“Davvero ho perso contro questo idiota?”. Fine 2020, Casa Bianca. Il presidente in carica, Donald Trump, sta guardando Fox News: è incredulo, attonito. Il riconteggio dei voti delle presidenziali fa sfumare l’ambizione di un suo secondo mandato e sancisce la vittoria del rivale, Joe Biden. Che lui chiama platealmente “idiota”. A sentirlo sono i suoi collaboratori che, quattro anni dopo e a ridosso della sfida Trump-Harris, ricordano quei mesi concitati tra novembre e gennaio, dove il tycoon ha disperatamente cercato di convincere elettori repubblicani e funzionari del suo partito a diffondere la tesi, falsa, delle elezioni truccate. Una teoria aizzata dal presidente in carica che ha travolto gli Stati Uniti in una spirale di complottismo e violenze, culminato con l’assalto a Capitol Hill il 6 gennaio 2021, giorno in cui il Congresso avrebbe dovuto ratificare i voti del Collegio elettorale e quindi la vittoria di Joe Biden.
È un racconto concitato e ricco di testimonianze quello presentato nel documentario targato Hbo Original “Donald Trump – Il grande inganno” (Stopping the Steal, 2024), disponibile in anteprima esclusiva sulla piattaforma streaming di Warner Bros. Discovery, discovery+ dal 18 ottobre, e in onda prossimamente in tv sul Nove. 90 minuti in cui prende forma la narrazione della complessa stagione vissuta dagli Stati Uniti all’indomani delle elezioni americane del 2020, che ha portato all’irruzione di centinaia di sostenitori di Trump al Congresso di Washington. Una giornata drammatica per la democrazia americana, che ha causato 5 morti e 13 feriti, oltre a decine di arresti.
L’allora vicepresidente Mike Pence e Bill Barr, ex procuratore generale, sono tra le voci più autorevoli che sconfessano duramente e senza equivoco la teoria delle “rigged elections”, che Trump aveva già iniziato a promuovere con insistenza durante la campagna elettorale. Nei suoi comizi avvertiva con insistenza gli elettori, preannunciando che ci sarebbero stati brogli, che avrebbero cercato di ostacolarlo in tutti i modi, che il voto elettronico era governato da macchine manomesse dai democratici e che milioni di persone morte avrebbero votato. Ovviamente per Biden, arrivando così a compromettere il risultato finale. “Narcisismo ed ego smisurato non gli permettevano di ammettere la sconfitta“, racconta una delle collaboratrici più vicine all’ex presidente, che dettaglia l’ossessione del tycoon per la teoria della truffa elettorale.
A parlare sono soprattutto amministratori locali repubblicani, esponenti dello staff trumpiano, giudici, funzionari ed ex alleati e sostenitori di Trump, suoi stessi elettori: a fronte delle mistificazioni e disinformazione a cui ha fatto ricorso l’ex presidente per tornare alla Casa Bianca incitandoli a trovare un modo per sovvertire la Costituzione, hanno riconosciuto e rispettato le scelte degli elettori, difendendole. Dall’allora Segretario di Stato della Georgia Brad Raffensperger alla Capo di Gabinetto della First Lady, Stephanie Grisham, dall’ex procuratore generale degli Stati Uniti alla direttrice delle Comunicazioni strategiche della Casa Bianca, Alyssa Farah Griffin e al Primo Consigliere del Vicepresidente Pence, Greg Jacob, dal Procuratore Generale dell’Arizona al portavoce della Camera dei Rappresentanti. Molti di loro hanno pagato a caro prezzo per aver fatto la cosa giusta sia a livello personale che professionale, avendo ricevuto minacce di morte, incursioni nelle loro proprietà e subendo un clima d’odio crescente poi sfociato nel drammatico assalto del 6 gennaio 2021 a Capitol Hill.