Al momento del sopralluogo c’erano “le betoniere, i pannelli in cartongesso e le attrezzatture da cantiere”, afferma a verbale il dipendente del servizio Urbanistica di Massa Lubrense mentre viene sentito dalla Procura di Torre Annunziata. Il sopralluogo è avvenuto il 26 settembre 2024. Ed a via Cava, nella proprietà della famiglia dell’ex assessore al condono di Massa Lubrense Domenico Tizzano, erano in corso ulteriori lavori, in prosieguo a quelli degli anni scorsi, alcuni già oggetto di un condono annullato. Lavori abusivi anche questi ultimi, recentissimi. Lo sostiene il pm di Torre Annunziata Matteo De Michele che ha ordinato il sequestro dell’immobile, contestando ai due indagati, Tizzano padre e figlio, il reato di lottizzazione abusiva.

Dunque, Tizzano stava continuando a compiere abusi mentre era ancora in carica. E dietro l’urgenza del sequestro giudiziario aleggia il sospetto che l’ex assessore, dimessosi martedì 15 ottobre in consiglio comunale, sia stato ‘protetto’ dal Comune di Massa Lubrense. E’ il sospetto che emerge dal passaggio contenuto a pagina 14 del decreto del pm, che ilfattoquotidiano.it ha potuto visionare: l’urgenza di mettere i sigilli “non risulta mitigata in alcun modo dall’adozione, da parte del Comune, di un’ordinanza di demolizione (la numero 194 del 4 ottobre a firma del dirigente Utc Giuseppe Maresca, ndr), che, a detta sia del consulente tecnico del pm che dei tecnici comunali escussi, è macroscopicamente illegittima (e quindi suscettibile di annullamento da parte degli organi di giustizia amministrativa), in quanto non preceduta dall’annullamento, in autotutela, dei titoli illegittimi su cui si fondavano le opere in contestazione”.

Anomalia evidenziata da ilfattoquotidiano.it in un articolo dei giorni scorsi: ci si riferisce alla concessione in sanatoria dell’ottobre 2017, firmata da un altro dirigente e fondata su dichiarazioni di date di realizzazione degli abusi non compatibili con le aerofotogrammetrie. Tradotto per chi non mastica il giuridichese: l’ingiunzione a demolire l’abuso condonato si fonda sul riconoscimento che il condono è ‘fasullo’, ma non è accompagnata dall’annullamento del condono fasullo. L’ordinanza così è scritta in un modo che la rende vulnerabile al ricorso al Tar. Su questa circostanza si concentrerà l’attenzione degli investigatori e del pm.

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