La sezione immigrazione del tribunale di Roma non ha convalidato il trattenimento dei migranti all’interno del centro italiano di permanenza per il rimpatrio di Gjader in Albania. Il provvedimento era stato disposto per i dodici stranieri dalla questura di Roma il 17 ottobre scorso. “I trattenimenti non sono stati convalidati in applicazione dei principi, vincolanti per i giudici nazionali e per la stessa Amministrazione, enunciati dalla recente pronuncia della CGUE del 4 ottobre 2024 a seguito del rinvio pregiudiziale proposto dal giudice della Repubblica ceca“, è scritto in un comunicato stampa del Tribunale. Che precisa: “Il diniego della convalida dei trattenimenti nelle strutture ed aree albanesi equiparate alle zone di frontiera o di transito italiane è dovuto all’impossibilità di riconoscere come “paesi sicuri” gli Stati di provenienza delle persone trattenute, con la conseguenza dell’inapplicabilità della procedura di frontiera e, come previsto dal Protocollo, del trasferimento al di fuori del territorio albanese delle persone migranti, che hanno quindi diritto ad essere condotte in Italia”. Lo faranno già sabato 19 ottobre, a bordo di una nave militare.
Ma le decisioni dei giudici arrivano dopo quelle della commissione d’asilo che il Viminale ha voluto portare nel centro di Gjader perché esaminasse in presenza e a spron battuto le domande dei 12 richiedenti egiziani e bangladesi, che sono già state respinte battendo sul tempo i giudici di Roma che sulla legittimità della procedura dovevano ancora esprimersi. Secondo molti si tratta di una violazione, perché la procedura pretende requisiti che i magistrati sono obbligati a verificare. Non solo, grazie al nuovo decreto sui flussi dell’11 ottobre, il diniego della commissione è automaticamente accompagnato da un’attestazione di respingimento. Una prova di forza, sopratutto se si considera che, spiegano alcuni legali al Fatto, “tutto avviene in assenza di un avvocato d’ufficio, negando l’effettività del diritto alla difesa: la procedura è nulla”.
Bisognerà capire ora quali effetti il Viminale vorrà imprimere ai dinieghi della commissione prefettizia. I parlamentari presenti a Gjader riferiscono di “pressioni del Viminale per trasferire subito le persone nel Centro di permanenza per il rimpatrio”, il Cpr del centro. Dove stamattina i richiedenti sono corsi incontro ai parlamentari di opposizione, in visita per la seconda volta, chiedendo lumi e mostrandosi incapaci di cogliere l’evoluzione della loro situazione. Non in presenza ma in video collegamento da Roma, in mattinata si sono invece svolte le udienze dei giudici per la convalida del trattenimento, il cui presupposto è l’ormai famosa provenienza da Paese d’origine sicuro, già demolita dalla Corte di giustizia con sentenza del 4 ottobre. La mancata convalida del Tribunale significa che i richiedenti non avrebbero dovuto essere esaminati con le minori garanzie e i tempi ristretti della procedura accelerata. Un cortocircuito che il governo ha tentato di evitare con l’ultimo decreto dell’11 ottobre scorso, un salto carpiato che separa i destini del trattenimento da quelli dell’esame accelerato della domanda, che infatti viene anticipato come se non fosse anch’esso basato sullo stesso presupposto che i giudici sono obbligati a verificare. C’è però il fatto che in Albania il richiedente non può comunque essere rilasciato dal centro, perché l’accordo con Tirana lo esclude. Ecco perché la mancata convalida dei giudici dovrebbe comunque produrre l’effetto del trasferimento in Italia.
Perché tanta fretta, dunque? Il governo ha voluto mostrare i muscoli e tutto sta a capire fino a che punto. Ma con la notifica di diniego e respingimento, ora che i giudici hanno invalidato il trattenimento si potrà dire che le persone che ci tocca portare in Italia non hanno diritto a starci, che hanno già ricevuto un respingimento. I dinieghi sono arrivati così in fretta che sono stati notificati anche ai giudici romani, già stamattina in sede di udienza di convalida. E visto che per legge il trattenimento “non può protrarsi oltre il tempo strettamente necessario per lo svolgimento della procedura in frontiera”, sembra un modo per dire che ormai i giochi sono fatti. L’ennesima forzatura di un’operazione che, va ricordato, parte già in violazione di una sentenza della Corte di giustizia Ue che, se non fosse stata ignorata dal governo, avrebbe impedito che egiziani e bangladesi venissero trasferiti, trattenuti e sottoposti all’esame accelerato delle domande d’asilo. Mentre invece ora si trovano in Albania con l’esame già concluso e con in mano una notifica di diniego e un respingimento che nessuno dice loro come impugnare visto che, hanno riferito i parlamentari italiani, nemmeno un cellulare è stato messo a disposizione delle 12 persone.