Il caso delle presunte incompatibilità in Commissione Antimafia che ha coinvolto Roberto Scarpinato? “È uno schiaffo alla memoria di Vincenzo Agostino e un’aggressione contro tanti familiari di vittime di mafia, compreso Salvatore Borsellino, questo mi risulta personalmente”. A sostenerlo è l’avvocato Fabio Repici, legale di parte civile in delicati processi ai principali boss di Cosa nostra. Difensore dei parenti di alcune vittime eccellenti, come appunto i familiari del poliziotto Nino Agostino e il fratello del giudice ucciso nella strage di via d’Amelio, il penalista è sicuro: “Ci sono fatti oggettivi che dimostrano come la caccia al senatore Scarpinato abbia ragioni diverse da quelle che vengono esplicitate”.

Avvocato, a cosa si riferisce?
L’articolo de La Verità, da cui è iniziata l’azione di rappresaglia nei confronti di Sarpinato, segue di pochissimi giorni una storica sentenza della Corte d’Assise di Palermo per il duplice omicidio di Nino Agostino e della moglie Ida Castelluccio: è stato condannato il boss Gaetano Scotto all’ergastolo come uno dei due responsabili.

Ma già lo scorso anno era stato condannato in Appello, con l’abbreviato, il boss Nino Madonia.
In quelle sentenze sia Scotto che Madonia sono indicati come mafiosi legati ad apparati dello Stato. Dentro Cosa nostra, Scotto aveva questo ruolo: coltivare i rapporti con esponenti della Polizia, dei Carabinieri e degli apparati di sicurezza, cioè dei servizi segreti.

Va bene, ma cosa c’entra questo con la vicenda di Scarpinato?
Se conosciamo questo elemento è anche merito dell’attuale senatore, una delle persone che ha maggiori meriti per il raggiungimento della verità nel caso Agostino: da procuratore generale di Palermo avocò le indagini ed esercitò l’azione penale nei confronti degli imputati. Ebbene oggi invece di occuparsi di questa vicenda, alcuni parlamentari della Commissione Antimafia hanno lanciato un’aggressione senza precedenti proprio nei confronti di Scarpinato.

Perché San Macuto dovrebbe occuparsi del caso Agostino? Seppur dopo trent’anni, sul caso si stanno finalmente celebrando i processi: non si rischia di sovrapporre i lavori della Commissione a quello dei giudici?
Ma nella sentenza Madonia, depositata nei primi giorni del settembre scorso, c’è un intero capitolo relativo ai depistaggi istituzionali che ci sono stati sull’omicidio Agostino – Castelluccio. Si illustrano i rapporti dei mafiosi del mandamento di Resuttana, a partire da Madonia e Scotto, con personaggi del calibro di Bruno Contrada, Arnaldo La Barbera e Giovanni Aiello, noto anche come Faccia da Mostro. Già solo questo non dovrebbe essere oggetto d’interesse da parte della Commissione? In questo processo si è dimostrato che il poliziotto Agostino, negli ultimi mesi di vita, aveva un rapporto di collaborazione con il magistrato Giovanni Falcone: non è interesse della Commissione capire cosa riguardasse questa collaborazione? Va ricordato che i responsabili dell’omicidio Agostino sono gli stessi dell’attentato all’Addaura, dopo il quale lo stesso Falcone parlò pubblicante di menti raffinatissime capaci di eterodirigere le iniziative degli uomini della mafia.

La Commissione Antimafia, però, al momento si sta occupando della strage di via d’Amelio.
Le azioni che hanno depistato le indagini sull’omicidio Agostino portano, tra le altre, la principale firma di Arnaldo La Barbera: già solo per questo possiamo dire che si tratta del prequel del depistaggio di via d’Amelio. Con un’aggiunta: il 9 agosto del 1990, per riconoscere l’uomo che era andato a effettuare un sopralluogo in casa sua prima dell’omicidio, venne sottoposta a Vincenzo Agostino, il padre di Nino, una foto di Vincenzo Scarantino. Quindi invece della segnaletica di Aiello, autore del sopralluogo, venne mostrata ad Agostino l’immagine dell’uomo che più di due anni dopo sarebbe stato ingiustamente accusato della strage di via d’Amelio. Mi chiedo: cosa sarebbe successo se il signor Agostino avesse per sbaglio indicato il volto di Scarantino, cadendo nel tranello di La Barbera?

Lei ha chiesto alla Commissione Antimafia di occuparsi di questa vicenda?
Non l’ho fatto, era superfluo. La presidente Colosimo ha promesso che se ne sarebbe occupata durante un incontro con Vincenzo Agostino, purtroppo deceduto nell’aprile dei quest’anno. Resto, dunque, fiducioso.

Avvocato, lei sostiene che l’aggressione a Scarpinato è dovuta anche alla sua attività investigativa sul caso Agostino. Però il caso è scoppiato a causa delle intercettazioni del senatore con Natoli, poco prima dell’audizione di quest’ultimo in Antimafia. Una storia molto diversa, non trova?
Intanto vorrei dire che Scarpinato e Natoli si erano sentiti perché era stato gettato fango in Commissione Antimafia all’indirizzo del secondo. Chi si sorprende del fatto che i due si siano sentiti, dopo aver lavorato insieme per decenni, è vicino alla farneticazione. Io ho già definito come un bene il fatto che la procura di Caltanissetta stia facendo ogni sforzo possibile per cercare la verità su via D’Amelio. Però mi lasci dire che la vicenda Natoli c’entra nulla con la strage.

Il problema è che Scarpinato, commissario Antimafia, avrebbe discusso con Natoli prima dell’audizione dell’ex pm nella stessa Commissione: non c’è il rischio che si configuri il rischio di un conflitto d’interesse?
Se parliamo di ipotetici conflitti, allora vorrei ricordare che esiste una foto della presidente Colosimo con Luigi Ciavardini, condannato in via definitiva per la strage di Bologna. Per la bomba alla stazione è stato di recente condannato, in Appello, anche Paolo Bellini, coinvolto a vario titolo nelle vicende di Cosa nostra: era in contatto con gli stragisti mafiosi siciliani del 1992 e ’93.

La presidente, però, ha ammesso che quella foto era “poco istituzionale”, spiegando inoltre come Ciavardini non fosse un suo amico. Quello scatto era stato realizzato durante un’occasione pubblica, molto datata nel tempo.
La foto rimane. Come rimane il fatto che, poco dopo la sua elezione a presidente della Commissione, Colosimo ha incontrato a Palazzo San Macuto una delegazione del Partito Radicale, insieme all’avvocato Fabio Trizzino. Di cosa discussero in quell’incontro? Voglio sottolineare che si svolse prima dell’audizione del legale in Commissione Antimafia. E c’era anche Mario Mori.

Se cita Mori, però, dobbiamo ricordare come il generale sia stato assolto con la formula più ampia.
Sì, ma solo nel processo sulla Trattativa. C’è una sentenza che spiega come Bernardo Provenzano potesse essere arrestato con undici anni di anticipo se Mori e Mauro Obinu non avessero compiuto azioni colpose.

Anche in quel processo, però, Mori e Obinu sono stati assolti.
Vero, ma perché non è stato ritenuto provato il dolo. Sono stati assolti perché il fatto non costituisce reato. I fatti commessi dagli imputati sono stati accertati.

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