Con 84 voti favorevoli e 58 contrari, mercoledì 16 ottobre il Senato ha approvato il disegno di legge n. 824, “Modifica all’articolo 12 della legge 19 febbraio 2004, n. 40, in materia di perseguibilità del reato di surrogazione di maternità commesso all’estero da cittadino italiano” che riflette il testo approvato dalla Camera il 26 luglio 2023, meglio noto come “ddl Varchi” (n. 887). Con la firma del Presidente della Repubblica e la successiva pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, che avverrà presumibilmente nei prossimi giorni, il reato universale di maternità surrogata (o gestazione per altri, Gpa) sarà definitivamente legge.
In conformità al programma elettorale di FdI e alla logica del “non disturbare il manovratore” annunciata da Giorgia Meloni fin dal suo primo discorso di governo – per cui i temi che stanno a cuore alla premier stanno sempre a cuore pure al Parlamento – saranno puniti con il carcere da 3 mesi a 2 anni e con la multa da 600mila a un milione di euro i cittadini italiani che si recano all’estero per effettuare la maternità surrogata. Queste sanzioni sono previste dall’articolo 12 comma 6 della legge 19 febbraio 2004, n. 40, Norme in materia di procreazione medicalmente assistita, che il reato di cui sopra oggi integra estendendone l’applicazione al di fuori del territorio italiano. Insomma, la maternità surrogata è già vietata dal 2004 ma da oggi è vietata anche se fatta all’estero, da cittadini italiani, in un Paese in cui è legale.
Si tratta di una legge a mio parere sbagliata e pericolosa. Sbagliata perché tecnicamente carente e pericolosa perché dà concretezza ai più temuti fantasmi delle destre, ossia una comunità Lgbtqia+ libera e uguale e una società pluralista e multietnica.
Cominciamo dai profili tecnici. Il nuovo reato – si legge nella relazione che accompagna il ddl Varchi – mira a vietare una pratica nella quale le donne gestanti “non hanno alcun diritto sui bambini che pure portano in grembo e non sono neanche considerati i diritti dei bambini, costretti a separarsi dalla madre biologica subito dopo il parto (un evento assolutamente traumatico) e che si chiederanno per tutta la vita chi sia la loro madre biologica. Tutto questo dimostra” continua la relazione “come la ‘favola’ della madre che generosamente presta il proprio corpo a una donna che non riesce a sostenere una gestazione sia lontana dalla realtà, mentre la verità è che si tratta di un banale mercimonio di madri e di bambini.”
Che una donna possa accettare liberamente di portare in grembo un figlio non suo è un’ipotesi inconcepibile nella mente degli estensori del ddl, e lo è perché, molto semplicemente, la possibilità di donne libere di disporre del proprio corpo è al di fuori dell’orizzonte di persone che sono cresciute nella tradizione post-fascista, tutta famiglia naturale e patriarcato, incarnata dalla leadership di FdI. Eppure in certi ordinamenti (penso a Canada, California e Gran Bretagna) esistono discipline molto rigorose della Gpa che consentono alle donne gestanti di revocare il consenso alla gestazione se lo vogliono e rifiutarsi di dare il nato alla coppie committente. Inoltre, è pratica frequente nelle famiglie con figli nati da Gpa coltivare un costante rapporto con le ex gestanti, che spesso entrano a far parte delle famiglie stesse restando a lungo in contatto con i bambini che hanno partorito. Queste non sono “favole” come Varchi e gli altri firmatari del ddl vorrebbero farci credere. Sono esperienze di vita, testimonianze autentiche che superano gli slogan. Basta essere un po’ provveduti e fare qualche ricerca per rendersi conto che esistono studi su queste famiglie e che i loro figli stanno bene.
Un secondo aspetto riguarda l’applicabilità concreta del reato. Ne ha scritto Simone Alliva su Domani. Il punto è che per accertare un simile reato occorrono le prove. Secondo l’analisi articolata di Gian Luigi Gatta, ordinario di diritto penale all’Università di Milano, sarà difficile che Stati nei quali la Gpa non è reato collaborino alla trasmissione di prove e il nuovo reato rischia di “finire per sbattere sul tavolo un pugno affermando la giurisdizione italiana solo simbolicamente, come espressione di un panpenalismo e di un paternalismo dello Stato, che segue il cittadino anche là dove è consentito ciò che in Italia è vietato”. Il panpenalismo, cioè fare di tutto un reato, è una tendenza tipica dei regimi autoritari. Stiamo chiaramente andando in quella direzione.
Il nuovo reato, infine, è chiaramente diretto a colpire la comunità Lgbtqia+ e, più in particolare, i figli delle coppie omogenitoriali. Sono le coppie rispetto alle quali, diversamente dalle coppie etero, l’avvenuto ricorso alla pratica di Gpa all’estero risulta più visibile. Lo rivela la stessa Varchi in occasione del Pride di Palermo lo scorso giugno, in una sorta di interpretazione autentica del suo ddl: “Il Pride è ormai una manifestazione ideologica della sinistra. Agli esponenti della coalizione di centrodestra e agli organizzatori che parteciperanno garantisco che nessuna delle rivendicazioni del Pride diventerà mai legge, così come abbiamo promesso ai nostri elettori quando ci siamo presentati alle elezioni. Anzi, stiamo lavorando a provvedimenti che vanno in direzione contraria all’ideologia Lgbt, come l’istituzione del reato universale di maternità surrogata.”
È forse, questa, la prima volta che nella storia delle democrazia italiana una legge viene concepita e impiegata appositamente contro una minoranza, sotto false narrazioni di tutela di interessi generali. È come le leggi cosiddette anti-propaganda di Russia e Ungheria: dice di proteggere i bambini ma cancella la Comunità Lgbtqia+ dal dibattito pubblico; nessun bambino beneficia di queste leggi, ma il governo in carica può mantenere alta la tensione sbandierando la minaccia di un nemico invisibile.
Già, i bambini. Se la Gpa è “un banale mercimonio di bambini”, come scritto nel ddl, la minaccia di reclusione per i genitori dei bambini nati da Gpa che cos’è? Saranno loro a pagare le conseguenze di questo panpenalismo della maggioranza di destra-destra.
Infine, dietro all’idea di punire la Gpa all’estero vi è la volontà di convertire la società multietnica in una società razziale. Forse esagero, ma voi pensate veramente che dalla cultura post-fascista, o comunque nazionalista à la Orbán, l’imperativo della non-contaminazione delle razze sia del tutto scomparso? E non vi è forse nella Gpa e nelle altre tecniche di procreazione medicalmente assistita lo spettro della commistione di colori ed etnie tanto temuto dalle destre che cianciano continuamente di nazione?
Il laboratorio anti-Lgbtqia+ della destra populista ha partorito un altro mostro giuridico. A quanti altri dovremo nostro malgrado assistere ancora prima di unirci in una sana resistenza intellettuale a questa deriva antidemocratica?