Un’inchiesta durata otto mesi che ha raccolto testimonianze di molestie e discriminazioni da 239 studentesse e studenti di scuole di giornalismo e master, relative agli ultimi 10 anni di corsi. “Voi con queste gonnelline mi provocate”, diceva alle giovani aspiranti croniste un formatore della scuola di giornalismo di Perugia, che è stato allontanato dall’incarico. Avances indesiderate e talmente insistenti da venire notate da parte della classe che le ha riferite alla scuola. Uno studente racconta a Irpimedia: “C’erano dei momenti in cui l’insegnante si avvicinava alle allieve mettendogli la mano sui fianchi e sulle spalle“.
Un altro caso riferito in uno stage a Urbino è quello del giornalista che alla studentessa avrebbe detto: “Ti avrei dato un bacio, ma sei scappata. Hai paura di me?” oppure “Non ti piaccio o non ti interessa il sesso?”. Alle giovani donne sarebbero arrivati anche messaggi con ammiccamenti e complimenti e una praticante avrebbe subito con insistenza la richiesta di volerla accompagnare a casa. Sono alcuni degli elementi portati alla luce da una inchiesta di Irpimedia, l’Investigative Reporting Project Italy, il primo centro di giornalismo investigativo non profit fondato in Italia, condotta delle giornaliste Francesca Candioli, Roberta Cavaglià e Stefania Prandi.
Un lavoro da cui emerge anche la storia di una studentessa della Luiss di Roma che mentre chattava con un giornalista, parlando di lavoro, ha ricevuto il seguente messaggio: “Ti voglio, vieni a casa mia” e poi: “Ho bisogno di sentire la tua voce, quando l’ho sentita la prima volta mi sono eccitato”. Sul punto Gianni Riotta, direttore del master di Giornalismo e Comunicazione multimediale della Luiss, a Repubblica ha dichiarato: “La persona che si è resa responsabile di quanto accaduto non ha mai più messo piede alla Luiss, è una ferita aperta. Però, che l’alunna ne abbia parlato con noi, dimostra il clima di fiducia”. Ad oggi, il direttore ha sottolineato che “non ha rinnovato il contratto al formatore molesto”.
A Milano due casi: uno alla Iulm, il secondo alla Walter Tobagi. nel primo caso sono giunte decine di testimonianze circa l’atteggiamento di un giornalista milanese definito “laido” e “profondamente maschilista” con domande ripetute su fidanzati ed esperienze sentimentali. Alcune ragazze si sentivano dire che non sarebbero mai state in grado di occuparsi di temi come mafia ed esteri, questione di genere. Sono tre, invece, le studentesse del Masterche hanno riferito di essere state scelte da un formatore perché collaborassero con la redazione nella quale lavora. Poi è partito con gli inviti a pranzo e i messaggi di complimenti: quella di loro che aveva rifiutato l’invito ha ottenuto l’esclusione dalle attività.
Sul caso è intervento l’Ordine dei Giornalisti. Il presidente Carlo Bartoli ha convocato i direttori delle scuole di giornalismo a cui è stata ribadita “la necessità di intensificare la vigilanza e ogni iniziativa utile a prevenire e reprimere episodi di questo genere”. È stato inoltre sottolineato che qualora emergessero nuovi casi, dovrà esserne data immediata comunicazione all’Ordine Nazionale. È stata poi predisposta un policy per fissare “regole comportamentali da osservare da parte dei docenti e dei tutor dei Master di giornalismo presenti sul territorio”.
Il Coordinamento per le pari Opportunità dell’Odg ha chiesto al Consiglio nazionale “di mettere in atto contromisure a sostegno delle colleghe vittime di abusi, istituendo un proprio sportello di whistleblowing” e ha sollecitato “un monitoraggio costante non solo nei master ma anche nelle redazioni dove vengono effettuati gli stage”. La Commissione parti opportunità della Federazione nazionale della stampa si è rivolta “ai vertici di Scuole e Ordini con l’auspicio che si creino da subito le condizioni di attenzione e sostegno affinché le vittime trovino la forza di denunciare anche alla magistratura gli abusi subiti, che sono reato e non semplice malcostume. Sostegno e denuncia sono i presupposti per il necessario cambiamento”.
Un terzo delle studentesse sentite nell’inchiesta ha raccontato di aver subito discriminazioni, molestie verbali e sessuali in classe e negli stage. Frasi compromettenti ma anche avances indesiderate. “L’inchiesta nasce da tre segnalazioni iniziali di discriminazioni di genere e molestie sessuali che abbiamo ricevuto durante conversazioni informali con studenti di giornalismo e redattrici”, raccontano le giornaliste che l’hanno condotta. “È particolarmente grave – aggiungono – che questi fatti possano avvenire già nella fase della formazione, quando la sperequazione di potere tra formatori e alunne è particolarmente accentuata. Abbiamo deciso di approfondire la situazione, per offrire uno spaccato sulla realtà”. L’unica ricerca nazionale a disposizione sul tema è stata pubblicata nel 2019 dall’Fnsi: tra le giornaliste assunte in redazione, l’85% ha dichiarato di avere subito molestie sessuali almeno una volta nel corso della vita professionale. Quasi il 3% ha subito uno stupro, mentre l’8% una tentata violenza sessuale. Il lavoro continua oltre l’inchiesta. Le giornaliste di Irpimedia hanno reso anche disponibile un vademecum su come riconoscere la violenza nei luoghi di formazione e un questionario aperto a studentesse e giornaliste.
FOTO DI ARCHIVIO