Morì nel 2020 per le conseguenze del Covid-19 e il decesso è stato riconosciuto come infortunio mortale sul lavoro. Il tribunale di Parma, accogliendo il ricorso, ha condannato l’Inail a corrispondere il relativo trattamento economico a favore degli eredi. L’uomo lavorava come un addetto alla macelleria in un punto vendita. A darne notizia è la Cgil che ha seguito la vicenda con il patronato Inca: funzionari e medici legali hanno ricostruito la vicenda e il giudice Ilaria Zampieri ha riconosciuto il nesso causale tra l’infezione e il lavoro.

Il tribunale ha infatti nominato un consulente tecnico che ha concluso ritenendo maggiormente probabile il fatto che il macellaio avesse contratto il virus in ambito lavorativo. La distanza di un metro, che c’era tra l’area in cui lavorava e i clienti, non è ritenuta sufficiente, tenendo conto che si trattava di un ambiente chiuso e che i droplet, le goccioline respiratorie, possono arrivare fino a otto metri. La distanza, che peraltro si riduceva nelle operazioni di cassa, non poteva dunque rappresentare una garanzia di sicurezza e le barriere di plexiglass sono state installate solo successivamente.

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