Armi diventate fondamentali nella guerra tra Russia e Ucraina, impiegate da entrambi i lati del conflitto per deciderne l’esito, sono i droni suicidi. La scorsa notte il Tesoro degli Stati Uniti per la prima volta ha deciso di colpire direttamente le aziende cinesi che producono componenti per uno dei droni d’attacco a lungo raggio che l’esercito russo fa volare nei cieli ucraini. Si tratta di uno dei velivoli della serie Garpiya, che è stato “progettato e sviluppato da esperti cinesi, prodotto in fabbriche cinesi in collaborazione con aziende della Difesa russa”. Matthew Miller, portavoce del Dipartimento di Stato Usa, ha detto: “È la prima volta che abbiamo visto effettivamente un’azienda cinese produrre un’arma utilizzata sul campo di battaglia”, il Garpiya è stato “utilizzato per distruggere infrastrutture critiche e ha causato vittime di massa” in Ucraina.

Le aziende colpite dal Tesoro Usa sono la Xiamen Limbach Aircraft Engine e la Redlepus Vector di Shenzhen che collaboravano con la società di Artem Yamshchikov in Russia, intermediario colpito al pari dalle misure restrittive. Accusata (ripetutamente, da Londra e Washington) di rifornire gli arsenali di Mosca, Pechino ha sempre negato di spedire oltre confine la cosiddetta strumentazione dual-use, “a duplice uso” per mezzi impiegati a scopo militare, eppure la black list americana continua ad allungarsi. Nell’ultimo anno, per aver favorito lo sforzo bellico russo, Washington ha sanzionato più di 400 individui e aziende non solo in Cina, ma anche Sud Africa, Turchia, Emirati arabi. La decisione americana arriva anche in risposta alla scelta di Pechino, che sette giorni fa ha fatto lo stesso contro la Edge Autonomy Operations, la Huntington Ingalls Industries e Skydio e altre aziende della Difesa a stelle e strisce che hanno rifornito gli arsenali di Taiwan. Questo “viola sovranità e interessi” di Pechino, ha riferito il portavoce del ministero degli Esteri cinese Lin Jian.

Per l’alto impiego di uomini al fronte, la Russia deve far fronte alla carenza di manodopera. E, secondo un’inchiesta dell’agenzia Ap, starebbe reclutando giovani donne da Uganda, Nigeria, Rwanda, Kenya e Sud Sudan per assemblare droni nella “zona economica speciale di Alabuga”, in Tatarstan. Nata nel 2006 per attrarre società d’investimenti, Alabuga ha cominciato a crescere soprattutto all’inizio del conflitto nel 2022: alcune infrastrutture sono state convertite alla produzione militare. L’Ap ha comparato immagini satellitari e un leak di documenti scambiati tra Mosca e Teheran: la produzione dei droni iraniani Shahed 136 sarebbe stata spostata negli stabilimenti in Tatarstan. “Grazie alle reclute straniere, la Russia ha aumentato il numero di droni che può lanciare contro l’Ucraina” scrive l’agenzia, “ne sono stati lanciati circa 4mila fino al 2023, quasi il doppio nei primi sette mesi di quest’anno”.

Uno degli ultimi, tra i più letali, risale a due giorni fa. I droni suicidi nei mirini avevano Kiev e altre regioni gialloblu; la Difesa ucraina ha intercettato e distrutto 68 dei 136 velivoli d’attacco, ma danni gravi sono stati registrati nella regione di Ternopil, dove sono andate a fuoco strutture industriali.

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