Musica

Gino Paoli: “Litigo con Dio al telefono perché fa morire quelli che piacciono a me e fa restare gli str**zi. L’eutanasia? Se uno vuole, si può e si deve fare”

In esclusiva per FqMagazine il grande cantautore analizza gli esseri umani, la società italiana, la crisi dei giovani di oggi, il rapporto con la morte e le nuovi canzoni nel cassetto

di Andrea Conti
La Chiesa e gli italiani, la crisi dei giovani, il papà militare e i buoni - 3/4

La Chiesa e gli italiani, la crisi dei giovani, il papà militare e i buoni - 3/4

“GLI ITALIANI AMORALI PERCHÉ HANNO SCONFESSATO LA CHIESA” – Come vedo l’Italia? È un Paese che si sta deteriorando. Basta seguire i casi di cronaca per rendersene conto. Giovani che ammazzano il papà e la mamma… Quelli sono sintomi precisi. Si sta deteriorando la morale e non intendo quella religiosa, ma la morale umana. Sta andando tutto a puttane, ma perfino la chiesa è in difficoltà. Perché gli italiani sono decaduti moralmente? Perché hanno sconfessato la Chiesa che dava delle indicazioni di riferimento, in qualche modo te le dava.

Oggi si ha la sensazione generale che la Chiesa non serve più a un cazzo, trovi a messa dieci vecchietti alla mattina. Non c’è più la Chiesa che racconta la vita, come faceva prima, in modo da essere un riferimento. L‘uomo, in qualche maniera, vuole sempre un riferimento e allora ecco che c’è il proliferare dei maghi, dei santoni... Quando vedo le nuove generazioni così allo sbando ho come l’impressione che la colpa sia in qualche modo della famiglia. Perché io avevo un padre militare che mi ha raddrizzato, mi ha dato il senso dell’onore, il senso del dovere, il senso dell’onestà. Se tu non hai nessuno che ti dice niente, allora ti muovi da casa perché in casa non ti danno niente, vai dal santone, vai dal capogruppo del gruppo dei deficienti che sono per la strada, oppure fai tanti casini.

“I GIOVANI DI OGGI SONO IN CERCA D’IDENTITÀ” – Avrei dovuto educare i miei figli a essere furbi, invece sono onesti. Vuol dire non essere preparati a questo mondo. La salute mentale e giovani di oggi? Non è solo questione di salute mentale, i giovani oggi sono in cerca di identità soprattutto, quindi sono in crisi d’identità. Quando avevo 17 anni ho cominciato a pensare chi ero, a prendere coscienza di me stesso, non di come mi vedevano gli altri, ma come ero. Avevo proprio bisogno e necessità di sapere chi fossi. I miei figli stessi non l’hanno mai fatto, non hanno ragionato in questi termini. Sono cresciuti senza mai porsi il problema di chi fossero. Per cui è chiaro che si va in crisi di identità, molto presto. A creare questa situazione è stato il passaggio dall’avere all’essere. La nostra generazione era diversa. Andavamo a fare lunghe passeggiate al lungomare di Voltri, che a parte i due mesi luglio e agosto per il resto dell’anno è deserta naturalmente, e anche se volevi stare da solo ti imbattevi nelle altre persone con le quali si finiva a parlare di tante cose. Poi non si è più fatto, ma anche, ad esempio, mia moglie che ha vent’anni meno di me quando comincio a parlare dell’esistenza e di questi argomenti, prende e se ne va perché si rompe i coglioni (ride, ndr). Non penso comunque che il modo di amare dei ragazzi di oggi sia cambiato: se mi ascoltano ancora no. Ogni tanto c’è qualcuno che mi scrive ‘meno male che ci sei tu, in qualche maniera l’amore l’ho capito attraverso le tue canzoni,’ va bene.

“DA MIO PADRE MILITARE HO PRESO L’ONESTÀ” – Coi miei nipoti parlo e quello che mi colpisce soprattutto delle nuove generazioni è il fatto che sono troppo in anticipo. I miei figli stessi a pochi anni capivano tutto e mangiavano anche le cose che mangiavo io, quelle che non volevo che mangiassero, tipo il tartufo, il gorgonzola… Sono convinto che sia giusto non insegnare nulla ai nipoti. Da mio padre, che era militare, ho preso tutte le cose che poi mi facevano incazzare: ho preso l’onestà, la sincerità, tutte quelle stronzate, il senso del dovere, che sono cose che io se non avessi avuto sarei stato meglio… Ai miei figli, come ai nipoti, non ho mai insegnato niente, non ho mai voluto insegnargli niente. Anche perché quando hai 90 anni e parli con uno di 20 anni c’è qualche difficoltà che è dovuta al linguaggio. Siamo dei mutanti, perché oggi quando a 90 anni guardi una cosa che hai fatto a 20 anni non la vedi come la vedevi quando avevi 20 anni. La memoria cambia, si modifica e poi non sai più quale sia la verità.

“MI CIRCONDO SOLO DI PERSONE BUONE” – Credo sia giusto affrontare la crisi, come anche è giusto se i cantanti di oggi decidono di fermarsi. Fanno bene però c’è un altro sistema per ‘salvarsi’: quello di rimanerne fuori dal sistema stesso, proprio come ho fatto io. La cosa più difficile in questo mondo è quella dire di no, soprattutto se il no ti toglie dei vantaggi, perché a dire di sì son capaci tutti… Io ho sempre detto no. Se lei non veniva qua, io l’intervista non la facevo mica. Non ho voglia di muovermi a venire a Milano, Roma, se uno vuole farmi un’intervista oppure c’è chi vuole che io vada in televisione come la Venier o altri. A loro dico ‘se venite qua, va bene. Però io muovermi non ne ho affatto voglia. Io ormai ho creato un mio mondo, un mio mondo in cui la bontà è la cosa più importante. Lei non troverà mai uno con me che non sia una persona buona. Perché se una persona non è buona non mi interessa, può anche non esistere.

”VADO IN APNEA PER SALUTARE CRISTO” – Mi manca moltissimo il live. Ho passato un periodo in cui ho avuto una labirintite fulminante che è durata tre mesi. Quando è finita, ho preso il Covid e non potevo muovermi lo stesso. Per questo ho passato un anno e mezzo senza lavorare più. Il povero Endrigo, ad un certo punto era diventato completamente sordo, aveva una labirintite tremenda, allora cosa facevano? Il mio chitarrista, che è stato anche il suo, mi aveva rivelato che registravano prima le canzoni ‘dal vivo’, così quando andavano in giro mentre loro suonavano, attaccavano il registratore con la voce di Sergio perché lui ormai faceva fatica a cantare e se non ti aiuto con l’orecchio non puoi nemmeno essere intonato. Io sono diventato sordo anche perché sono stato sott’acqua, in apnea, più di quanto io sia stato fuori dall’acqua. Ho iniziato da quando avevo 12 anni e non ho smesso mai. Tutti gli anni vado a dare la mano al Cristo degli abissi a San Fruttuoso (Camogli, ndr). È da un anno che non ci vado, ma mi sono ripromesso che ci devo andare. Sempre in apnea. Gli do la mano e torno su.

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