crea un clima familiare nel centrodestra: “E’ evidente che siamo di fronte a un’invasione di campo di una parte della magistratura, politicizzata, che in questo modo vuole fare opposizione a questo governo ed a questa maggioranza, che gli italiani hanno scelto e votato” dichiara il capogruppo di Fdi al Senato, Lucio Malan. Vengono rispolverati gli armamentari di un tempo, come la gloriosa espressione di “toga rossa”. “Tra i giudici responsabili di questa sentenza – addita la deputata meloniana Grazia Di Maggio – troviamo la nota toga rossa Silvia Albano, le cui posizioni apertamente pro immigrazione di massa sono tristemente note. In un contesto in cui l’Italia e l’Europa si trovano ad affrontare crescenti sfide legate all’immigrazione, sia dal punto di vista logistico che della sicurezza, tale decisione solleva gravi interrogativi sulla capacità del nostro sistema di giustizia di garantire la protezione delle frontiere e l’attuazione delle politiche di rimpatrio”. In Forza Italia si respira aria di casa più che mai. “La magistratura non può occuparsi della politica né sostituirsi alla politica, ma deve seguire l’applicazione delle leggi, che è già una grande responsabilità da esercitare con equilibrio e saggezza – spiega il capogruppo alla Camera Paolo Barelli -. Il governo, di contro, deve poter fare il suo lavoro senza intralcio alcuno, seguendo il mandato ricevuto dai cittadini e per il quale ha il diritto-dovere di scegliere le strategie adeguate per il perseguimento di obiettivi di interesse collettivo e umanitario. Così come noi faremo”. Maurizio Gasparri, capo dei senatori berlusconiani, ravvede “un chiaro episodio di uso politico della giustizia. Non il primo e nemmeno l’ultimo” e ne consegue che “la magistratura si vuole sostituire al parlamento e al governo. Purtroppo la magistratura per questo Paese è un grave problema” perché “da “istituzione posta a baluardo della legalità si è trasformata in un contropotere politico”. Perfino Giulia Bongiorno, avvocato di lunga carriera, senatrice della Lega e legale di Matteo Salvini nel processo su Open Arms, trova la ribalta di prima serata di 5 minuti – il programma post-Tg1 di Bruno Vespa – per dire che “Open Arms sostiene che la Libia e la Tunisia non sono sicure, adesso l’Albania non è sicura. Solo l’Italia è sicura? Quindi, io credo che siano delle scelte politiche. Dobbiamo cominciare a distinguere le scelte politiche da scelte che politiche non sono“.